Terza dose vaccini, l’appello dell’Oms ai Paesi ricchi: “la terza dose non serve, prima vacciniamo tutti”

Proprio in questi giorni il governo Usa aveva espresso l’intenzione di seguire la strada di Israele per quel che riguarda la somministrazione della terza dose del vaccino per quelle persone che hanno già ricevuto le prime due da oltre 5 mesi, ma per l’Oms non è questo che bisogna fare perché le priorità sono altre in questo momento.

Nei Paesi ricchi vaccinate 56 persone su 100, nei Paesi poveri solo 2

Non lascia molto spazio all’interpretazione Matshidiso Moeti, direttrice per l’Africa dell’Organizzazione Mondiale delal Sanità (Oms), la quale parla di “una presa in giro”. “Ci si fa beffe del principio di equità” dice ancora la Moeti, e dando un’occhiata ai numeri circa l’andamento della campagna vaccinale nei Paesi più poveri è facile comprendere il motivo del suo intervento.

Se mediamente nei Paesi più ricchi sono 56 su 100 le persone che hanno ricevuto la somministrazione di almeno una dose del vaccino anti-Covid, nei Paesi più poveri si scende a 2 su 100.

Numeri più che eloquenti stando ai quali effettivamente la priorità non sembra tanto quella di somministrare la terza dose a chi ha ricevuto il preparato Pfizer ma quella di distribuire il vaccino in quei Paesi che sono rimasti così indietro.

Oms: “ritardare la vaccinazione dei bambini”

L’annuncio del presidente democratico Joe Biden quindi non può che suonare come una nota stonata alla luce di questi dati, senza contare che in Israele il programma per la terza dose non è stato solo annunciato ma è anche stato portato avanti celermente, fino alla somministrazione ad oltre 1,1 milioni di cittadini che avevano ricevuto le prime due.

Non solo gli Usa però, a seguire le orme di Israele (dove nonostante tutto si assiste ad un picco di contagi, ricoveri e decessi che fa temere per la quarta ondata) saranno anche Francia, Germania e Regno Unito, che con la somministrazione della terza dose prevedono di partire a settembre

Ma Matshidiso Moeti non ci sta, e ricorda che nel continente africano meno del 2% degli 1,3 miliardi di abitanti ha ricevuto almeno una dose del vaccino. Inoltre a inizio settimana è venuto fuori che una parte dei vaccini Johnson & Johnson che sono stati infialati a Durban in Sudafrica è stata venduta all’Europa.

Per non parlare di quegli aiuti che l’Ue aveva promesso in occasione del G20 della salute a Roma e che sarebbero dovuti servire per costruire fabbriche di vaccini in Africa, aiuti che poi non sono mai arrivati.

“Non possiamo accettare che i Paesi che hanno usato la maggior parte delle scorte mondiali ne consumino ancora di più” fa notare il direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus “mentre le persone più vulnerabili al mondo restano senza protezione”.

Lo stesso direttore dell’Oms aveva chiesto ai Paesi più ricchi di ritardare l’inizio della somministrazione dei vaccini nei bambini per i quali, come è noto, i rischi legati al Covid-19 sono statisticamente irrilevanti.

Oms: “non ci sono dati che indichino la reale necessità di una terza dose”

Quanto alla somministrazione di un’ulteriore dose oltre la seconda ne ha parlato anche Soumya Swaminathan, chief scientist del’Oms, che ha sottolineato che non “ci sono dati che indichino la reale necessità di una terza dose”.

Il presidente Joe Biden però sembra tutt’altro che intenzionato dal desistere dai suoi progetti, tanto che ha successivamente confermato che lui stesso porgerà il braccio all’ulteriore richiamo insieme alla moglie.

Santoni, Istituto Pasteur: “nei Paesi in via di sviluppo problema è mancanza di dosi”

Angela Santoni, direttrice scientifica dell’Istituto Pasteur Italia ed ex rappresentante del board di Gavi, l’Alleanza internazionale per i Vaccini ha spiegato che “il problema principale dei Paesi in via di sviluppo è sicuramente la mancanza di dosi”.

Va ricordato a tal proposito che Gavi in collaborazione con l’Oms gestisce il programma Covax che si occupa della raccolta delle fiale e della distribuzione verso i Paesi che non potrebbero permettersele. Inizialmente era stato fissato l’obiettivo dei 2 miliardi di dosi somministrate entro la fine del 2021, ma attualmente i vaccini distribuiti in 138 Paesi sono solo 206 milioni, appena un decimo.

A tal proposito Angela Santoni ha tenuto a sottolineare che si contava “molto su AstraZeneca” e che “i suoi problemi di produzione sono stati un duro colpo per Covax”.

Nei Paesi poveri “organizzare campagne di vaccinazione di massa è complicato”

Gli ostacoli che hanno fatto mancare clamorosamente gli obiettivi che erano stati fissati sono però di diversa natura. Tra le difficoltà riscontrate infatti non solo quelle legate all’approvvigionamento, “abbiamo avuto anche fiale scadute in Sud Sudan o a Kinshasa” ha spiegato Isabella Panunzi, responsabile delle vaccinazioni internazionali per Medici Senza Frontiere.

“In Paesi dove i sistemi sanitari sono fragili, organizzare campagne di vaccinazione di massa è complicato. Si fatica a mantenere le fiale a temperatura di frigo, figuriamoci a rispettare l’ultra freddo dei vaccini a Rna” spiega la Panunzi “spesso non si arriva oltre le grandi città”.

“Le persone non sono state informate, non si fidano troppo delle loro istituzioni né di prodotti che vengono dall’occidente, per i quali le aziende produttrici declinano ogni responsabilità. Noi stessi facciamo fatica a trovare assicurazioni che ci coprano. Ma così, come dice l’Oms, stiamo giocando col fuoco” ha raccontato ancora Isabella Panunzi.

Il raggiungimento di questo obiettivo appare ora piuttosto lontano, infatti per il momento le uniche eccezioni in cui è possibile procedere con la produzione in loco sono il Brasile e il Sudafrica, ma limitatamente all’infialamento. Poi c’è l’India che con il suo Serum Institute ha conquistato il primo posto al mondo nella produzione dei vaccini, ma il Paese ha anche una popolazione di 1,4 miliardi di persone.

Era stata avanzata anche la proposta di abolire i brevetti, ma poi è stata messa da parte quando a giugno la questione è stata affrontata dalla World Trade Organization, e tuttavia “non è l’unico problema” come precisa ancora Panunzi. 

“Spesso gli standard di qualità sono insufficienti” spiega la responsabile vaccinazioni di MSF “le temperature sono alte. Manca l’elettricità e ci si affida al gasolio. Produrre vaccini, in particolare quelli contro il Covid, è complesso”.

Ed eccoci al problema di fondo, al motivo per cui, quanto meno secondo l’Oms, invece di andare verso la somministrazione della terza dose nei Paesi ricchi si dovrebbe spingere sulla copertura dei non vaccinati nei Paesi poveri.

Il virus continua a circolare, peraltro anche dove la somministrazione ha coperto oltre il 90% della popolazione vaccinabile, e “al momento la situazione è preoccupante in Indonesia” spiega Angela Santoni che poi precisa: “ogni Paese, lasciato senza protezione, è una potenziale fonte di varianti per tutto il resto del mondo”.

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