Crisi di governo: falliscono le trattative per il Conte ter e Mattarella assegna l’incarico a Mario Draghi

Il nome di Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, era già venuto fuori persino prima della crisi di governo provocata da Matteo Renzi, quindi la decisione di Sergio Mattarella di convocarlo al Quirinale per conferirgli l’incarico di formare un governo “del presidente” non dovrebbe stupire nessuno.

Mario Draghi presidente del Consiglio? Renzi ha svolto diligentemente i suoi ‘compitini’

In particolare non stupisce chi aveva già previsto con largo anticipo quali sarebbero state le mosse di Matteo Renzi. Ci riferiamo in particolare a Francesco Amodeo, giornalista d’inchiesta che sul suo profilo Facebook aveva fatto una ‘profezia’ incredibilmente accurata.

Già il 9 aprile 2019 Amodeo scriveva sul suo profilo: “in Italia stanno silenziosamente preparando il Governo tecnico guidato da Mario Draghi per fare nuovamente gli interessi del Cartello finanziario speculativo”. Il giornalista aveva anche fornito tutta una serie di spiegazioni, parlando per l’esattezza di “prove”.

In un altro post su Facebook, che risale a pochi mesi fa, al 31 agosto 2020 per l’esattezza, è stato sempre Amodeo a preannunciare che si sarebbe arrivati ad un governo presieduto da Mario Draghi, e che sarebbe stato lo stesso Renzi a portare a questo risultato.

“Il governo Conte cadrà entro fine anno” aveva scritto Amodeo “a farlo cadere sarà Matteo Renzi. È stato deciso al Bilderberg del 2019, dove gli hanno chiesto di rendersi garante dell’accordo Pd/M5s. Di fondare poi un proprio partito ed uscire dal Pd in modo da diventare ago della bilancia in attesa del prossimo segnale”.

“Segnale che arriverà se troveranno un’intesa su un nome tipo Draghi, sostenuto anche da Forza Italia e dalla parte anti-salviniana della Lega. Se ciò non dovesse accadere, allora si dovrà accelerare su misura come il Mes, il Recovery Fund e tutte le altre nate per ingabbiare l’Italia in modo che un ipotetico governo di centrodestra venuto fuori dalle urne non potrà realizzare nulla di quanto promesso in quanto il Paese si troverà a tutta velocità su binari prestabiliti con vincoli inviolabili ed eterodiretto dall’esterno”.

Queste erano le previsioni del giornalista, e per quanto possa sembrare strano ai più, evidentemente erano basate su elementi concreti, perché oggi scopriamo che si sono tutte puntualmente verificate.

Renzi fa naufragare le trattative per il Conte ter

Matteo Renzi ha continuato a dettare condizioni, ha chiesto per Italia Viva più ministeri, più sottosegretariati, ha chiesto di accedere al Mes, di rivedere il Recovery Plan, la riforma della Giustizia, il Reddito di Cittadinanza e di andare verso una riforma della legge elettorale sul modello maggioritario invece che sul proporzionale.

Renzi ha chiesto anche di rimuovere dal suo incarico il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, e il presidente dell’Anpal, Domenico Parisi, entrambi nominati dal Movimento 5 Stelle. Per non parlare del fatto che non ha mai confermato la propria disponibilità sul nome di Giuseppe Conte, così alla fine è stato chiaro al di là di ogni ragionevole dubbio che non ci sarebbe stato nessun accordo.

Difficile credere che Renzi ritenesse di poter giungere ad un accordo con simili richieste sul tavolo, e di certo non sperava in un ritorno alle urne. È chiaro come il sole che quello che voleva era un governo tecnico più che europeista guidato da Mario Draghi, ed è esattamente questa infatti la strada che il presidente Mattarella ha imboccato alla fine.

Una volta che Renzi ha rovesciato il tavolo delle trattative al presidente della Repubblica restavano solo due opzioni: una era il ritorno alle urne in aprile, e l’altra un governo tecnico, e lui ha scelto la seconda.

Il no di Mattarella ad elezioni anticipate

Alla fine Roberto Fico si è trovato costretto a presentarsi nuovamente davanti al presidente della Repubblica per comunicare il mancato raggiungimento di un accordo tra le forze che avrebbero dovuto comporre la nuova maggioranza.

