Benzina, ancora aumenti e tra le cause non solo guerra e sanzioni. Ecco perché sale il prezzo

Il prezzo dei carburanti continua a salire, convincendo sempre più lavoratori e famiglie che il taglio delle accise di Mario Draghi non basta più. Sull’Ansa leggiamo che “Eni sale oggi di 2 centesimi sui prezzi raccomandati dei due carburanti” e che “i prezzi praticati sul territorio aumentano ancora con il prezzo medio della benzina self che supera quota 2 euro”.

Prezzi benzina e diesel, qual è la situazione oggi

Il quadro complessivo ce lo fornisce Quotidiano Energia, i cui dati comunicati dai gestori all’Osservaprezzi del Mise sono aggiornati alle ore 8 del giorno 8 giugno. Emerge che il prezzo medio nazionale praticato della benzina in modalità self si attesta sui 2,009 euro al litro, contro 1,985 che era il valore precedente, con i diversi marchi che praticano un prezzo compreso tra 1,998 e 2,033 euro al litro.

Per quanto riguarda il diesel, il prezzo medio praticato in Italia in modalità self raggiunge 1,924 euro al litro, mentre il valore precedente era 1,896. I prezzi praticati dalle compagnie vanno da 1,922 a 1,945 euro al litro.

Sul servito i prezzi sono decisamente alti, con la benzina che ha raggiunto un prezzo medio di 2,134 euro al litro contro i 2,118 del valore precedente, e il diesel a 2,055 euro al litro contro i 2,034.

Perché il prezzo dei carburanti continua a salire?

Il prezzo del petrolio ha ripreso a salire fino a toccare i 120 dollari al barile, di conseguenza salgono i prezzi praticati dai gestori degli impianti di rifornimento, con diesel e benzina a superare, quanto meno in Italia, i 2 euro al litro.

Ma quali sono le cause all’origine di questi ulteriori aumenti del prezzo del petrolio? La guerra in Ucraina, ma ad essere più precisi le sanzioni che i governi occidentali hanno deciso di imporre contro la Russia, rappresentano la causa principale dell’impennata dei prezzi del petrolio per i Paesi europei che dipendono fortemente dalle importazioni.

Vi sono però altre concause che, in questi ultimi giorni in particolare, stanno spingendo i prezzi dei carburanti verso nuovi record. Da una parte la ripresa della domanda da parte della Cina, e dall’altra la decisione dell’Arabia Saudita di alzare il prezzo ufficiale di vendita del suo greggio leggero sia in Asia che in Europa nord-occidentale.

L’immediata conseguenza è stato l’aumento di prezzo del Brent che ha superato i 121 dollari al barile, salvo poi perdere qualcosina, mentre il Wti è salito in Asia sopra i 120 dollari.

Gli analisti prevedono ulteriori rincari sui carburanti

Ecco quindi per quale motivo il prezzo dei carburanti sta continuando a salire in questi giorni, vanificando gli sforzi del governo di Mario Draghi che, con il taglio delle accise, aveva abbassato il prezzo di diesel e benzina di 30 centesimi al litro, riportandolo per qualche settimana ben al di sotto dei 2 euro al litro.

E quel che è peggio è che secondo gli analisti siamo ancora all’inizio. Stiamo infatti assistendo da una parte alle mosse del fronte occidentale, con gli Stati Uniti che cercano di incrementare l’importazione dal Venezuela, il Paese con le più grandi riserve petrolifere al mondo, ma che al tempo stesso ha un basso livello di produzione.

Dall’altra parte abbiamo i Paesi che si sono schierati a fianco della Russia, che sono India e Cina, i quali hanno incrementato le importazioni di greggio dalla Russia, anche perché possono acquistare a prezzi più bassi rispetto alla media del mercato.

Quindi mentre da Washington arrivava il via libera a Repsol ed Eni per dirottare verso l’Europa i carichi di greggio dal Venezuela, l’India intavolava un accordo con il colosso statale russo Rosneft per raddoppiare le importazioni di petrolio da Mosca. Questo evidenzia in modo piuttosto eloquente che le sanzioni non sono in grado di isolare la Russia, ma danneggiano e continueranno a danneggiare soprattutto i Paesi europei, con conseguenze che ricadranno su tutti i consumatori e inevitabilmente sulle attività produttive.

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