Mes e Recovery Fund, ore cruciali per il Governo. Renzi lo sosterrà solo fino alla Manovra, poi si vedrà

Sarà una settimana decisiva per il governo, che si trova ad affrontare ancora una volta il problema dei numeri sempre più risicati, ostacolo che si presenta più o meno ostico da superare quanto più i temi si fanno spinosi. E soprattutto non aiuta il fatto che una parte della maggioranza difende a spada tratta quelle proposte che l’altra parte, il M5s, ha promesso al suo elettorato di contrastare con altrettanto impegno.

Il tema che potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza del Conte bis insomma è ancora una volta il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), che nella giornata di mercoledì potrebbe mettere la maggioranza di fronte al No dei 5 Stelle, o meglio di una parte presumibilmente molto piccola del Movimento.

Il capo politico, Vito Crimi, ha già rassicurato tutti dicendo che “non ci saranno problemi, chi vota no, vota contro una decisione presa dal gruppo M5s”. E sarà anche vero, ma questo non lo rende meno grave, semmai lo rende persino più grave visto che nel programma con cui il movimento fondato da Beppe Grillo si è presentato all’elettorato che gli ha consegnato la vittoria nelle politiche del 2018 si prometteva il contrario.

Italia Viva sosterrà il Governo, ma solo fino alla manovra economica

Nelle prossime ore intanto il Cdm si preoccuperà anche di mettere a punto lo schema del Recovery Plan e la discussa task force, cosa che invece non piace per niente a Italia Viva, da cui ulteriori dubbi sulla tenuta del Governo.

Sempre sul Recovery Plan si registrano le iniziative di Emilia Romagna e Lazio che stando a quanto riportato dall’Ansa, si “accodano ad altre 22 Regioni europee di stampo autonomista per chiedere a Bruxelles, con una lettera ai vertici comunitari, un coinvolgimento diretto nel piano“.

Il vertice serale di ieri sul Recovery Fund tra l’altro non va benissimo, visto che gli esponenti di Italia Viva, Ettore Rosato e Maria Elena Boschi continuano ad attaccare il presidente del Consiglio per il poco coinvolgimento dei ministri.

La questione della task force, per la costituzione della quale il governo deve cercare di accorciare il più possibile i tempi, rischia di far perdere l’appoggio di Italia Viva, che già sta avendo difficoltà a mandar giù la resistenza di Giuseppe Conte al rimpasto, e potrebbe decidere di far pesare i propri voti in Parlamento.

In una intervista rilasciata a Repubblica, Matteo Renzi ha espresso tutto il suo dissenso sulla questione della task force che il premier intende costruire intorno al Recovery Fund. Per il leader della Leopolda poi è inaccettabile che il presidente del Consiglio non consluti adeguatamente le altre forze di maggioranza sul piano da 209 miliardi di euro per il rilancio del Paese.

“Il Recovery è l’ultima occasione che abbiamo per progettare il futuro del nostro Paese” ha confidato Renzi ai giornalisti di Repubblica “penso che la maggioranza debba fare una riflessione serias u cosa fare e su come farlo. A luglio ho chiesto pubblicamente a Conte, in Aula, di avere un dibattito parlamentare su questo tema, anche utilizzando agosto se necessario”.

“Per mesi abbiamo ricevuto solo silenzio e task force” ha spiegato ancora Matteo Renzi “poi all’improvviso, dopo tante dirette Facebook, in una intgervista al diretto di Repubblica, il premier comunica agli Italiani che è tutto già pronto e che ci saranno dei tecnici a gestire il tutto”.

“Del merito non sappiamo niente. Sul metodo siamo contrari” ha detto l’ex premier “questo modo di fare non è solo sprezzante: è sbagliato. Noi siamo contrari a sovrastrutture di centinaia di consulenti che stanno al Recovery Fund come i navigator stanno al reddito di cittadinanza. Il futuro dell’Italia dei prossimi vent’anni non lo scrivono Conte e Casalino nottetempo in uno stanzino di Palazzo Chigi”.

Renzi fatica a mandar giù la linea politica del governo, eppure la sosterrà, ma non per sempre. Ed è egli stesso a dirlo senza giri di parole. “Noi siamo impegnati fino alla Legge di Bilancio per assicurare all’Italia l’approvazione del decreto Ristori e dei denari alle famiglie che non ce la fanno. Sul futuro dipende da Conte: Zingaretti ha chiesto un rilancio dell’azione di governo, noi siamo d’accordo con il segretario del Pd” ha detto l’ex premier.

