Uno studio di Oxford rivela: vaccini anti-Covid perdono efficacia contro variante Delta dopo 90 giorni

Continuano ad arrivare notizie poco incoraggianti per quel che riguarda l’efficacia dei vaccini anti-covid attualmente in distribuzione nella maggior parte dei Paesi occidentali e in particolare in Europa e America.

A gettare ulteriori ombre sulla validità dei farmaci che stiamo imparando a conoscere grazie alla sperimentazione di fase 4 attualmente in corso questa volta è uno studio della Oxford University svolto in collaborazione con l’Office for National Statistics in Gran Bretagna.

Il vaccino perde efficacia nei primi 90 giorni dopo la somministrazione completa

Secondo questo studio le dosi di RNA messaggero perdono efficacia già dopo 90 giorni dopo la somministrazione della seconda dose. Secondo la ricerca una volta che il soggetto vaccinato viene contagiato dalla cosiddetta variante Delta del Sars-nCoV-2, i livelli di virus del malato sono simili a quelli dei non vaccinati.

Questo dimostrerebbe che la vaccinazione di ampie percentuali della popolazione potrebbe rivelarsi comunque insufficiente a proteggere i cittadini che per varie ragioni non hanno ricevuto la somministrazione del vaccino, e ciò in sintesi fornirebbe ulteriori evidenze a sostegno di quanto molti esperti affermano da tempo, e cioè che non è assolutamente possibile raggiungere l’immunità di gregge con gli attuali vaccini.

“I risultati gettano ulteriori dubbi sulla possibilità di ottenere l’immunità di gregge tramite la vaccinazione” spiega Sarah Walker, professoressa di statistica medica ed epidemiologia della Oxford University che ha preso parte alla realizzazione dello studio congiunto.

“La speranza era che le persone non vaccinate potessero essere protette vaccinando molte persone” ha infatti spiegato la professoressa Walker, cosa che invece a quanto pare non può accadere.

Penny Ward, visiting professor in medicina farmaceutica al King’s College di Londra ha spiegato che “mancano ancora i dati relativi ai ricoveri e ai casi gravi di Covid” tuttavia i risultati “potrebbero anche supportare la somministrazione di una dose di richiamo del vaccino mRNA alle persone che hanno ricevuto l’iniezione AstraZeneca“.

I risultati di questa ricerca che l’università di Oxford ha condotto in collaborazione con ONS giungono proprio nel momento in cui molti Paesi stanno registrando un preoccupante picco dei contagi e dei ricoveri anche gravi persino tra i completamente vaccinati, il tutto nonostante l’andamento spesso più che sostenuto della campagna vaccinale e nonostante l’ulteriore accelerazione della stessa.

Ad affrontare situazioni di questo tipo sono in particolare lo Stato di Israele e gli USA, ed è proprio in questi Paesi che si sta andando verso la somministrazione della terza dose. Israele in tal senso ha già fatto buona parte del lavoro, somministrandola ad oltre 1 milione di cittadini ma senza ancora raccogliere alcun risultato dal punto di vista dell’andamento del contagio e dei ricoveri.

Gli Stati Uniti invece sono ancora qualche passo indietro, infatti si prevede di partire con la somministrazione delle terze dosi non prima di settembre dando la priorità ai soggetti fragili.

Terza dose vaccini: cosa deciderà di fare l’Italia?

Il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico e presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, ha già preannunciato che l’Italia potrebbe decidere di allinearsi alle scelte fatte in Israele.

Locatelli ha infatti affermato che la terza dose “è sicuramente necessaria al più presto per gli immunodepressi quali i riceventi un trapianto di organo solido o coloro che ricevono terapie con impatto sul sistema immunitario per patologie oncoematologiche”.

“I dati resi disponibili in queste ultime ore sul profilo di sicurezza e di efficacia della terza dose del vaccino Pfizer/BioNtech sono confortanti” ha poi aggiunto il coordinatore del CTS, che ha poi riferito che per le altre categorie di soggetti “è in atto una valutazione accurata” sulla base della quale “si deciderà se e quando somministrare la terza dose”.

Se si dovesse decidere di somministrare la terza dose anche in Italia allora il governo si muoverebbe probabilmente con l’arrivo dell’autunno come indicato dalla cabina di regia e dal Comitato Tecnico Scientifico, e nel frattempo si ritiene di poter essere in grado di raggiungere l’80% della popolazione vaccinata.

Un obiettivo quest’ultimo in particolare che dovrebbe essere raggiunto entro la fine di settembre, anche perché, stando a quanto dichiarato nei giorni scorsi dal numero uno dell’Aifa la campagna di vaccinazione di massa in Italia termina il 30 settembre 2021.

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