Di Maio, dall’Ue “finora solidarietà insufficiente” e sul Mes Misiani del Pd assicura “l’Italia non lo userà”

Nella giornata di ieri, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha scritto una lettera al Financial Times, in cui dice che “l’individualismo” deve essere messo da parte. La lettera è rivolta ai Paesi dell’Ue, in particolare a quelli che compongono la cosiddetta ala rigorista che ritiene necessario che l’uso del Mes per l’emergenza sia comunque condizionato all’applicazione delle sue regole originali.

“L’orgoglio e il patriottismo che ciascun Governo ha per il proprio Paese sono sentimenti nobili e legittimi” dice Di Maio nella sua missiva “tuttavia non dobbiamo correre il rischio di farci intrappolare da loro”. Non scende nei dettagli tecnici, il ministro degli Esteri, che nella lettera rispetta l’invito al gioco di squadra del presidente del Consiglio, invito che Di Maio ha fatto suo e rilanciato anche via social.

Appare sempre più chiaro che il Governo non intende ricorrere all’uso del Mes per far fronte all’emergenza dovuta alla pandemia di Coronavirus. Sul tema è intervenuto a Mattino 5 il viceministro all’Economia, Antonio Misiani, che ha ribadito: “il Mes non lo utilizzeremo“. Una conferma importante soprattutto perché arriva da un esponente del Partito Democratico, e che dovrebbe fugare ogni dubbio in merito all’unione d’intenti nella maggioranza sul tema dell’uso del Mes.

Il premier d’altra parte era tornato sull’argomento anche nel corso della conferenza stampa del 10 aprile, occasione in cui confermò che l’obiettivo dell’esecutivo sono gli Eurobond, e che l’unico mezzo per arrivarci è il fondo per la ripresa che è stato inserito nell’accordo raggiunto dall’Eurogruppo, che per Italia e Francia dovrà essere finanziato da bond comuni.

Di Maio: l’Europa si trova davanti a una “sfida che sarà ricordata nei libri di storia”

Nella lettera inviata al Financial Times, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha fatto un appello al senso di solidarietà e ha diretto ai Paesi dell’Ue un invito ad essere uniti davanti a questa sfida storica.

Non possiamo rivolgerci all’individualismo, specialmente ora che i nostri destini sono così strettamente legati, significherebbe rinunciare alla nostra forza” scrive Di Maio “sarebbe incomprensibile per il mondo, i cui occhi sono ora su di noi”. È invece “il momento di unirci, per combattere insieme e riflettere. Riflettere sul futuro dell’Unione, su ciò che vogliamo, sulle nostre ambizioni”.

Quello che ha dimostrato l’Europa come istituzione, almeno fin qui, non è abbastanza per Di Maio, che accusa l’Ue di non aver “mostrato sufficiente solidarietà” e di non essere “stata in grado di giocare come una squadra, né si è mostrata incline a farlo. Egoismo, personalismi sono emersi; ci sono perfino stati scontri tra quotidiani in Paesi differenti“.

Un quadro che non è piaciuto a nessuno e che per Di Maio dipinge “una immagine triste, che dovrebbe essere motivo di riflessione, non solo per tutti gli Italiani, ma per tutti i cittadini europei”.

Ciò di cui ha bisogno l’Europa è che alcuni Paesi del Nord facciano un passo indietro rispetto alle posizioni fin qui assunte, infatti Di Maio nella sua lettera scrive: “ora come mai, l’Europa sta affrontando una sfida cruciale per il suo futuro, una sfida che non ha precedenti nella storia della Ue e che segnerà inevitabilmente il nostro cammino e la nostra comunità e sarà ricordata nei libri di storia“.

Ed è intorno ai tavoli della trattativa che si gioca la partita la cui posta in gioco è il destino stesso dell’Europa. “Le discussioni che stanno avendo luogo ora attorno ai tavoli Ue devono salvaguardare tutto quanto è stato costruito finora” scrive Di Maio “oggi non possiamo più eludere certe domande: che Europa siamo? Dopo più di 60 anni dalla nascita dell’Ue cosa siamo diventati?”.

Nella lettera inviata al Ft, Di Maio cita poi Robert Schuman, parlando della sua dichiarazione del 9 maggio 1950, che arrivava in un momento in cui l’Europa era devastata dalle conseguenze della seconda guerra mondiale. “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto” diceva Schuman, ebbene “dov’è oggi questa solidarietà? Quale valore vogliamo attribuirgli?” domanda Di Maio.

