Guerra commerciale Usa Cina: perchè non conviene (quasi) a nessuno che sia lunga

Secondo Nikolaj Schmidt, Chief International Economist, T. Rowe Price, le ultime notizie hanno confermato che una lunga guerra commerciale tra Usa e Cina non conviene praticamente a nessuno degli attori coinvolti e non solo.

L’analista ha ripercorso le tappe di quanto avvenuto negli ultimi mesi. L’esperto ha ricordato come a partire dalla metà di maggio la volatilità sui mercati è tornata ad essere molto alta. Ovviamente tutto questo non è stato causale ma è stato invece l’effetto della rottura delle trattative commerciali fra Stati Uniti e Cina.

Schmidt ritiene che nel caso in cui la disputa tra i due paesi che oggi sono i maggiori contributori del Pil globale dovesse condurre ad una guerra commerciale aperta, a pagarne le conseguenze sarebbe l’intera economia mondiale. Secondo l’analista, infatti, nel lungo termine le guerre commerciali non generano vincitori ma solo vinti.

Dal punto di vista tecnico i dazi hanno un duplice effetto sulle economie. Da un lato hanno la funzione di tasse sui beni mentre dall’altro determinano un clima di incertezza che si ripercuote su famiglie e imprese.

Se da un lato, prosegue il gestore, le tasse sui beni vanno a determinare le entrate fiscali dei governi, dall’altro si determina anche quella che viene rinominata come allocazione inadeguata delle risorse. In poche parole i dazi sui beni per loro stessa natura conducono ad un equilibrio inefficiente e quindi ad una perdita secca della tassazione. Non è un mistero che i dazi portano ad un incremento del prezzo dei beni e quindi al calo del potere d’acquisto delle famiglie. Questo meccanismo spinge gli stessi consumatori a cercare soluzioni a poco prezzo sulle quali non grava i dazi.

Schmidt ritiene che nel momento in cui Trump afferma che i consumatori americani sostituiranno i beni oggetto di dazi con alternative libere dalle tasse poichè prodotte sul territorio nazionale, in realtà pecchi di ottimismo. Secondo l’esperto, infatti, è più plausibile che i consumi si spostino su beni prodotti in Vietnam o in Messico e non su beni americani. Anche per quello che riguarda la retorica di Trump sulle ricadute positive sul lavoro che i dazi sarebbero in grado di portare, l’analista mantiene un approccio scettico. Secondo l’esperto, infatti, i posti oggetto di delocalizzazione in Cina non riusciranno a ritornare in Usa prima che il processo di produzione diventi al 100 per cento automatizzato. Insomma c’è il serio rischio che la guerra dei dazi non produca i positivi effetti sperati ma anzi vada a determinare un forte senso di incertezza.

A causa di una prolungata guerra dei dazi, infatti, le famiglie potrebbero decidere di rimandare gli acquisti e le imprese di rinviare gli investimenti.

Secondo l’analista di T. Rowe Price, l’incertezza ha sull’economia un peso molto simile a quello esercitato da una stretta monetaria. Poichè Usa e Cina sono ogi le due maggiori economie al mondo, l’incertezza generata da una guerra commerciale lunga potrebbe pesare sulla stragrande maggioranza dei paesi. Tra i pochi che non subirebbero danni da una lunga guerra commerciale tra Usa e Cina si sono il Vietnam e il Messico. Entrambi questi paesi, secondo l’esperto, hanno le caratteristiche per poter offrire sostituti ai beni cinesi che sono gravati dai dazi.

Inoltre, prosegue il report, è un dato di fatto che le guerre commerciali lunghe, influenzano anche i tassi di cambio e le politiche monetarie. Tecnicamente, visto e considerato che i dazi altro non sono che un aumento delle tasse sui consumi, allora è possibile che si determini un aumento dell’inflazione complessiva. Tuttavia, come in tutti i casi di stretta fiscale, alla fine essi provocheranno un rallentamento della crescita. Tutto questo avrà come effetto un incremento degli output gap e, nel più classico dei meccanismi di azione e reazione, un effetto sull’andamento dell’inflazione core.

In conclusione è quindi ipotizzabile una situazione di questo tipo: man mano che la guerra commerciale si dovesse allungare, sia i consumatori che le aziende americane tenderanno a sostituire i beni prodotti in Cina con altri. Dinanzi a questa situazione è possibile che la Cina risponda andando ad esportare le sue capacità in eccesso nel resto del mondo ma così facendo lo shock disinflazionistico dei dazi inizierà a diffondersi su scala globale.

E’ appunto alla luce di tali considerazioni che Nikolaj Schmidt, Chief International Economist, T. Rowe Price, una lunga guerra commerciale non conviene (quasi) a nessuno.

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