Sergio Mattarella ha quindi comunicato di voler “conferire al più presto un incarico per formare un governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili” ed ha quindi convocato l’ex presidente della BCE al Quirinale per oggi, mercoledì 3 febbraio, alle ore 12.

Il Capo dello Stato ha parlato di un “governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. Si tratterebbe di un governo ‘del Presidente’ dal momento che è stato lo stesso Mattarella a rivolgere “un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché” gli “conferiscano la fiducia”.

Nella serata di ieri Roberto Fico si era rivolto a Mattarella in modo molto chiaro, spiegando: “allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato l’unanime disponibilità di dare vita ad una maggioranza”.

Il faccia a faccia tra la terza e la prima carica dello Stato è durato sì e no una ventina di minuti, dopodiché Sergio Mattarella ha riflettuto per poco meno di un’ora prima di comunicare la sua decisione in un discorso durato circa 7 minuti.

Il presidente della Repubblica ha spiegato in breve le ragioni per cui l’opzione del ritorno alle urne non sarebbe stata a suo giudizio percorribile. Mattarella ha riferito che si sono aperte “adesso due strade, tra loro alternative” e cioè: “dare, immediatamente, vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria. Ovvero quella di immediate elezioni anticipate”.

La seconda delle due strade indicate però, almeno secondo il Capo dello Stato, non è percorribile, il che significa che la sua richiesta con tanto di appello rivolto alle varie forze politiche, è quella di votare la fiducia a Mario Draghi per la formazione di un governo tecnico.

Quanto alle elezioni anticipate Mattarella ha spiegato: “questa seconda strada va attentamente considerata, perché le elezioni rappresentano un esercizio di democrazia. Di fronte a questa ipotesi, ho il dovere di porre in evidenza alcune circostanze che, oggi, devono far riflettere sull’opportunità di questa soluzione”.

Mattarella elenca poi in breve le ragioni alla base della sua scelta, spiegando che “il lungo periodo di campagna elettorale, e la conseguente riduzione dell’attività di governo, coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia”.

No ad elezioni anticipate, l’alibi dell’emergenza sanitaria

Il Capo dello Stato ha spiegato i motivi che a suo dire escluderebbero lo scenario delle elezioni anticipate, e lascerebbero il governo tecnico presieduto da Mario Draghi come unica soluzione possibile.

Lo ha detto chiaramente, Sergio Mattarella, che le elezioni rappresentano un “esercizio di democrazia”, tuttavia la situazione in cui versa il Paese non permette evidentemente che il popolo eserciti la democrazia, in questo caso, attraverso libere elezioni.

“Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi saranno quelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiare di esserne travolti” avverte il presidente della Repubblica. Eppure i dati ISTAT mostrano una situazione diversa, con il Covid-19 che di fatto ha finito per sostituire la comune influenza stagionale, motivo per cui le misure restrittive imposte non sarebbero necessarie, soprattutto visto che, sempre stando ai numeri, la loro efficacia non è mai stata scientificamente dimostrata.

E tuttavia niente elezioni anticipate, perché la situazione, secondo quanto afferma Mattrella, “richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni per adottare i provvedimenti via via necessari e non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale”.

Eppure il Capo dello Stato per primo sa bene che anche in caso di “attività ridotta al minimo” il governo può continuare ad amministrare tutto ciò che è in corso d’opera, ciò che gli sarebbe precluso è invece l’avvio di nuovi progetti. Mattarella però cita ad esempio il problema della campagnia vaccinazioni, infatti afferma: “lo stesso vale per lo sviluppo decisivo della campagna di vaccinazione, da condurre in stretto coordinamento tra Stato e Regioni”.

L’inquilino del Quirinale ricorda anche che non si tratta solo di una questione sanitaria, non è solo questo che impedirebbe il ritorno alle urne. “Sul versante sociale a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un Governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale” dice Mattarella.

