Riforma pensioni, tra le opzioni al vaglio del governo Draghi anche la pensione a 56 anni

Non resta molto tempo per trovare valide alternative alla misura sperimentale di Quota 100 che verrà definitivamente messa in soffitta con l’arrivo del nuovo anno. Per questo resta tempo solo fino al 31 dicembre per preparare la riforma delle pensioni ed introdurre soluzioni che permettano alternative più allettanti del pensionamento a 67 anni previsto dalla legge Fornero.

All’orizzonte continua ad esserci infatti quello ‘scalone’ che per tutti coloro che non hanno maturato i requisiti per il pensionamento con Quota 100 per una manciata di settimane o giorni, significa andare in pensione 5 anni dopo. Tuttavia tra le opzioni al vaglio dell’esecutivo guidato da Mario Draghi ve ne sono alcune che potrebbero ridurre notevolmente il gap.

Pensione con Quota 41 per tutti ma il governo non ci sta

Per procedere con la riforma pensioni il governo ha chiesto ai sindacati di esporre nel dettaglio le loro proposte. Dall’ultimo incontro che si era tenuto il 27 luglio è trascorso oltre un mese, ma la situazione non si è sbloccata e per il momento ci sono diverse alternative a Quota 100 ancora in gioco.

I sindacati hanno proposto una sorta di Quota 41 estesa a tutti, mentre attualmente il pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica è riservato ad un ristrettissimo numero di lavoratori in possesso di alcuni requisiti specifici.

Una soluzione che però non sembra nelle corde dell’esecutivo giudato dall’ex presidente della BCE che la considera troppo costosa e quindi fuori portata per lo Stato italiano.

Esclusa questa opzione il governo sembra muoversi verso un potenziamento delle altre misure oggi in vigore con una estensione delle platee dei beneficiari che potrebbe essere più o meno marcata, ma per tutti gli altri resterebbe solo l’opzione del pensionamento a 67 anni o 66 per le donne.

Le diverse forme di pensione anticipata quindi potrebbero essere estese ad un maggior numero di lavoratori, ma il governo appare assolutamente contrario a creare una qualche sorta di nuova misura sperimentale sulla falsariga di Quota 100.

In pensione tra i 56 e i 63 anni di età

In questi giorni sono giunte diverse indiscrezioni e conferme per quel che riguarda la riforma delle pensioni cui sta lavorando il governo Draghi, con diverse misure per il pensionamento anticipato già rinnovate per il 2022.

Da una parte abbiamo ad esempio la conferma della possibilità per molti lavoratori di andare in pensione a 56 anni di età, ma dall’altra sappiamo anche che non avremo un vero e proprio modello sostitutivo di Quota 100, il che significa che per la maggior parte dei lavoratori l’unica opzione disponibile sarà il pensionamento con la legge Fornero, perché Quota 41 varrà solo per determinate categorie di lavoratori.

La pensione anticipata a 56 anni sarà un’opzione valida per tutti coloro che usufruiscono della Legge 104, quindi una platea piuttosto ristretta. Si sale poi a 57 anni di età nel caso di pensionamento con la RITA, la cui platea di beneficiari sarà formata da chi svolge attività di caregiver.

Un’altra misura che è già attiva e che sappiamo essere prorogata anche per il 2022 è Quota 41, che interessa i lavoratori precoci i quali possono ritirarsi dall’attività lavorativa al raggiungimento dei 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Nello specifico in realtà si tratta di 41 anni e 10 mesi per le donne che diventano 42 anni e 10 mesi per gli uomini.

Tra le opzioni valide anche nel 2022 non dimentichiamo gli scivoli aziendali che permettono di andare in pensione a partire dai 60 anni con la isopensione e a partire da 62 anni con il contratto di espansione.

Le misure su cui potranno riporre le speranze alcuni dei lavoratori che hanno perso l’opportunità di andare in pensione con Quota 100 sono Opzione Donna e l’Ape Sociale che non solo saranno rinnovate anche per il 2022, ma soprattutto dovrebbero essere estese ad una platea più ampia di beneficiari.

Opzione Donna dovrebbe diventare una misura permanente grazie alla quale le lavoratrici potrebbero andare in pensione a 58 o 59 anni, mentre Ape Sociale dovrebbe essere estesa in modo deciso fino ad inglobare tra i beneficiari un numero di lavoratori molto più ampio che potrebbero andare quindi in pensione a 63 anni di età.

Come andare in pensione a 56 anni o a 57 anni

Sarà possibile andare in pensione a 56 anni per tutti coloro che usufruiscono della Legge 104, opzione che è stata rinnovata per il 2022. Rinnovo per il nuovo anno anche per la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA) che permette di andare in pensione invece al raggiungimento del requisito anagrafico dei 57 anni.

