Una tassa patrimoniale sugli immobili gli Italiani la pagano ogni anno per circa 11 miliardi di euro

Specie nei primi mesi dopo l’arrivo del Covid-19 in Italia, quindi il primo lockdown e la conseguente crisi economica, si è parlato molto della possibilità che il governo decidesse di introdurre una tassa patrimoniale per rimettere a posto i conti pubblici. Alla fine i timori si sono rivelati, almeno per il momento, infondati, ma a pensarci bene una vera e propria patrimoniale i contribuenti la versano comunque ogni anno.

È l’unica conclusione cui si può giungere dopo aver dato un’occhiata ai dati emersi dall’analisi svolta dal Centro Studi di Unimpresa. Una tassa patrimoniale che permette allo Stato di incassare annualmente qualcosa come 11 miliardi di euro tra tassa di registro sulle compravendite, Imu, imposte ipotecarie e successioni. Ma vediamo i numeri più nel dettaglio.

Tra Imu, tasse di registro, imposte ipotecarie e successioni spesi 11 miliardi di euro l’anno

L’analisi svolta dal Centro Studi di Unimpresa ha svelato che i cittadini italiani di fatto pagano una tassa patrimoniale annuale per un importo complessivo che si aggira intorno agli 11 miliardi di euro.

Ogni anno infatti vengono versati circa 4,8 miliardi di euro di tassa di registro sulle compravendite, ai quali si aggiungono circa 3,8 miliardi di euro di Imu, 1,6 miliardi di euro di imposte ipotecarie e 800 milioni di tasse di successione.

I lavoratori sono i contribuenti che sostengono il più gravoso peso fiscale in Italia. Infatti è emerso come metà del gettito tributario italiano sia proprio sulle spalle di questa categoria essendo legata all’Irpef. Dall’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche nelle casse dello Stato entrano circa 209 miliardi di euro, che rappresentano ben il 42% dell’incasso totale annuale dell’erario (491 miliardi di euro).

Dalle aziende invece arrivano complessivamente 56,3 miliardi di euro, pari all’11% del gettito fiscale complessivo, tra i 32 miliardi di Ires e i 23 miliardi di Irap.

Il Centro Studi Unimpresa però ci ha fornito anche altri dati, come quello relativo al gettito fiscale che arriva dall’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), pari a 137 miliardi di euro l’anno, cioè il 28% circa del gettito complessivo.

Poi ci sono le accise su prodotti come tabacchi, benzina, alcol e gas, che insieme garantiscono entrate nelle casse dello Stato per oltre 39 miliardi di euro, pari all’8% circa del gettito fiscale annuale. Una fetta consistente delle entrate arriva poi dalla cosiddetta tassa sulla “speranza” che poi è l’incasso sui giochi a premi, che rappresenta il 3% del gettito fiscale con i suoi 14,3 miliardi di euro l’anno.

Il Consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Salustri, ha commentato i dati emersi dallo studio spiegando che “il nostro sistema fiscale è assai squilibrato e, comunque, eccessivamente gravoso per i contribuenti. Di tutto questo dovrà tener conto il governo, se vorrà davvero creare un fisco più equo e in linea con i migliori standard internazionali, quando a breve dovrebbe aprire il cantiere della riforma tributaria”.

“Una riforma che dovrà seguire due direttrici: anzitutto la creazione di un prelievo fiscale volto a favorire investimenti delle imprese e ripresa dell’occupazione, mentre il secondo obiettivo deve essere la semplificazione, con meno norme e regole chiare per tutti i contribuenti” ha aggiunto Salustri.

Quali sono le tasse che assicurano il gettito maggiore? Ecco la classifica

Il rapporto del Centro Studi di Unimpresa parte dall’analisi dei dati della Corte dei Conti e del Ministero dell’Economia e delle Finanze dai quali emerge che il gettito tributario complessivo ammonta (dati relativi al 2020) a circa 491,5 miliardi di euro e che poco meno di metà di questo incasso arriva dall’Irpef (208,9 miliardi per il 42,5% del totale). 17,3 miliardi dei quasi 209 di Irpef provengono dalle addizionali regionali e comunali.

Dopo l’Irpef il maggior gettito nelle casse dello Stato è prodotto dall’IVA che assicura altri 136,9 dei 491,5 miliardi complessivi, coprendo una fetta del 27,9% di tutto il gettito fiscale.

L’Ires si aggiudica il terzo posto della classifica delle tasse più esose che si pagano in Italia arrivando ad assicurare all’erario importi per circa 32,7 miliardi di euro l’anno pari al 6,7% del totale.

Seguono le accise su benzina e altri prodotti petroliferi che valgono 25,4 miliardi di euro cioè il 5,2% del totale. L’Irap si piazza subito dopo con i suoi 23,6 miliardi di euro pari al 4,8% del totale.

Siamo invece intorno ai 10,6 miliardi di euro per quanto riguarda le accise sui tabacchi (2,2%), mentre si scende ancora un po’ con l’ISOS (Imposta sostitutiva sui redditi da capitale) che produce un gettito annuale di 8,3 miliardi di euro circa (1,7%) mentre i proventi del Lotto si aggirano intorno ai 7,7 miliardi (1,6%).

7,1 miliardi di euro arrivano dai tributi legati alle assicurazioni (1,4%) mentre dai giochi a premi e dalle scommesse provengono altri 6,6 miliardi che corrispondono all’1,3% circa del totale, lo stesso gettito garantito anche dall’imposta di bollo.

L’1% del gettito totale dello Stato italiano arriva invece dall’imposta di registro pari a 4,8 miliardi di euro l’anno, ed eccoci quindi all’IMU coi suoi 3,8 miliardi di euro (0,8%).

Abbiamo poi le accise sul gas naturale con i suoi 2,7 miliardi (0,5%), quindi il canone RAI (1,9 miliardi pari allo 0,4%), le imposte ipotecarie (1,6 miliardi pari allo 0,3%), le imposte sulle plusvalenze finanziarie (900 milioni di euro pari allo 0,2%), l’imposta sulle successioni (800 milioni di euro pari allo 0,2%), e le accise sui prodotti alcolici (600 milioni di euro pari a circa lo 0,1%).

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