Le performance fees, le commissioni di incentivo che vengono applicate sui fondi comuni di investimento, costituiscono una delle voci di costo più sgradite da parte degli investitori. Commissioni che da una parte permettono di ingigantire i margini delle società di gestione, e che dall’altra parte erodono i profitti degli investitori. E guai a pensare che si tratti di una questione marginale: nel 2019 tali commissioni hanno infatti totalizzato ben 800 milioni di euro, e nei primi mesi del 2020 altri 90 milioni di euro avrebbero fatto la loro comparsa nell’industria del gestito.
A rompere il fronte è tuttavia stata Fineco Asset Management, la società di gestione del risparmio che è nata due anni fa dal Gruppo Fineco Bank, e che può già contare su 14 miliardi di euro di masse in amministrazione, e oltre 100 prodotti offerti alla clientela. L’azienda ha infatti lanciato il bollino No Performance Fees, sensibilizzando l’intero settore del risparmio gestito sull’impatto che le commissioni di performance hanno sulla sostenibilità del business e sulla redditività effettivamente percepita dal cliente finale.
Il bollino, e il progetto sottostante, sono stati presenti da Fabio Melisso, Ceo di Fineco Asset Management, ed è parte integrante degli sforzi della compagnia sul tema della sostenibilità. Tra le leve che la società ha scelto di attivare vi è anche quella delle commissioni applicate alla clientela finale, con il riferimento al fatto che – effettivamente – il tema della sostenibilità non può che sintetizzarsi anche in una giusta remunerazione di tutti i prodotti erogati.
Per il top manager di Fineco, questa decisione di investimento da parte della banca potrebbe fare da apripista a un nuovo percorso per l’intero settore e, magari, essere la giusta occasione per poter modificare l’approccio verso questo tipo di prassi. Il bollino No Performance Fees verrà così applicato su tutti i prodotti di investimento che non applicano commissioni di performance.
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