Usa e Iran mai così vicini al conflitto armato, ecco la vera forza militare di Teheran

L’Iran è il nemico numero uno per lo Stato di Israele, ma anche per l’Arabia Saudita, ormai ai ferri corti con Teheran da tempo. Gli Stati Uniti considerano l’Iran un Paese che sostiene il terrorismo, quindi se la Casa Bianca non lo definisce un nemico, poco ci manca, e mai come in questi giorni i due Paesi si sono trovati così vicini al conflitto armato.

Gli USA inoltre accusano da tempo l’Iran di essere in possesso di un arsenale atomico e di essere attualmente impegnato nella produzione di nuovi armamenti nucleari. Un’accusa che però appare in pesante contraddizione con la posizione assunta da Washington in merito agli accordi Jcpoa, relativi proprio alla riduzione del nucleare, dai quali ha deciso di uscire unilateralmente.

Da lì in poi la situazione ha continuato a peggiorare, tra il ruolo di scarso peso giocato dall’Europa con maldestri tentativi diplomatici, il sequestro di alcune petroliere da parte dei Pasdaran, e i recenti attacchi imputati a forze iraniane contro impianti petroliferi sauditi.

Col crescere della tensione nello stretto di Hormuz è via via aumentata anche la presenza armata USA. In questi giorni inoltre gli Stati Uniti hanno deciso di inviare nuove forze armate in Medio Oriente, si parla di mille soldati che potrebbero rappresentare il preludio di un attacco militare mirato, che però, almeno per ora, la Casa Bianca non sembra intenzionata a sferrare.

Il rischio di una guerra dalle conseguenze imprevedibili

Per quale ragione da uno scenario simile potrebbe scaturire un conflitto armato dalle conseguenze imprevedibili? Teheran non dispone sicuramente di forze armate in grado di reggere il confronto con quelle degli Stati Uniti, ma senza dubbio il loro potenziale non deve essere sottovalutato.

Per quel che riguarda le forze armate convenzionali, è il generale israeliano Giora Eiland a dipingere un quadro abbastanza dettagliato. L’ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale, oggi analista militare, rivela che le forze armate iraniane, che si tratti di quelle aeree, navali o terrestri, non sono all’avanguardia, e in ogni caso non all’altezza di quelle USA né di quelle israeliane.

Il generale Eiland spiega che: “anche rispetto ai Sauditi, che dispongono degli F35, l’aviazione iraniana è inferiore. Ha ancora i vecchi Phantom, acquistati dagli Usa dallo scià di Persia quando i due Paesi erano alleati. La stessa cosa si può dire della Marina, e delle forze di terra che dispongono di mezzi corazzati quasi obsoleti.”

L’esercito iraniano insomma, col passare degli anni non è stato ammodernato, in buona parte proprio a causa di 30 anni di sanzioni. Attualmente l’esercito regolare conta circa 400mila uomini, ai quali si affiancano poi le Guardie della Rivoluzione, che è un esercito indipendente con un migliore addestramento ed equipaggiamento.

Le Guardie della Rivoluzione dispongono anche di un reparto che si occupa specialmente delle operazioni oltreconfine: la brigata Quds al comando del generale Qasem Suleiman, ma non è questo che rende imprevedibile l’esito di un conflitto con le forze armate iraniane.

Secondo il generale Eiland “l’Iran è molto più pericoloso sui sistemi missilistici e sui droni. Ha sviluppato sistemi missilistici avanzati, di varia gittata, da 300 a 2mila km, in grado di colpire anche l’Europa meridionale. Il settore balistico e dei missili cruise è dunque da temere”.

Gli USA ritengono infatti che sia stato proprio con l’utilizzo dei droni che l’Iran habbia compiuto gli attacchi agli impianti petroliferi in Arabia Saudita. Un’accusa che ancora non ha trovato prove concrete a sostegno, senza contare che l’attacco è stato subito rivendicato dai ribelli yemeniti Houthi, che secondo la Casa Bianca non ne sarebbero stati in grado in quanto non disporrebbero delle tecnologie necessarie.

Ne disporrebbero invece gli Iraniani appunto, che sempre secondo il generale israeliano a riposo Eiland “sui droni non sono molto lontani dalle tecnologie americane e israeliane, le più avanzate al mondo. La differenza più rilevante sono le dimensioni, più ridotte, e le inferiori distanze che possono percorrere”.

E se anche in questo campo gli Stati Uniti sarebbero superiori in un ipotetico confronto armato, l’Iran ha altri punti di forza ai quali gli USA dovranno prestare la dovuta attenzione. “Dispongono di una capacità molto avanzata di effettuare cyber attack contro grandi infrastrutture civili, ospedali, dighe, centrali elettriche. Quindi causare danni rilevanti” spiega Eiland.

Un altro aspetto da tenere in considerazione riguarda più che altro l’influenza che Teheran è in grado di esercitare su diversi Paesi arabi, nei quali sono presenti comunità musulmane sciite compatte e fedeli agli ayatollah. A tal proposito Eiland spiega che: “Libano e Siria sono grandi alleati dell’Iran. Ma anche in Arabia quasi metà della popolazione è sciita, in Bahrein è la maggioranza. Ci sono milizie pronte a rispondere agli ordini di Teheran anche in Iraq“.

Ed è per via di questa rete che, in caso di conflitto con gli USA l’Iran potrebbe contare sulle basi dei suoi alleati in Siria, in Libano e nello Yemen. Per questa ragione lo Stato di Israele sta conducendo decine di attacchi contro postazioni militari iraniane in territorio siriano e contro convogli di armi destinate agli Hezbollah.

Quanto agli Hezbollah, Israele fa sapere che rispetto alla guerra del 2006 il loro arsenale è cresciuto esponenzialmente, ed ora disporrebbero di 150mila razzi, anche se una buona parte di essi è di fattura rudimentale, ma anche di sofisticati missili di precisione e sistemi anti-aerei russi.

Eiland spiega che le probabilità che il conflitto sfoci in guerra aperta sono molto basse perché anche se “il Libano è controllato dall’Iran tramite Hezbollah che riceve l’80% del suo budget da Teheran, Hezbollah non pare volere un conflitto con Israele oggi, in un momento di debolezza e crisi economica. Ci penserà due volte” conclude il generale.

Il conflitto quindi potrebbe protrarsi, a meno di svolte impreviste, con una lunga “guerriglia asimmetrica” nella quale l’Iran avrebbe la possibilità di sfruttare la sua flotta di piccoli sottomarini, in grado di condurre attacchi rapidi e precisi, in grado di bloccare lo stretto di Hormuz, attraverso il quale passa il 30% del greggio trasportato via mare.

Washington quindi non sta esitando a condurre blitz armati mirati contro i siti iraniani nel timore che gli stessi possano non avere successo, ma per via delle conseguenze che quei blitz potrebbero avere, con una situazione che rischia certamente di degenerare in un conflitto dai risvolti imprevedibili.

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