“C’è da guidare il G20, ci sono da gestire i 200 miliardi del Next Generation, c’è da affrontare la distribuzione dei vaccini. Iniziamo finalmente a fare sul Serio?” ha aggiunto Renzi “Non siamo noi a dover decidere. È Conte a dover fare un salto di qualità come ha promesso a noi e al Pd”.

Quanto al rischio che a fare lo sgambetto al premier possa essere il Movimento 5 Stelle, Renzi sembra piuttosto convinto che si possa escludere. “I grillini hanno troppa paura di andare a votare per far cadere Conte sul Mes” ha spiegato il leder di Italia Viva “dunque fortunatamente i voti ci saranno, sia alla Camera che al Senato. Quella di queste ore è solo melina scenografica”.

Il M5s pronto a completare il voltafaccia

Di ciò che il Movimento 5 Stelle rappresentava fino alle elezioni politiche del 2018 non è rimasto molto, e quel poco che è rimasto sta per essere calpestato proprio in questi giorni, in occasione del voto sulla riforma del Mes.

Ma facciamo prima un piccolo passo indietro, e diamo un rapido sguardo ad uno dei passaggi contenuti nel programma elettorale che gli esponenti del Movimento 5 Stelle si sono impegnati a rispettare qualora si fossero trovati ad avere l’onere di governare il Paese.

“Il Movimento 5 Stelle si opporrà in ogni modo a tutti quei ricatti dei mercati e della finanza travestiti da ‘riforme’ in particolare si impegnerà allo smantellamento del Mes” si legge nel programma elettorale che si trova attualmente depositato al Viminale.

Tuttavia non restano che parole, vergate su carta, ma pur sempre parole, perché all’atto pratico quello che sostiene il Movimento 5 Stelle, specie dalla nascita del governo Conte bis, è un esecutivo europeista al 100%, e ad oltre metà degli elettori grillini qualcosa non torna.

A partire da mercoledì poi la già nutrita schiera degli ex 5 Stelle si ritroverà con le sue fila ben rimpinguate, visto che si consumerà l’ennesimo voltafaccia proprio sulla questione del Mes.

A chiarire ogni dubbio, per chi ne nutrisse ancora, è stato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte proprio in questi giorni, che durante una intervista rilasciata a Repubblica ha candidamente ammesso che il suo governo è europeista e che il M5s sta completando il definitivo passaggio a forza filo-Ue.

E pensare che un tempo potevamo vedere Paola Taverna e lo stesso Beppe Grillo andare in giro a raccogliere firme contro l’Euro. Eppure non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno, insomma chi è che ancora non aveva capito che il M5s ha ampiamente voltato le spalle al suo elettorato?

Sarà infatti proprio questo Movimento 5 Stelle, la forza politica che doveva “smantellare il Mes” a dare il via libera alla riforma del Mes usando la formula del “lo votiamo ma non lo utilizziamo”. Ma quel che è chiaro soprattutto è che nessuno ha intenzione di smantellarlo, non più almeno, ammesso che questa intenzione un tempo ci sia stata per davvero.

In caso di crisi di governo sul Mes, dimissioni e voto anticipato

Con le difficoltà a trovare una linea condivisa sul Mes, la maggioranza rischia di cadere proprio su uno dei temi storicamente più cari al Movimento 5 Stelle. Il reggente Vito Crimi ha assicurato che ciò non accadrà, e che in sostanza i parlamentari 5 Stelle potranno mettere da parte anche questa battaglia così come sono state messe da parte le altre.

Rassicurazioni, come abbiamo visto, sono arrivate anche da parte dell’ex presidente del Consiglio, il fondatore di Italia Viva Matteo Renzi, che senza mezzi termini ha chiarito subito che nessuno dei parlamentari del Movimento 5 Stelle intende perdere la sua poltrona e che pertanto farà in modo che il Governo resti in piedi ancora per un po’.

Ma cosa succederebbe se la maggioranza dovesse andare sotto su un tema di importanza così fondamentale per il futuro del Paese come il Fondo salva Stati? Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha illustrato in poche parole cosa attende l’Italia in caso di crisi di governo.

Se il prossimo 9 dicembre 2020, vale a dire mercoledì, la maggioranza del Parlamento dovesse dire di no all’iter di riforma del Mes, indicando una chiara linea anti-europeista, secondo il Capo dello Stato non resta che sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate.

