Draghi anticipa il piano del governo per le riaperture “dobbiamo tornare ad essere un Paese che cresce”

Il presidente del Consiglio, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta ieri 16 aprile, ha illustrato insieme al ministro della Salute Roberto Speranza, il piano dell’esecutivo per la ripartenza, annunciando il ripristino della zona gialla con un lieve anticipo rispetto a quanto inizialmente previsto.

La zona gialla torna dal 26 aprile nell’ambito del piano del governo Draghi per una graduale riapertura del Paese in considerazione del netto miglioramento della situazione epidemiologica.

Ma quali saranno le tappe fissate dall’esecutivo attraverso le quali l’Italia potrà finalmente uscire da questa drammatica situazione socio-economica? Il Paese deve tornare a crescere, ha spiegato l’ex presidente della BCE “se la crescita si traduce in quel che ci aspettiamo sarà una crescita sostenibile e rispettosa dell’ambiente” ha annunciato Draghi, sottolineando: “il Pnrr è il piano in cui è spiegata la transizione ecologica”.

Draghi: “dobbiamo tornare ad essere un Paese che cresce”

Per ottenere i risultati che il governo si prefigge però si dovrà attingere a risorse non indifferenti, motivo per cui il premier ha confermato: “noi faremo dei debiti” spiegando poi che “gli investimenti devono essere ben individuati, ben progettati e ben realizzati. Perché lo siano le norme devono esseree semplificate” discorso che a quanto pare è riferito anche al Pnrr.

“La condizione necessaria è che le norme per gli investimenti siano semplificate” ha infatti sottolineato il premier “questo vale per il Pnrr e per il Fondo di accompagnamento”. Quanto al Piano Nazionale di ripresa e resilienza “è fatto di 191,5 miliardi circa, di cui 69 a fondo perduto, 122 di prestiti, più 30 del fondo di accompagnamento al Pnrr“.

Uno dei task del governo sarà, nell’ambito della spinta alla ripresa dell’economia, quello della semplificazione delle norme per gli investimenti. A tal proposito il premier ha parlato del decreto Sostegni spiegando che è stato “segnato da rapidità dei pagamenti, dal 30 marzo a oggi sono stati pagati due miliardi nella prima settimana e nella seconda un miliardo, ma i pagamenti non sono ancora terminati”.

Attraverso il piano per le riaperture che verrà messo a punto dal governo nei prossimi giorni, che a sua volta fa affidamento in gran parte sull’andamento della campagna vaccinale, l’Italia dovrebbe essere in grado di risollevarsi. “Dobbiamo tornare a essere un Paese che cresce” ha annunciato Draghi.

Per far rientrare il defit sotto il 3% si dovrà attendere il 2025

Ci vorrà tempo per far quadrare i conti pubblici, e a meno di ‘clamorose sorprese’, il rapporto debito pubblico/Pil non tornerà sotto il 150% per molti anni, il che la dice lunga su quanto peserà sulle spalle degli Italiani e delle generazioni futuro, la scelta di gestire l’emergenza sanitaria attraverso la cosiddetta linea del rigore.

Per quel che riguarda il deficit, dopo la recente notizia del nuovo scostamento di bilancio per ulteriori 40 miliardi di euro, necessario per finanziare le misure a sostegno di imprese e lavoratori che verranno introdotte nelle settimane a venire, con un rapporto deficit Pil che ha ormai raggiunto l’11,8% contro il 2% circa del periodo pre-covid, le previsioni non possono che essere poco entusiasmanti.

Il presidente del Consiglio ha comunque annunciato che dal deficit “si rientra con un percorso che solo nel 2025 vedrà il 3%: è una scommessa sulla crescita, se sarà quella che ci attendiamo, noi la vinciamo senza pensare a una manovra correttiva negli anni a venire. Ora non ci stiamo pensando”.

Non pensarci probabilmente è la scelta migliore, visto che il problema di tenere in regola i conti pubblici, come dimostra l’esperienza Covid, si presenta molto più flessibile di quel che ci era stato descritto negli ultimi decenni, e sulla base del quale venivano giustificate manovre economiche lacrime e sangue, con tagli alla sanità, innalzamento dell’età pensionabile, impoverimento dell’imprenditoria e via dicendo.

Senza contare che a quanto pare l’ex presidente della Banca Centrale Europea sembra proprio avere la soluzione in tasca “il criterio per uscire dalla situazione di alto debito è produrre la crescita su cui puntiamo, non credo che la situazione sarebbe diversa se avessimo fatto 30 miliardi anziché 40“.

