Nel contesto attuale in cui la carne sintetica e quella prodotta da sostituti vegetali ci vengono presentate come alternative sostenibili alla carne tradizionale, è essenziale esaminare in modo critico le affermazioni dei produttori e approfondire la questione della effettiva sostenibilità ambientale e della salute umana.
Se diamo uno sguardo agli ultimi rapporti di IPES-Food e Food & Water Watch, ci accorgiamo che vengono sollevate domande fondamentali su questi prodotti e le loro implicazioni.
La carne sintetica è davvero una soluzione ecologica?
Entrambi i rapporti concordano sul fatto che la carne sintetica e quella vegetale sono prodotti altamente processati, il cui processo di produzione richiede notevoli quantità di energia e l’utilizzo di monocolture industriali dannose per l’ambiente.
Non sembra esattamente una soluzione ecologica dunque, men che meno in un momento in cui il costo dell’energia è quanto mai alle stelle. Inoltre, le implicazioni per i sistemi agricoli, specialmente quelli più fragili del sud del mondo, sollevano preoccupazioni sulla sostenibilità complessiva di queste alternative.
Uno studio evidenzia la possibilità che l’utilizzo di combustibili fossili in questo processo possa aumentare le emissioni di anidride carbonica (CO2) nel lungo termine, contribuendo così all’impronta climatica complessiva.
Le affermazioni generalizzate sugli impatti ambientali della zootecnia vengono criticate per la loro mancanza di considerazione della complessità delle interazioni bestiame-ecosistema. IPES sottolinea che spesso si tratta di approcci semplicistici che trascurano aspetti cruciali come la biodiversità, l’efficienza delle risorse e il ruolo multifunzionale del bestiame nelle comunità agricole.
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La carne sintetica potrebbe far male: rischi e incertezze per la salute umana
Entrambi i rapporti che abbiamo citato (IPES-Food e Food & Water Watch) evidenziano rischi per la salute umana legati al consumo di carne sintetica e vegetale.
Molti sostituti vegetali rientrano nella categoria degli alimenti ultra-lavorati, con l’uso di ingredienti provenienti da sistemi di monocoltura industriale. Allo stesso modo, la carne coltivata in laboratorio solleva preoccupazioni per il suo elevato fabbisogno energetico e l’uso di materiali potenzialmente pericolosi durante la lavorazione.
I rapporti mettono in guardia anche dalla mancanza di controlli rigorosi nei luoghi di produzione, con il rischio di contaminazione da antibiotici e la persistenza di residui potenzialmente dannosi nei prodotti finali. La mancanza di conoscenza sui rischi associati al consumo di additivi e coadiuvanti tecnologici utilizzati in questi prodotti rappresenta un ulteriore punto di preoccupazione.
Inoltre, sorgono preoccupazioni riguardo alla presenza residua di antibiotici nei prodotti, favorendo la diffusione di agenti patogeni resistenti agli antibiotici. Durante la lavorazione, l’impiego di pericolosi disinfettanti chimici e l’uso di mezzi di crescita come il sero fetale di vitello aggiungono ulteriori questioni sulla sicurezza e la salubrità dei prodotti finali. La necessità di monitorare costantemente le linee cellulari al fine di prevenire mutazioni o contaminazioni rappresenta un ulteriore aspetto critico per la salute umana.
Molti prodotti a base vegetale, progettati per emulare le qualità della carne, fanno ampio uso di additivi alimentari altamente processati. Ad esempio, l’Impossible Burger impiega una proteina chiamata “eme“, prodotta attraverso la manipolazione genetica del lievito con il DNA delle radici dei semi di soia, conferendo all’hamburger una consistenza e succosità simile a quella della carne e persino la capacità di “sanguinare“.
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Carne sintetica: additivi e nanotecnologia
La Food & Water Watch mette in luce la mancanza di conoscenza approfondita sui rischi associati al consumo di additivi e coadiuvanti tecnologici non testati presenti in questi prodotti. La presenza della nanotecnologia, con i suoi potenziali rischi per la salute umana ed ecologica, nelle alternative alla carne, alimenta ulteriori preoccupazioni.
Gli sforzi di monitoraggio e regolamentazione devono affrontare anche la sfida di comprendere gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente di tali tecnologie emergenti.
Intanto negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA) è critica rispetto alla prospettiva di fare affidamento sugli studi di sicurezza dell’industria anziché condurre test indipendenti.
Inoltre, l’approccio della FDA ai prodotti OGM come “sostanzialmente equivalenti” a quelli non OGM solleva preoccupazioni sulla rigorosità delle valutazioni di sicurezza. La centralizzazione del mercato è un aspetto chiave, con grandi aziende zootecniche e giganti dell’industria alimentare che non solo investono in alternative alla carne ma acquisiscono anche aziende più piccole, consolidando così un possibile monopolio.
Il ruolo delle grandi aziende, l’interesse globale e gli investimenti pubblici
Società come Cargill e JBS, tra le principali aziende nel settore, non solo hanno investito in alternative alla carne, ma hanno anche acquisito aziende più piccole, consolidando un crescente monopolio nel mercato.
La concentrazione del controllo si estende al mercato delle alternative alla carne, coinvolgendo società come Kellogg’s e Conagra. Queste aziende sono anche attive nella World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), una piattaforma che mira a guidare i consumi mondiali verso obiettivi sostenibili attraverso misure come tassazioni più elevate e una minore promozione, in linea con gli studi Eat.
Gli investimenti nel mercato delle alternative alla carne coinvolgono non solo soggetti privati e multinazionali, tra cui figure come Bill Gates, Sergey Brin e Richard Branson, ma anche paesi come Olanda, Gran Bretagna, Israele, Stati Uniti e Cina.
In questi paesi, alcune delle più grandi start-up e aziende nel campo delle alternative vegetali e del food sintetico stanno attirando sempre più attenzione, con parte del capitale proveniente da fondi pubblici o direttamente finanziato dall’Unione Europea.
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