Decreto Rilancio, il testo sulla regolarizzazione non combatte lo sfruttamento, braccianti in sciopero

Non è piaciuta nemmeno agli stessi braccianti quella parte del decreto Rilancio che stabilisce la regolarizzazione dei migranti così come è stata voluta dal ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova.

È stato infatti indetto lo sciopero per la giornata di oggi, giovedì 21 maggio 2020, con il corteo che parte da Torretta Antonacci (San Severo) e attraverso i campi raggiunge la prefettura di Foggia, dove riceve da una delegazione di lavoratori quella frutta e verdura che rischiava di marcire nei campi proprio a causa della carenza di manodopera per via del lockdown.

Alla fine la soluzione prospettata dall’esecutivo, dietro l’insistenza soprattutto del ministro dell’Agricoltura Bellanova, è stata quella di inserire nel decreto Rilancio una norma che permettesse la regolarizzazione degli immigranti impiegati nel lavoro nei campi e come colf o badanti.

La norma è stata salutata come un grande passo avanti contro lo sfruttamento nei campi, mentre non è piaciuta affatto alle forze di opposizione come Lega e Fratelli d’Italia, ma nemmeno ai diretti interessati, cioè i migranti che lavorano come braccianti agricoli.

Ed eccoci allo sciopero di oggi promosso dal sindacalista Usb Aboubakar Soumahoro, al quale aderisce anche il movimento delle Sardine. Il motivo della protesta è anzitutto la mancata regolarizzazione di molti dei migranti che lavorano nei campi italiani senza permesso di soggiorno oppure con regolare contratto, che però sono stati esclusi dalla cosiddetta ‘sanatoria’ per motivi burocratici.

Ma cosa prevede esattamente il decreto Rilancio per quel che riguarda la regolarizzazione dei migranti che lavorano nei campi? Il testo definitivo si presenta leggermente diverso dalla bozza originale, ma restano le due strade disegnate dall’articolo 103 ‘Emersione di rapporti di lavoro’.

I due pilastri della norma sono rappresentati dalla possibilità per i datori di lavoro di regolarizzare i braccianti attualmente impiegati a nero, e la possibilità per gli stessi migranti irregolari senza lavoro di chiedere un permesso di soggiorno per cercare un impiego.

Nel primo dei due scenari sopra brevemente enunciati, tocca al datore di lavoro, a fronte di una spesa di 500 euro per lavoratore a titolo di contributo forfettario da versare a seguito dell’istanza, provvedere alla richiesta di regolarizzazione del lavoratore straniero. La domanda dovrà essere presentata dal datore di lavoro a partire dal 1° giugno ed entro il 15 luglio 2020.

In questo caso il datore di lavoro dichiara quindi la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare oppure concludere un nuovo contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale. Non potranno usufruire di questa norma però quei datori di lavoro che risultano condannati per reati come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia o dall’Italia verso altri Stati, oppure di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Nel secondo scenario, i cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 possono chiedere un nuovo permesso di soggiorno, che avrà validità di 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza. In questo periodo di tempo l’immigrato avrà la possibilità di cercare un lavoro, e se al termine di questo periodo dovesse risultare in possesso dei documenti che provano il rapporto di lavoro subordinato, il permesso temporaneo verrà convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Ci sono però altre condizioni. Gli stranieri dovranno risultare presenti sul territorio nazionale già dalla data dell’8 marzo 2020, in maniera continuata, e devono aver prestato lavoro negli ambiti elencati nel testo del decreto, vale a dire agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e agricoltura e attività connesse. Oppure nell’ambito dell’assistenza alla persona, o lavoro domestico.

Tra le ragioni della protesta vi è infatti proprio il fatto che la norma sulla regolarizzazione dei migranti è circoscritta a questi settori, vale a dire braccianti agricoli, colf e badanti, mentre tutti gli altri settori vengono tagliati fuori.

Nel decreto si stabiliscono poi altre ragioni di esclusione. Non saranno ammessi infatti quei cittadini stranieri che siano stati sottoposti al provvedimento dell’espulsione, che risultino “segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali, in vigore in Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva o che siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato” si legge su IlFattoQuotidinano.

L’Usb ritiene infatti che il decreto Rilancio abbia dato luogo “con uno strettissimo spiraglio irto di sbarramenti e condizionalità, alla regolarizzazione per mera utilità di mercato, anziché garantire il diritto alla vita”.

Secondo il sindacato, con il decreto si preclude di fatto il rilascio di un permesso di soggiorno per emergenza che può essere successivamente convertito per attività lavorativa, attraverso il quale l’immigrato, anche quello irregolare, avrebbe potuto ottenere sia l’iscrizione all’anagrafe che il diritto alla scelta di un medico di base.

“Nessuno avrebbe dovuto essere escluso da una regolarizzazione che era necessario estendere a tutti per tutelare la salute, la sicurezza, i diritti dei 600 mila migranti che vivono e lavorano in condizione di irregolarità nel nostro Paese” dicono le Sardine, che fanno una stima ipotizzando un incremento della cifra “fino a quasi 800 mila persone man mano che i decreti sicurezza continueranno a produrre i loro effetti (come la cancellazione della protezione umanitaria)”.

La voce delle Sardine si unisce così a quella dei migranti che chiedono di non acquistare frutta e verdura nei supermercati per tutta la giornata di oggi.

Alcune perplessità sulla validità del testo del decreto, in particolare della parte che prevede la regolarizzazione degli immigrati che lavorano come braccianti, e come colf o badanti, le avevano espresse già nei giorni scorsi alcuni operatori del settore, sindacati ed esperti.

Mancherebbero del tutto gli incentivi che dovrebbero spingere il datore di lavoro a rinunciare a quel rapporto di potere con i lavoratori che oggi risultano senza diritti. Vi è poi la questione dell’esclusione dalla ‘sanatoria’ di tutti quei lavoratori impegnati in altri settori, come quello dell’artigianato, della logistica e dell’edilizia.

Inoltre, per quel che riguarda l’urgenza di provvedere alla raccolta di frutta e verdura nei campi, la Coldiretti osserva che attraverso la regolarizzazione prevista dal decreto Rilancio non si risolverebbero i problemi. I primi lavoratori interessati dalla misura ci saranno a partire dalla fine di settembre, non prima, ed è proprio per questo che Coldiretti ha richiesto l’attivazione di corridoi verdi per non far marcire i prodotti che sono rimasti nei campi.

Su questo punto però la ministra Bellanova ha rassicurato che i lavoratori stranieri saranno disponibili dal giorno stesso in cui andranno a fare la dichiarazione e avranno subito un attestato per cercare lavoro. I primi lavoratori quindi sarebbero disponibili, secondo la ministra dell’Agricoltura, appena sarà pronta la piattaforma che si attende da anni.

Quanto al problema dello sfruttamento della manodopera nei campi, la misura contenuta nel decreto non incide su diversi aspetti legati alle condizioni in cui si trovano a lavorare i braccianti, e non viene toccato nemmeno chi rientra nel fenomeno del cosiddetto lavoro grigio, che seppur in possesso di regolare contratto viene comunque sfruttato.

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