Ed è lo stesso Mario Draghi a spiegare che “con gli occhi di ieri sarebbe stato preoccupante, ma con gli occhi di oggi non lo è perché la pandemia ha cambiato tutto, le regole europee, i tassi di interesse sono crollati dal 3% allo 0,5% o addirittura negativi”.

Insomma per qualcuno potrebbe essere una sorpresa ma Draghi sostanzialmente sta confermando che l’economia non è una scienza esatta. Le regole che vengono stabilite e convenzionalmente accettate come valide possono all’occorrenza essere modificate e sostituite con nuove regole.

Tra l’altro “non è previsto che le regole tornino come era prima domani” dice Draghi “vi sarà una discussione che durerà tutto l’anno prossimo e siccome tutti i Paesi sono in una situazione simile si lavorerà a una soluzione di buon senso per la riduzione del debito/Pil”. Insomma mai come in questo contesto si dimostra la validità del detto ‘volere è potere’.

Il piano di Draghi “si fonda su una premessa: che i comportamenti siano osservati scrupolosamente”

Si andrà verso nuove aperture a partire dal 26 aprile con la reintroduzione della zona gialla, dopodiché sempre più attività potranno tornare a lavorare, il che, tiene a sottolineare il presidente del Consiglio, non può che rappresentare un rischio.

“Questo rischio che incontra le aspettative dei cittadini si fonda su una premessa: che i comportamenti siano osservati scrupolosamente, come mascherine e distanziamenti, nelle realtà riaperte” ha infatti evidenziato Mario Draghi.

Ed il premier ha colto l’occasione per rivolgere un appello alle istituzioni e alle forze dell’ordine cui spetterà il compito di non abbassare la guardia in modo che “il rischio si trasformi in opportunità”.

Tuttavia si parla pochissimo di ‘ritorno alla normalità’ nonostante sia di fatto quello che in molti Paesi del mondo è già avvenuto da tempo, senza contare quelli che non hanno mai introdotto misure restrittive che limitano fortemente l’esercizio delle proprie libertà individuali come accaduto in Italia.

Il presidente del Consiglio, nel corso della conferenza stampa di ieri, ha tracciato il cronoprogramma delle riaperture, che è comunque legato all’andamento dei contagi e a quello del piano vaccinale, ed il governatore della Liguria, Giovanni Toti lo ha definito “una road map verso la libertà”.

Il ritorno alla normalità non sembra essere tra gli obiettivi che questo governo si prefigge evidentemente, e già quello di recuperare almeno una parte delle libertà cui per oltre un anno ci siamo trovati a rinunciare, appare piuttosto difficile da raggiungere.

La decisione di stabilire questa tabella di marcia per permettere almeno di riaprire una parte delle attività con l’arrivo della stagione estiva, durante la quale il virus ‘sparirà’ in ogni caso, è comunque stata sofferta.

“È chiaro che si arriva a una decisione così importante con punti di vista che, per forza di cose, non sono uguali” ha spiegato il premier “non foss’altro perché le decisioni sono tante. In comune c’era la strada dove andare, poi esistevano diversità di vedute su alcuni aspetti. Ma sono contento che la decisione è stata presa all’unanimità, non a maggioranza”.

E su Il Sole 24 Ore leggiamo che effettivamente “le ferite all’economia causate dal Coronavirus sono enormi: la pandemia, per esempio, ha tagliato di quasi 130 miliardi i consumi, crollati dell’11,8% nel 2020 rispetto all’anno precedente, con alberghi e ristoranti che registrano un calo del 40,2%”.

E purtroppo il quadro è esattamente questo, con una sola precisazione da fare: non è stato il Coronavirus, o la pandemia, a causare questi danni economici, bensì in massima parte la gestione dell’emergenza del governo Conte prima e del governo Draghi poi, fondata su severe misure di contenimento la cui efficacia nel ridurre la trasmissione del virus è in molti casi risultata del tutto priva di qualsivoglia base scientifica.

Draghi: “stimo Speranza e l’ho voluto io nel governo”

Infine, per quel che riguarda la permanenza di Roberto Speranza a capo del ministero della Salute, il presidente del Consiglio ha dichiarato: “credo che le critiche al ministro Speranza dovevano trovare pace fin dall’inizio, non erano né fondate né giustificate. Ho già detto l’altra volta che lo stimo e l’ho voluto io nel Governo”.

Nel frattempo però Fratelli d’Italia ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro Speranza e dal momento che le critiche sono giunte anche da parte della Lega, non si può fare a meno di domandarsi se Giorgia Meloni potrà contare anche sui voti dei parlamentari del Carroccio oppure no.

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