La normativa che definisce i confini del pensionamento con la RITA è contenuta nei commi 168 e 169 dell’articolo 1 della Legge 205/2017. Ed è qui che viene specificato che possono andare in pensione con la RITA quei lavoratori che hanno versato un minimo di 5 anni di previdenza complementare e che dopo essere rimasti senza laovro hanno vissuto almeno 24 mesi di periodo di inoccupazione.

La possibilità di accedere al pensionamento con la RITA vale comunque anche per i lavoratori con un periodo di inattività inferiore ai due anni, ma devono risultare in possesso di alcuni requisiti aggiuntivi.

I lavoratori che non sono rimasti in stato di inoccupazione per almeno 2 anni oltre ai 5 anni di previdenza complementare devono infatti aver accumulato 20 anni di contributi ed è necessario che nell’arco di 5 anni raggiungano l’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni. In altre parole in questo caso non si tratterebbe di andare in pensione a 57 anni ma a 62.

Non dimentichiamo comunque che chi va in pensione con la RITA gode anche di alcuni vantaggi sull’assegno pensionistico rispetto alle altre forme di pensione anticipata che, come sappiamo, presentano in genere un alleggerimento dell’importo mensile erogato. 

Quota 41 per tutti? Non proprio

Sarebbe questa la proposta dei sindacati che chiedono di permettere a chiunque abbia raggiunto i 41 anni di contributi versati (42 per gli uomini) di uscire dal mondo del lavoro. Una soluzione però che il governo non ha intenzione di estendere a tutti, il che significa che non ci sarà una sorta di Quota 41 al posto di Quota 100.

L’esecutivo sta invece valutando di inserire una agevolazione per i caregiver che permetterebbe loro di andare in pensione al raggiungimento dei 57 anni di età. Quota 41 però resterebbe solo per i lavoratori precoci, cioè coloro che possono vantare almeno un anno di contributi versati prima del compimento dei 19 anni.

In conclusione Quota 41 continuerà ad essere un’opzione valida per il pensionamento anticipato anche per il 2022, ma non sarà estesa. Resterà riservata ai lavoratori precoci e preclusa a tutti gli altri.

Come andare in pensione a 60 anni grazie agli scivoli aziendali

I lavoratori del settore privato avranno la possibilità di scegliere, anche per il 2022, tra due opzioni per andare in pensione in anticipo grazie ai cosiddetti scivoli aziendali.

Una delle due opzioni è la isopensione, che permette di lasciare il mondo del lavoro a 60 anni usufruendo di uno scivolo aziendale di massimo 7 anni. Si tratta di una opzione che può essere utilizzata dai lavoratori occupati in aziende con oltre 15 dipendenti.

Nel caso dei lavoratori di aziende che superano i 100 dipendenti invece esiste la possibilità di usufruire del contratto di espansione, una misura ampliata dal decreto Sostegni bis con la quale viene data la possibilità al lavoratore di usare uno scivolo pensionistico di massimo 5 anni ed andare in pensione quindi a 62 anni.

In tutti i casi quando si parla di scivoli pensionistici si parte dal presupposto che il datore di lavoro è disposto ad accollarsi il totale o una parte dei costi. È necessario da parte sua quindi un accordo con l’INPS, dopodiché provvederà ad informare i dipendenti della disponibilità di questa opzione per il pensionamento anticipato.

Opzione donna: come andare in pensione a 58 o 59 anni

Nei piani del governo Draghi Opzione Donna è una delle misure per il pensionamento anticipato che dovrebbero subire più modifiche. Sappiamo che sarà prorogata per tutto il 2022, ma potrebbe anche diventare una opzione disponibile indefinitamente.

Opzione Donna non è particolarmente vantaggiosa come uscita anticipata dal mondo del lavoro sotto l’aspetto dell’import dell’assegno pensionistico, ma offre la possibilità di andare in pensione con soli 35 anni di contributi a partire dai 58 anni di età se si tratta di lavoro dipendente, e a 59 anni se si tratta di lavori autonomi.

Va da sé che possono usufruire di Opzione Donna solo le lavoratrici, le quali tra l’altro potrebbero in futuro beneficiare di una Quota Mamma che dovrebbe permettere il riconoscimento di un bonus contributivo attraverso il quale si può andare in pensione con un anno di anticipo per ogni figlio.

Ora come ora Opzione Donna è una misura a rinnovo annuale, ma sono già diversi anni che viene puntualmente confermata, e non è da escludere che a partire dal 2022 sia inclusa nel sistema pensionistico in modo permanente.

Ape Sociale estesa ad una platea più ampia

L’altra misura che dovrebbe subire delle modifiche a partire dal 2022 è l’Ape sociale, cioè l’anticipo pensionistico che i lavoratori possono richiedere a partire dai 63 anni di età se si trovano in determinate condizioni.