Le forze politiche che sono favorevoli al Mes, tra le quali in linea molto teorica non dovrebbe esserci il Movimento 5 Stelle, stanno tentando di trovare i consensi necessari per fare in modo che il Governo regga anche questo scossone. La maggioranza al momento oscilla tra i 154 ed i 158 voti, ma ci sono diverse incertezze, a cominciare dalla presenza dei senatori a vita, per non parlare dell’incognita legata al voto espresso dai parlamentari del Gruppo Misto

A cosa serve il Mes?

Abbiamo già visto in altre occasioni che cos’è e a cosa serve il Meccanismo Europeo di Stabilità, altrimenti detto fondo salva Stati, ma in estrema sintesi possiamo dire che si tratta di uno strumento attraverso il quale si mira a garantire una linea di credito ai Paesi che vi aderiscono, a patto che vengano rispettate determinate condizioni e che si segua una certa linea di interventi in campo economico dal momento in cui si accede a detta linea di credito.

La sede del Mes è a Lussemburgo, la massima capacità di prestito del Mes è di 500 miliardi di euro. Per accedere ai fondi previsti il Paese deve farne esplicita richiesta, dopodiché si attua un meccanismo in base al quale è lo stesso Mes ad incaricare la Commissione Europea di accertarsi se la crisi del Paese interessato potrà coinvolgere in una sorta di effetto domino anche gli altri Paesi dell’Ue.

La Commissione avrà quindi il compito di verificare lo stato delle finanze pubbliche del Paese che chiede l’accesso al Mes, e infine stabilirà l’entità del fabbisogno finanziario dello Stato membro interessato ad accedere a tale linea di credito.

Con l’arrivo dell’emergenza Coronavirus il Mes è entrato a far parte di quegli strumenti messi a disposizione dei Paesi membri per ottenere risorse da spendere esclusivamente in ambito sanitario. Per accedere al Mes dunque non occorre più che vengano soddisfatte determinate condizioni, si parla infatti di accesso al Mes senza condizionalità, ma restano i vincoli, una volta avuto accesso ai fondi, per quel che riguarda gli interventi da mettere in campo, che devono essere concordati e approvati da apposite commissioni.

Quali forze politiche sono favrevoli al Mes?

Qual è la situazione in Parlamento per quanto riguarda la riforma del Mes? Prima di tutto è probabilmente il caso di sottolineare che il 9 dicembre non si vota per stabilire se l’Italia intende utilizzare o non utilizzare le risorse del Mes, ma si tratta di dare il via libera ad una riforma del fondo salva Stati.

Un eventuale Sì del Parlamento però indicherebbe chiaramente la strada che porta verso il Mes, gettando le basi per seguire un percorso che un domani permetta all’Italia di usare il Mes, mentre un No non solo allontanerebbe l’Italia dal Mes, ma determinerebbe anche la caduta del Governo che evidentemente risulterebbe minoranza su un tema di importanza fondamentale.

Premesso ciò, ad indicare la strada del Mes troviamo prima di tutto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che dopo aver ribadito più e più volte che il Mes non è lo strumento adatto in questo contesto, ha poi via via assunto una posizione sempre più possibilista, per dichiarare infine nei giorni scorsi: “giuido un governo europeista, saremo protagonisti della riforma del Mes e del Recovery Fund assieme a Berlino e Parigi”.

Una linea, quella del premier, che anche l’ex premier, Matteo Renzi, condivide. Nel suo blog ufficiale il leader di Italia Viva ha scritto infatti: “il Mes serve: basta andare in un ospedale per rendersene conto” come se chi ritiene che l’Italia non debba usare il Mes sia convinto che la sanità italiana non abbia bisogno di risorse insomma.

Renzi poi ribadisce la propria convinzione che il governo non cadrà sul Mes, ma coglie l’occasione per ricordare che qualora ciò dovesse accadere la responsabilità, o magari il merito, sarebbe del Movimento 5 Stelle.

Matteo Renzi insomma è un convinto sostenitore dell’importanza del Mes, il che dovrebbe bastare a porsi qualche domanda. “Se non ci fosse stata l’Europa e ci fossero stati soltanto i leghisti e Fratelli d’Italia, noi oggi avremo il Paese a gambe all’aria” ha detto Renzi in risposta alle critiche al Mes da parte dei partiti di centro destra.