“Molto difficli da assumere” però, non impossibili infatti. Insomma si tratta niente più che di una previsione, perché all’atto pratico anche un governo che non si trova nella “pienezza delle sue funzioni” può evidentemente gestire questo aspetto che rientra tra gli “affari correnti” come previsto dalla Costituzione.

E naturalmente non si poteva esimere dal ricordare che il Paese attende l’approvazione del Recovery Plan che deve essere approvato a inviato a Bruxelles nel giro di un paio di mesi. “Entro il mese di aprile va presentato alla Commissione Europea il piano per l’utilizzo dei grandi fondi europei” ha ricordato Mattarella “ed è fortemente auspicabile che questo avvenga prima di quella data di scadenza, perché quegli indispensabili finanziamenti vengano impegnati presto”.

“Prima si presenta il piano, più tempo si ha per il confronto con la Commissione. Questa ha due mesi di tempo per discutere il piano con il nostro Governo; con un mese ulteriore per il Consiglio Europeo per approvarlo” evidenzia ancora Mattarella “occorrerà quindi successivamente provvedere tempestivamente al loro utilizzo per non rischiare di perderli”.

Questa priorità però non ha impedito a Matteo Renzi di provocare una crisi di governo “che gli Italiani difficilmente avrebbero compreso”. Adesso però toccherà agli Italiani rinunciare al loro “esercizio di democrazia” perché il Recovery Plan deve essere approvato al più presto, e questo invece non dovrebbero avere difficoltà a comprenderlo.

Mario Draghi al Colle riceve l’incarico ma quali forze politiche lo appoggeranno?

L’ex presidente della BCE ha già ricevuto da Sergio Mattarella l’incarico per la formazione del nuovo governo, incarico che come da prassi Mario Draghi ha accettato con riserva. Il passaggio successivo è quello di ottenere la fiducia delle Camere che molto probabilmente in un modo o nell’altro arriverà nonostante sulla carta la maggioranza sia alla Camera che al Senato non dovrebbe esserci.

Il Movimento 5 Stelle per bocca del reggente Vito Crimi ha già dichiarato che non voterà la fiducia a Mario Draghi, altrettanto contrari dovrebbero essere anche la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, mentre la posizione di Forza Italia è meno chiara.

Il centro destra si riunirà nel pomeriggio di oggi, mercoledì 3 febbraio per decidere quale linea seguire, ma stando alle dichiarazioni rilasciate nelle ultime ore sembra che l’intero blocco chiederà il ritorno alle urne.

“Draghi è persona assolutamente stimabile” ha detto il leader leghista ai microfoni “il problema è chi lo sostiene e per fare cosa. Cioè Draghi sostenuto dalla sinistra per fare la patrimoniale sulle case e sui conti correnti? No grazie. L’Italia ha bisogno di taglio di tasse e burocrazia, non di più tasse e burocrazia. E la sinistra purtroppo ha nel suo DNA il ‘più tasse e più burocrazia’, quindi non è una questione di nomi”.

O c’è una riedizione del governo Conte, con Renzi e noi da domani siamo in Parlamento a portare avanti le nostre battaglie, oppure la parola torna ai cittadini. Altre scorciatoie non ne vedo onestamente” ha dichiarato Salvini.

Quanto al Movimento 5 Stelle, se da una parte la linea ufficiale tracciata dal reggente Crimi è per il No alla fiducia a Mario Draghi, dall’altra una parte dei parlamentari grillini sembra essere pronta ad andare in una direzione diversa. Il motivo? È sempre una questione di responsabilità nei confronti del Paese, mentre il fatto che in caso di elezioni molti di loro non tornerebbero mai più in Parlamento ovviamente non c’entra nulla.

Anche Riccardo Fraccaro ha confermato che “il Movimento non voterà” per l’esecutivo del presidente. Ma c’è qualcuno tra i Pentastellati che ha già lasciato intendere che si dovrà votare Sì. “Non credo che il M5s possa sottrarsi all’appello alla responsabilità che è stato rivolto dal Capo dello Stato” ha scritto sulla sua pagina Facebook Giorgio Trizzino, ritenuto vicino a Sergio Mattarella “sarebbe da irresponsabili e noi non lo siamo mai stati”.

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