Indagine dell’Antitrust sulla shrinkflation, -30% di spesa nei carrelli degli italiani

Il fenomeno shrinkflation non è qualcosa di inedito, è già accaduto in passato infatti che alcuni marchi riducessero il contenuto delle confezioni senza abbassare il prezzo di vendita. In questo consiste la shrinkflation, e per i consumatori si traduce in un ulteriore aumento dei prezzi, in quanto per avere le stesse quantità di prodotto è necessario spendere di più.

Il problema si pone nel momento in cui il fenomeno shrinkflation si va a sommare a quello dell’inflazione e alla stagflazione (aumento generalizzato dei prezzi in una fase di assenza di crescita economica), nonché a pesanti rincari sui costi dei carburanti e soprattutto dell’energia.

Si tratta infatti di un periodo particolarmente delicato per le famiglie italiane, che devono già fare i conti con bollette stratosferiche dell’energia elettrica e del gas, e che prossimamente assisteranno ad una nuova impennata del prezzo dei carburanti legato alla scelta dell’Opec di ridurre la produzione di greggio di 2 milioni di barili al giorno.

Quello della shrinkflation tra l’altro è un fenomeno che tende a passare inosservato, in quanto non tutti i consumatori prestano attenzione anche alle quantità di prodotto acquistato, le cui confezioni spesso sembrano non aver subito alcun cambiamento, e in questo modo non hanno la possibilità di scegliere un prodotto diverso e più conveniente.

Le segnalazioni dei casi di Shrinkflation fatte dai consumatori italiani

La shrinkflation è una prassi che di fatto svuota i carrelli della spesa di milioni di consumatori italiani, e che aggrava in modo significativo la già drammatica situazione in cui si trovano migliaia di famiglie per via dei rincari sulle bollette, sul carburante e dell’aumento dei prezzi di beni e servizi.

E non è nemmeno facile individuare i prodotti che hanno subito una riduzione della quantità conservando il prezzo precedente, ma grazie alla collaborazione della community degli ACmakers, un progetto che permette di partecipare in prima persone a test e inchieste di AltroConsumo, numerose testimonianze sono state raccolte.

Sono stati gli stessi consumatori quindi a individuare e a segnalare i prodotti che sono stati interessati dal fenomeno shrinkflation. Tra questi troviamo le confezioni di Philadelphia Light, che sono passate da 200 a 190 grammi, di Kinder Brios, da 280 a 270 grammi, di Krumiri Bistefani, da 300 a 290 grammi, di detergente Nelsen per piatti, da 1.000 a 900 ml, e di fazzoletti usa e getta, che in molti casi contengono 9 fazzoletti invece di 10.

In alcuni casi, sebbene si tratti di una ristretta minoranza sul totale dei prodotti interessati da shrinkflation, la riduzione di peso non rappresenta un minus per il consumatore, anzi. È il caso di alcune confezioni di tonno in scatola, il cui peso è stato effettivamente ridotto, lasciando invariato il prezzo, ma solo perché è stata ridotta la quantità di olio, che normalmente non viene consumato, quindi il quantitativo del prodotto acquistato resta in realtà invariato.

La shrinkflation svuota i carrelli della spesa del 30%

Quella della shrinkflation è una pratica scorretta che riduce le quantità acquistate dai consumatori senza che essi abbiano modo di rendersene conto. La spesa complessiva resta invariata ma nel carrello della spesa ci si ritrova con il -30% dei prodotti che avremmo dovuto acquistare a quel prezzo.

“Si tratta di un trucchetto svuotacarrelli che consente enormi guadagni alle aziende produttrici, ma di fatto svuota le tasche dei cittadini: una prassi che inganna i consumatori, i quali non hanno la percezione di subire un aggravio di spesa, e svuota i carrelli anche del -30%, poiché a parità di spesa le quantità portate a casa sono inferiori” spiega infatti Luigi Gabriele, presidente di Cosumerismo No Profit.

Il fenomeno tra l’altro non riguarda solo i prodotti del reparto alimentare, come ad esempio merendine, succhi di frutta o biscotti, ma anche svariati prodotti ad esempio per la cura della casa o della persona, dai detersivi alla carta igienica, dai dentifrici allo shampoo.

Il presidente di Consumerismo No Profit ha ricordato a tal proposito che si tratta di “prodotti per i quali i prezzi di vendita rimangono inalterati nonostante le dosi e i pesi inseriti nelle confezioni subiscano una costante diminuzione”, cosa che comporta un evidente e significativo danno economico per le famiglie.

L’Antitrust ha avviato un’indagine sul fenomeno shrinkflation

Dal momento che il fenomeno shrinkflation determina un aumento tutt’altro che trascurabile della spesa a carico delle famiglie italiane, e che ciò avviene sostanzialmente senza che i consumatori se ne avvedano ed abbiano quindi modo di correre ai ripari scegliendo prodotti più convenienti, l’Antitrust ha deciso di avviare un’indagine.

L’Autorità garante della concorrenza del mercato ha infatti avviato un’istruttoria il cui fine è proprio quello di stabilire se le strategie adottate dai produttori possano costituire una vera e propria pratica commerciale scorretta, violando quindi il Codice del consumo.

Scopo dell’inchiesta dell’Antitrust sarà quello di accertare che attraverso l’etichetta il consumatore sia stato adeguatamente informato, in modo chiaro e trasparente, che il prodotto ha subito un cambio di formato. In caso contrario l’autorità provvederà ad approfondire la questione ed eventualmente prenderà i dovuti provvedimenti a tutela del consumatore.

Nel frattempo Altroconsumo continuerà a tener d’occhio i prezzi e i formati dei prodotti in vendita, al fine di verificare eventuali ulteriori utilizzi di questa pratica.

Le segnalazioni di Codacons e Consumerismo No Profit sono state quindi determinanti, richiamando l’attenzione dell’Antitrust sul fenomeno shrinkflation che, lo ricordiamo, determina un’inflazione ‘occulta’ che va a sommarsi all’inflazione vera e propria, come lo stesso Carlo Rienzi ha sottolineato.

Il presidente del Codacons ha inoltre invitato i consumatori, specie in questa fase critica, “a prestare la massima attenzione in fase di acquisto e a controllare sempre confezioni, pesi, etichette e prezzi in modo da difendersi da tale odiosa pratica”.

Altroconsumo suggerisce di controllare sempre il formato del prodotto che si sta per acquistare, il che significa verificare il peso o il volume, e verificare quindi qual è il prezzo al chilo oppure al litro, e capire quindi se il prezzo è complessivamente rimasto invariato oppure no.

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