Per Stefano Patuanelli Germania e Olanda devono capire che bisogna “cambiare le regole”

Chiaro e diretto il messaggio del ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, che in un post su Facebook si rivolge ai due Paesi schierati in prima linea tra i rigoristi. “La sfida epocale che stiamo vivendo ci ricorda che l’Europa ha bisogno di fare quel salto culturale che la proietti, concretamente, verso un nuovo paradigma sociale ed economico che metta al centro solidarietà e senso di comunità. L’Italia è pronta a questa sfida”.

Tutti i Paesi europei, anche quelli del nord Europa come Germania e Olanda, devono rendersi conto che bisogna cambiare le regole e fare quel salto culturale”.

Maggioranza unita contro l’uso del Mes, Misiani: “useremo i soldi di Sure e Bei”

Sul tema dell’uso del Mes la maggioranza di Governo appare più coesa che mai, con ulteriore conferma che arriva dal viceministro dell’Economia Antonio Misiani del Pd, cioè della forza politica teoricamente meno contraria all’uso del Fondo salva-Stati.

Si parla di un uso dello strumento senza le condizioni che prevede il suo trattato, se i fondi vengono usati per spese sanitarie, come stabilito dall’accordo raggiunto nell’ultimo incontro dell’Eurogruppo. Ma l’Italia ne farà comunque a meno, come lo stesso Misiano ha sottolineato, prediligendo invece gli altri due strumenti previsti dalla medesima intesa.

“Utilizzeremo il programma per la cassa integrazione europea” cioè il 100 miliardi di euro previsti dal fondo Sure, nonché “i 200 miliardi della Banca Europea degli investimenti” che sono destinati alle aziende, più “le altre possibilità che le istituzioni europee hanno deciso in queste settimane” come ad esempio l’allentamento delle norme che vincolano gli aiuti di Stato, con garanzie fino al 100% come previsto dal decreto Liquidità.

Mes e Pandemic Credit Line solo per spese sanitarie

L’Eurogruppo si è accordato sull’inserimento all’interno del Mes delle nuove Pandemic Credit Line, che si fermano però al 2% del PIL del Paese che ne fa richiesta e sono basate “sulle linee di credito a condizionalità rafforzata Eccl esistenti” come riportato dal comunicato conclusivo.

Il Paese che ne fa richiesta deve soddisfare una sola condizione, che consiste nell’usare quei soldi solo per spese sanitarie, e in ogni caso a crisi alle spalle “i Paesi membri resteranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari”.

All’Italia in questo caso spetterebbero circa 36 miliardi di euro da spendere in sanità senza ulteriori condizioni, oltre ovviamente alla restituzione dell’intera somma. Contrari però non solo i partiti dell’opposizione, quindi Lega e Fratelli d’Italia, da sempre in prima linea contro il Mes così come il Movimento 5 Stelle, ma anche il Partito Democratico.

A mostrare una qualche apertura all’uso del Mes invece il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova, che ha dichiarato: “troverei irresponsabile da parte del Governo rinunciare ai miliardi del Mes da spendere (bene) per gli effetti diretti e indiretti del coronavirus”.

Giorgia Meloni sul Mes “opera di saccheggio iniziata col golpe finanziario del 2011”

Molto preoccupata si mostra in ogni caso la leader di FdI, Giorgia Meloni, che in un post su Facebook scrive: “anche se l’attuale maggioranza volesse, in buona fede, non accedere mai al Mes potrebbe facilmente essere costretta a farlo con semplici operazioni a livello europeo: allentamento del ‘bazooka’ della Bce o inadeguatezza del teorizzato ‘fondo per la ripresa'”.

La Meloni sottolinea poi che la “preoccupazione di molti, non solo nel centrodestra, è che qualcuno in Europa stia gettando le basi per una offensiva alla nostra Nazione, per finire l’opera di saccheggio iniziata con il golpe finanziario del 2011″.

Misiani: “apertura delle attività graduale e correlata al grado di rischio”

Sul tema dell’ormai sempre più vicino avvio della Fase 2 ha detto qualcosa Antonio Misiani, viceministro dell’Economia, ospite di Mattino 5. “È evidente che dovremo convivere con il virus ancora a lungo e la riapertura delle attività dovrà essere graduale e correlata al grado di rischio” ha spiegato il senatore del Pd “prima le attività economiche, sociali e civili con un basso grado di rischio, successivamente le altre, tenendo conto dei dati epidemiologici”.

Quello più interessante ed incoraggiante è il dato che riguarda il numero delle persone ricoverate in terapia intensiva, che Misiani definisce “il dato più significativo” ma anche il più “affidabile” grazie al quale tastiamo con mano che “le misure stanno funzionando e che i sacrifici stanno portando risultati”.

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