
Secondo un nuovo report di JPMorgan, il colosso dell’intelligenza artificiale OpenAI potrebbe non raggiungere la profittabilità prima del 2029, nonostante la sua attuale posizione di leadership nel settore. La banca d’investimento ha evidenziato sia i punti di forza sia le fragilità strategiche dell’azienda guidata da Sam Altman, mettendo in discussione la sostenibilità del suo vantaggio competitivo nel lungo termine.
Ricavi e utenti in crescita, ma dipendenza dai consumatori
OpenAI conta attualmente 500 milioni di utenti attivi settimanali (dato di marzo) e genera il 75% dei propri ricavi da abbonamenti consumer. JPMorgan stima un ARR (ricavo annuale ricorrente) di 10 miliardi di dollari nel primo semestre 2025, in crescita dell’82% su base annua. Tuttavia, la forte esposizione al mercato consumer, ritenuto più facile da penetrare rispetto al comparto enterprise, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio.
Secondo Brenda Duverce, analista della banca, il mercato enterprise pur essendo strategico è più difficile da conquistare, a causa di:
- accesso indiretto ai modelli
- preferenza per soluzioni specializzate ed economicamente ottimizzate
- concorrenza serrata di giganti come Google e Anthropic
Valutazione elevata e rischi competitivi
La valutazione di OpenAI, aggiornata a marzo 2025, è di 300 miliardi di dollari, pari a 27 volte i ricavi previsti per l’anno — un multiplo significativamente più alto della media di settore (7x). Questo solleva interrogativi sulla sostenibilità delle aspettative degli investitori, soprattutto in assenza di profitti nel medio termine.
JPMorgan segnala anche l’emergere di rischi:
- Commoditizzazione dei modelli: le differenze tra i modelli AI si assottigliano, minando il vantaggio competitivo
- Erosione del potere di prezzo: il parametro prezzo/prestazioni sta diventando il fattore decisivo
- Pressioni sui costi di inferenza, aggravate dalla necessità di mantenere infrastrutture costose
Il nodo infrastrutture e la sfida geopolitica
Nel report si fa riferimento anche allo Stargate AI da 500 miliardi di dollari promosso da Donald Trump: secondo JPMorgan, questo progetto potrebbe favorire OpenAI nella competizione con i grandi hyperscaler come Microsoft e Google, assicurandole accesso a risorse computazionali e di alimentazione su larga scala.
Tuttavia, permangono incertezze strutturali:
- Rischi di fuga di talenti
- Minacce legali
- Struttura organizzativa non convenzionale
- Trattative ancora aperte con Microsoft
- Fallimento dell’accordo Windsurf
OpenAI si trova oggi in una posizione delicata: da un lato ha costruito una fortissima brand identity, è un first mover nel mercato AI e si rivolge a un TAM (Total Addressable Market) da 700 miliardi di dollari entro il 2030. Dall’altro, deve fare i conti con un mercato sempre più competitivo, modelli alternativi più economici (come Gemini 2.5 di Google e DeepSeek-R1 dalla Cina) e una struttura interna poco convenzionale che può ostacolare decisioni strategiche rapide.
JPMorgan lancia un messaggio chiaro: la leadership tecnologica non basta più, e per conquistare davvero il mercato, OpenAI dovrà dimostrare solidità esecutiva, adattabilità e capacità di consolidare il suo ecosistema anche nei segmenti più difficili.
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