Manovra economica 2020: una sugar tax inefficace che non ridurrà l’obesità infantile

Si tratta di una tassa che esiste già in altri Paesi d’Europa, con nomi diversi e applicata in maniera diversa, e che ora sta per essere introdotta anche in Italia. La sugar tax dovrebbe indurre i produttori a ridurre le quantità di zucchero nelle bevande dolci, e in qualche modo dovrebbe spingere il consumatore a variare le proprie abitudini alimentari.

Le bevande dolci sono reperibili ovunque, dal ristorante al supermercato, dal bar al distributore automatico sotto casa. Ne consegue che se ne fa un consumo molto alto, specie tra i giovani e in particolare tra i bambini. Gli effetti sulla salute però possono essere dannosi, ma quali sono esattamente le conseguenze derivanti da un eccessivo consumo di zucchero?

Quanto zucchero contengono le bevande dolci?

Stando ai dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non si dovrebbe mai superare la dose giornaliera di zucchero calcolata in 25 grammi. Si tratta di circa 5 cucchiaini per l’intero arco della giornata.

Una dose facile da superare visto e considerato che lo zucchero lo si trova un po’ ovunque, dolci, bevande, snack, e naturalmente anche in prodotti caserecci. Per questo motivo rispettare questo limite definito dall’OMS non risulta affatto semplice.

Ma quanto zucchero troviamo nelle varie bevande dolci per le quali viene introdotta la sugar tax in Italia? Una lattina da 33 cl di Fanta contiene 39 grammi di zucchero, basterebbe berne una per aver già abbondantemente superato il limite dei 25 grammi stabilito dall’OMS.

Ma la stessa lattina di Fanta non contiene le stesse quantità di zucchero in tutti i Paesi. In Germania contiene 30 grammi di zucchero, in Francia per esempio ne contiene 21 soltanto, ed in Gran Bretagna si scende addirittura a 15 grammi.

Una lattina di Schweppes tonica contiene invece 29,7 grammi di zucchero sia in Italia che in Germania, mentre ne contiene solo 19,1 in Francia e 13,8 in Gran Bretagna. Diverso il discorso della più venduta delle bevande zuccherate: la Coca Cola, che contiene 35 grammi di zucchero per lattina da 33 cl in qualsiasi parte del mondo.

Si tratta solo di qualche esempio che serve per capire che le stesse bevande possono contenere quantità di zucchero completamente diverse, più che dimezzate in certi casi. Ed è facile notare che i Paesi nei quali le quantità sono ridotte rispetto ad altri vigono delle “sugar tax” strutturate in modi spesso diversi ma comunque efficaci, visto che le percentuali di zucchero nelle bevande risultano drasticamente ridotte.

La ‘sugar tax’ in Francia

In Francia la tassa sulle bevande dolci è stata introdotta dal governo Sarkozy nel 2012. Si chiama Soda Tax e consisteva in un’imposta di 7 centesimi per litro. I produttori non l’hanno presa benissimo, anzi hanno minacciato subito un aumento dei prezzi, che si è poi concretizzato specie sui succhi di frutta, il cui prezzo è salito di 19 centesimi al litro.

La Soda Tax francese è stata poi modificata. L’intento è diventato quello di indurre i produttori a ridurre la quantità di zucchero nella ricetta, più che quello di battere cassa. Così la tassa sullo zucchero francese ha iniziato a funzionare e a portare i suoi frutti.

La nuova versione della Soda Tax viene applicata a partire dal luglio 2018. Funziona così: se la quantità di zucchero contenuta nella bevanda è inferiore ai 10 grammi la tassa è di 3 centesimi al litro, per salire a 3.5 centesimi al litro se la quantità è compresa tra 10 e 20 grammi, e può arrivare fino a 23 centesimi al litro se la quantità raggiunge i 150 grammi.

Il risultato è che bere una lattina di Fanta o di Schweppes in Francia significa immettere nell’organismo la metà degli zuccheri che si immettono bevendo la stessa lattina in Italia.

La ‘sugar tax’ in Gran Bretagna

In Gran Bretagna la ‘sugar tax’ è stata introdotta da poco. Era il 6 aprile 2018 quando David Cameron introdusse la Soft Drinks Industry Levy, una tassa che consisteva in una maggiorazione del prezzo di 20 centesimi al litro per bevande contenenti tra i 50 e gli 80 grammi di zucchero, oppure una maggiorazione di 27 centesimi per quelle contenenti più di 80 grammi per litro.

Lo scopo della tassa sulle bevande dolci in Gran Bretagna era quello di indurre i produttori a ridurre la percentuale di zucchero nelle bevande. Uno scopo ampiamente raggiunto, visto che la Fanta e la Schweppes hanno deciso di abbassare gli zuccheri sotto i 50 grammi per litro, entrando in questo modo nella no tax area.

