Petrolio: impianto Saudi Aramco sotto attacco con missili e droni ad opera dei ribelli dello Yemen

Gli effetti sul mercato sono stati immediati, con un rialzo del prezzo del greggio rilevato subito dopo gli attacchi che si sono registrati nella giornata di domenica 7 marzo. Nel mirino dei ribelli dello Yemen c’erano anche gli impianti sauditi di produzione della Saudi Aramco.

I future sul greggio hanno toccato dapprima i 67,94 dollari per poi attestarsi intorno ai 66 dollari. Gli attacchi perpetrati con missili e droni, pur non essendo andati a segno hanno portato i future sul greggio a scambiare al livello più alto registrato da ottobre 2018. Il Brent ha persino superato la soglia dei 70 dollari per la prima volta dall’inizio della pandemia di Covid-19.

In crescita anche i prezzi delle società petroliere, con rialzi più marcati per Technip che segna un +5%. Cresce invece del 3% Saipem, così pure Galp, mentre Tenaris registra una crescita del 2% insieme a Shell. In crescita anche Saras, Eni, Total, BP.

L’attacco che è avvenuto nella giornata di domenica era ad opera dei ribelli dello Yemen stando a quanto riportato dai maggiori media, ed era diretto verso siti chiave dell’industria petrolifera dell’Arabia Saudita. Tra i siti bersagliati dall’attacco anche l’impianto Saudi Aramco a Ras Tanura, in seguito dichiarato fallito da governo saudita.

Gli attacchi comunque sarebbero stati tutti intercettati, almeno stando a quanto riferito dagli stessi produttori di petrolio, cosa che però non ha impedito al prezzo del greggio di registrare questa improvvisa impennata, anche per via del fatto che quello di Ras Tanura, con una esportazione che può arrivare a 6,5 milioni di barili al giorno, coprendo il 7% della domanda di petrolio, è il più grande terminal petrolifero su scala mondiale.

Yahya Sare’e, un portavoce dello Houthis, il gruppo armato prevalentemente sciita zaydita dello Yemen, ha reclamato la paternità dell’attacco parlando di una “vasta operazione offensiva congiunta” che ha coinvolto 14 droni e otto missili balistici.

Lo stesso portavoce ha anche dichiarato via Twitter che altri siti militari sono stati presi di mira con quattro droni e sette missili balistici, sottolineando che “il colpo è stato preciso” per poi aggiungere in un altro post: “promettiamo al regime saudita operazioni dolorose finché continuerà la sua aggressione e il blocco sul nostro Paese”.

L’attacco ai pozzi petroliferi ad opera del movimento armato prevalentemente sciita zaydita sostenuto dal governo di Teheran rientra in una serie di circostanze che indicano un aumento delle tensioni in Medio Oriente. In questo contesto si vanno a collocare poi gli attacchi ad opera degli Usa dell’amministrazione Biden in Siria, perpetrati a gennaio e diretti a colpire gruppi sostenuti dall’Iran.

Il capo della strategia delle materie prime di ING Bank NV, Warren Patterson, ha dichiarato a Bloomberg: “è un mix perfetto di notizie rialziste al momento… Sembra che questi attacchi stiano aumentando di frequenza, quindi il mercato potrebbe aver bisogno di prezzare qualche premio di rischio”.

Attraverso i media statali intanto il ministro dell’Energia dell’Arabia Saudita ha annunciato che “tali atti di sabotaggio non prendono di mira solo il Regno dell’Arabia Saudita, ma anche la sicurezza e la stabilità dell’approvvigionamento energetico al mondo, e quindi l’economia globale” e ha poi aggiunto che “influenzano la sicurezza delle esportazioni di petrolio, la libertà del commercio mondiale e il traffico marittimo”.

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