La riforma del fisco di cui si parla ormai da mesi e mesi potrebbe finalmente vedere la luce con il governo guidato da Mario Draghi, ma quali saranno gli interventi che andranno a modificare finalmente il nostro ordinamento nell’ottica della semplificazione e della digitalizzazione?

Per quanto riguarda l’idea di riforma del fisco che l’ex presidente della BCE si appresta a proporre insieme alla sua squadra di governo, possiamo dire che sarà a tutto tondo, infatti riguarderà molti aspetti, dall’Imu all’Irpef.

Stando a quanto riferisce la maggior parte dei media, la riforma del fisco di Mario Draghi sarà orientata verso la crescita, una riforma che talvolta viene definita come una vera e propria rivoluzione che prevede però un avvio piuttosto in salita ma indispensabile per mettere in campo quelle riforme che, ancora una volta, ci chiede l’Europa.

I nodi più intricati da sciogliere sono quello delle tasse, quello dell’Irpef e la questione Imu. Il nuovo presidente del Consiglio ha spiegato a proposito della tanto attesa riforma del fisco che “non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta, ma serve un intervento complessivo che scoraggi i gruppi di pressione nello spingere il Governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli”.

Ma in poche parole su quali interventi si concentrerà la riforma del fisco di Mario Draghi? Per il momento non è possibile avere tutte le risposte, ma alcune cose sembrano essere piuttosto chiare già da ora, come ad esempio il fatto che la Flat Tax fortemente voluta dalla Lega non rientra nei piani dell’attuale esecutivo.

La riforma del fisco di Mario Draghi

Quella del fisco è una delle riforme più delicate che il Paese si trova ad affrontare, una riforma che è stata più e più volte rinviata ma che sembra essere giunta finalmente sul tavolo del governo.

Mario Draghi ha già fatto sapere che nell’ambito della riforma del fisco sarà necessario andare a toccare l’Irpef, l’Imu ed i vari sconti fiscali, ma non sappiamo ad esempio se verrà presa in considerazione la possibilità di introdurre una tassa patrimoniale.

A proposito della riforma del fisco Mario Draghi ha dichiarato: “negli anni recenti i nostri tentativi di riformare il Paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza”.

“Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il Governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli” ha spiegato ancora Mario Draghi.

“Inoltre, le esperienza di altri Paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta” ha detto ancora il nuovo premier, che ha poi proseguito esemplificando il discorso a dimostrare quanto l’esecutivo da lui guidato sia il più qualificato ad intervenire in tal senso.

Quali sono i punti cardine della riforma del fisco di Mario Draghi?

Come accennato poco fa, la riforma del fisco di Mario Draghi dovrebbe essere piuttosto estesa fino a coinvolgere l’Imu e le altre tasse sulla proprietà, nonché l’Irpef, e dovrebbe essere sbilanciata verso una spinta per la crescita del Paese.

La crescita come obiettivo del nuovo esecutivo, secondo Nicola Rossi, economista e professore ordinario di economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.

Il professor Rossi, nel corso di una intervista rilasciata all’Agi ha infatti spiegato a tal proposito che “la soluzione per la revisione dell’Irpef implica che si debba riconsiderare per esempio anche il trattamento fiscale di basi imponibili corrispondenti ad altri redditi: i redditi derivanti da proprietà immobiliari, da proprietà finanziarie, i redditi da lavoro autonomo che oggi sono stati portati fuori dall’Irpef”.

Il docente ha poi spiegato quindi che “le modalità con cui si vuole intervenire sull’Irpef implicano una riflessione sulle cosiddette spese fiscali, e su quello che oggi è il peso relativo che viene dato alle imposte indirette rispetto alle imposte dirette. Penso che Draghi intenda che la riflessione deve essere sull’intero assetto del sistema fiscale e non solo sull’Irpef”.

Non è da escludere che il governo Draghi decida alla fine di andare verso una riforma ispirata al modello tedesco, ed in questo caso sarebbe necessario, secondo il professor Nicola Rossi, rivedere completamente la base imponibile dell’Irpef.

Per il docente di Economia politica dell’Università Tor Vergata di Roma ha espresso un parere tutto sommato positivo riguardo la direzione che il governo Draghi sembra in procinto di scegliere, che in questo momento rappresenterebbe un cambio di passo rispetto al passato o quantomeno rispetto agli ultimi 20 anni nei quali delle vere e proprie riforme del fisco non ci sono state. 

Rossi indica quindi due presupposti fondamentali per affrontare la questione della riforma del fisco. “L’intero sistema fiscale deve essere orientato alla crescita, e il presidente del Consiglio lo ha sottolineato, perché il problema principale che abbiamo davanti a noi è innalzare significativamente il tasso di crescita potenziale dei prossimi 10-15 anni. Secondo, qualunque intervento si faccia deve essere coerente a livello di intero sistema fiscale“.

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