Abbiamo in questo caso un requisito anagrafico fisso che è appunto quello dei 63 anni, e poi abbiamo un requisito contributivo variabile che nel caso di lavori gravosi è di 36 anni di contributi versati, mentre per gli inoccupati e per chi deve assistere un parente disabile servono solo 30 anni.

Chi esce dal mondo del lavoro sfruttando l’Ape Sociale può ricevere l’importo integrale dell’assegno pensionistico entro il massimo di 1.500 euro che viene calcolato al momento dell’uscita con questa opzione.

Per le donne esiste in questo caso la possibilità di ottenere un bonus contributivo di un anno o due se hanno figli.

Quanto alle modifiche in arrivo che riguardano l’Ape Sociale prima di tutto c’è la prospettiva dell’ampliamento dell’elenco dei lavori gravosi, con l’inclusione di ulteriori tipologie di impiego all’interno di questa lista, e ciò dovrebbe comportare una considerevole estensione della platea dei beneficiari.

A poter uscire dal lavoro con questa opzione dovrebbero inoltre essere ammessi a partire dal 2022 anche i lavori usuranti che invece attualmente risultano esclusi. Per questa tipologia di lavori esistono infatti delle opzioni per il pensionamento anticipato specificamente ad essa indirizzate che sono Quota 98,6 e Quota 97,6.

Infine l’opzione Ape Sociale dovrebbe comprendere a partire dal 2022 anche un nuovo bonus contributivo, vale a dire uno sconto sul requisito contributivo di un anno per ogni dieci anni consecutivi di attività lavorativa svolta.

Riforma pensioni: quanto costa sotituire Quota 100 con Quota 41

Abbiamo accennato al fatto che i sindacati stanno spingendo per ottenere l’estensione di Quota 41 a tutti i lavoratori in modo tale da sostituire di fatto la misura sperimentale Quota 100 in scadenza a fine 2021.

La Corte dei Conti ha indicato però al Governo una direzione molto chiara, che è quella di contenere i costi. Lo stesso suggerimento sarebbe arrivato anche dall’Inps, che non ritiene opportuno attivare misure pensionistiche costose come Quota 100 che costerebbe 3,5 miliardi di euro l’anno, ma i sindacati spingono nella direzione opposta.

Per i sindacati infatti sarebbe auspicabile trovare un sistema per il pensionamento anticipato in grado di sostituire interamente Quota 100, e se si estendesse Quota 41 a tutti i lavoratori rendendola una misura meno selettiva avremmo già una soluzione al problema del noto ‘scalone’.

Parliamo quindi di una Quota 41 allargata, cioè della possibilità per tutti i lavoratori del settore pubblico e di quello privato, di andare in pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi versati, indipendentemente dall’età anagrafica.

Ma quanto costerebbe optare per questa soluzione? Considerato che nella proposta dei sindacati non è prevista nemmeno la riduzione dell’assegno penionistico, per il solo anno di attivazione Quota 41 costerebbe intorno ai 4,7 miliardi di euro. E su questo punto il governo di Mario Draghi è stato molto chiaro: la proposta di Quota 41 per tutti avanzata dei sindacati è fuori portata per via dei costi elevati.

Quali potrebbero essere le alternative a Quota 100

A cercar di trovare un punto d’incontro tra la posizione dei sindacati e quella dell’esecutivo ci ha provato l’INPS che nel XX rapporto annuale ha approfondito il problema della scadenza di Quota 100 e quindi la necessità di trovare un’altrnativa più economica per permettere un’uscita anticipata dal mondo del lavoro per tutti i lavoratori.

È così che si è iniziato a parlare della pensione a doppia quota, che ha come primo vantaggio quello di costare molto poco: meno di 500 milioni di euro. Per i lavoratori è sicuramente un’alternativa interessante perché consente un’uscita anticipata dal lavoro, invece che a 67 anni si potrebbe in questo caso andare in pensione a 63, ma quanto agli importi riconosciuti non è altrettanto allettante.

Con la pensione a doppia quota i lavoratori che escono dal lavoro a 63 anni ricevono per 4 anni, quindi fino ai 67 della pensione di vecchiaia, solo un anticipo dell’assegno pensionistico, che corrisponde alla sola parte contributiva. Per ricevere l’intero assegno comprensivo della quota retributiva dovrebbero aspettare appunto i 67 anni.

L’altra possibilità presentata dall’Inps è la nuova Quota 100, una versione economica dell’attuale misura in scadenza. Il costo sarebbe di circa 1,2 miliardi di euro, e in questo caso i lavoratori avrebbero la possibilità di andare in pensione a partire dai 64 anni con 36 di contributi invece dei 62+38 previsti dal sistema attualmente in vigore.

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