A favore del Mes anche il Partito Democratico, con Nicola Zingaretti che ha indicato il Mes come unica via da percorrere per garantire la stabilità del governo Conte bis. Il segretario dem propone di giocare in attacco e ritornare all’Italia pre-Covid, che è un po’ uno scenario fantascientifico ormai.

Quali forze politiche sono contrarie al Mes?

A promunciarsi in maniera nettamente contraria al Mes sono i partiti di centro destra, compreso Forza Italia anche se con molta meno convinzione, visto che in passato aveva lasciato intendere di essere pronto ad appoggiare la maggioranza di centro sinistra e Movimento 5 Stelle sul tema del Mes.

Contrari quindi sono sia Fratelli d’Italia che la Lega di Matteo Salvini, il quale nel corso di una intervista a Live in Courmayeur ha parlato di “fregatura del Mes”. Il leader leghista ha ricordato che negli articoli del trattato internazionale sono state definite le condizioni in base alle quali i Paesi membri che aderiscono al Mes poi sono tenuti alla restituzione della somma ricevuta.

Il riferimento è all’articolo 136 comma 3 del trattato in cui si citano le “rigorose condizionalità”. Ad aver usato il Mes in passato abbiamo la Grecia, e non è finita benissimo. Firmando il piano di salvataggio europeo il governo di Atene fu poi costretto ad intervenire sulla spesa pubblica con il taglio delle pensioni, il taglio degli stipendi, licenziamenti e via dicendo.

Matteo Salvini poi ha ricordato l’esistenza di 80 miliardi di euro fermi nelle casse dello Stato, per cui “il problema dell’Italia non è la mancanza di soldi, ma la mancanza di idee, di progetti e di unità”.

Contraria al Mes anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che definisce il Mes non Fondo Salva Stati bensì “fondo salva banche” riferendosi in particolare alle banche tedesche.

Ed anche la Meloni ricorda che ricorrere al Mes per un Paese significa dover accettare una serie di vincoli, ma non solo. “Noi quegli stessi soldi li potremmo prendere sul mercato, a tassi negativi, senza avere nessuno che venga a sindacare le politiche che facciamo in casa nostra”.

Prendere in prestito i 36 miliardi che spetterebbero all’Italia attraverso il Mes significherebbe dover accettare il controllo della Comissione fino a che non sarà restituito il 75% del debito contratto.

E tornando a Forza Italia, persino Silvio Berlusconi non ha dato la sua benedizione alla riforma del Mes, nonostante nel centro destra sia chiaramente il partito più europeista. Secondo Berlusconi la modifica del Mes approvata dall’Eurogruppo non solo non è idonea per l’Italia, ma non è nemmeno in linea con la direzione proposta dal Parlamento Europeo.

Le proposte di Beppe Grillo in alternativa al Mes

Vale sicuramente la pena di annoverare tra i contrari al Mes Beppe Grillo, fondatore del Movimento 5 Stelle, quello stesso M5s che strizza l’occhio al Mes da un pezzo a questa parte.

Grillo ha definito il Mes inutile e inadatto in più occasioni, specie in questo particolare momento storico del Paese. Il comico genovese propone due soluzioni alternative che difficilmente diverranno realtà.

La prima è quella di far finalmente pagare l’Imu e l’Ici non versata sui beni immobili alla Chiesa. Grillo ha infatti spiegato che “secondo i dati di Gennaio 2018 la chiesa cattolica è proprietaria di 140 università, 6.228 scuole materne, 1.280 scuole primarie, 1.136 scuole secondarie, 399 nidi d’infanzia, 354 consultori familiari, 1.669 centri di difesa della vita e della famiglia, 111 ospedali di medie dimensioni, 10 grandi ospedali, 1.853 ospedali e case di cura, 136 ambulatori. Tutte queste strutture portano alle casse della Chiesa 620 milioni di euro all’anno dall’Imu non pagata”.

La seconda soluzione è una patrimoniale per i super ricchi, che Grillo spiega così: “un contributo del 2% per i patrimoni che vanno dai 50 milioni di euro al miliardo genererebbe un’entrata per le casse dello Stato poco superiore ai 6 miliardi. Uno del 3% dato dai multimiliardari potrebbe fruttare circa 4 miliardi ulteriori”.

Grazie a queste due proposte, nelle casse dello Stato potrebbero entrare circa 25 miliardi di euro solo negli anni 2021 e 2022.

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