Complessivamente nel Regno Unito, in seguito all’introduzione della ‘sugar tax’, il 50% dei produttori ha ridotto il contenuto di zuccheri nelle bevande per una quantità annua di crica 45 mila tonnellate.

La Sugar Tax in Italia

Sono 39 in tutto il mondo i Paesi che hanno introdotto nel proprio ordinamento una ‘sugar tax’, e tra questi si va ad inserire anche l’Italia con la Legge di Bilancio 2020. Ma come funzionerà la nostra tassa sugli zuccheri?

In Italia la Sugar Tax prevede un’imposta di 10 centesimi al litro per un contenuto di zucchero superiore ai 25 grammi, il che vuol dire che sulla classica lattina di Fanta da 33 cl sarà di circa 3 centesimi. Finiscono quindi nel calderone quasi tutte le bevande dolci, visto che la soglia di 25 grammi per litro viene superata quasi da tutte quelle in commercio nel nostro Paese, a fronte di un aumento di prezzo che sarà troppo basso per poter incidere sulle scelte del produttore di abbassare (drasticamente) le dosi di zucchero.

In altre parole la Sugar Tax in Italia non produrrà gli effetti sperati sulle abitudini dei cittadini e non indurrà i produttori a modificare le proprie ricette abbassando le dosi di zucchero. Grazie alla Sugar Tax lo Stato riuscirà solo a fare cassa, intascando circa 233 milioni di euro l’anno.

Secondo l’OMS al massimo potrebber comportare una riduzione, peraltro minima, dei consumi. “Le politiche fiscali che comportano un aumento di almeno il 20% del prezzo al dettaglio delle bevande zuccherate porterebbero a riduzioni proporzionali del consumo di tali prodotti” spiegano dall’Oms, ed ecco perché la Sugar Tax italiana non produrrà tale risultato.

Lo zucchero un rischio per la salute

Il Fatto Alimentare ha proposto una petizione per chiedere l’adozione della sugar tax sulle bevande dolci, petizione che è stata sottoscritta da importanti persnalità del mondo scientifico (medici, nutrizionisti, biologi) e non, tra cui il direttore del Dipartimento di Nutrizione e Salute dell’Oms, Francesco Branca, l’ex presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, Walter Ricciardi, e il direttore dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, Giuseppe Remuzzi.

Lelio Morricone, di Nutrizione Clinica e Prevenzione ha spiegato che “è fondamentale che i soldi incassati con la sugar tax vengano utilizzati poi in campagne di educazione alimentare“. Ma in Italia si teme più che altro per le eventuali ripercussioni sull’intero indotto, a cominciare dalle conseguenze negative per il fatturato delle numerose aziende legate al marchio Coca Cola.

In Italia è la Coca Cola a imbottigliare gran parte delle bevande dolci, come Fanta e Sprite, per un mercato che vale circa 813 milioni di euro l’anno, e dà lavoro ad oltre 26 mila persone.

E non sono mancati gli avvertimenti. “Coca Cola è molto più italiana di quanto non si creda” avvertono con un annuncio sul sito, ricordando che la società “ogni anno genera un impatto importante sull’economia del Paese, dove le bevande del marchio The Coca-Cola Company vengono prodottoe ogni giorno in 5 stabilimenti, dal Veneto alla Sicilia grazie ai nostri partner imbottigliatori. Coca-Cola HBC Italia e Sibeg”.

Però negli altri Paesi d’Europa nei quali è stata introdotta una tassa simile, come Gran Bretagna e Francia, non sono state riscontrate gravi ripercussioni per i produttori, e non risulta che alcuno di essi abbia ridotto il business o peggio chiuso bottega, eppure dalla Coca Cola avvertono: “bloccheremo gli investimenti”.

Sugar Tax e obesità infantile

In Italia però la priorità in questo momento dovrebbe essere un’altra, dati alla mano. In Italia risulta obeso circa il 10% dei ragazzi di età compresa tra i 10 e i 19 anni, una percentuale che sale al 20,5% per i bambini tra i 5 e i 9 anni e al 14,6% per le bambine nella stessa fascia di età.

Dati preoccupanti specie se si tiene conto del fatto che un bambino obeso, quasi certamente, svilupperà delle patologie di vario genere in età adulta. In Italia il diabete sta letteralmente esplodendo, e ci si aspetta che nei prossimi anni ci sia un’ulteriore impennata.

La diffusione del diabete è quasi raddoppiata negli ultimi 30 anni. Si pensi che nel 1980 interessava circa il 2,9% della popolazione, mentre oggi è al 5,3%. La percentuale sale poi al 16,5% per le persone che hanno più di 65 anni.

Quando è stata introdotta la ‘sugar tax’ in Francia e in Gran Bretagna l’obesità infantile era intorno al 10%, eppure il dato è stato ritenuto allarmante e si è provveduto ad introdurre una imposta che ha prodotto degli effetti concreti sulla riduzione della quantità di zucchero nelle bevande, mentre in Italia lo Stato potrà servirsene solo per far quadrare i conti.

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