Non ci sarà nessuna proroga del Superbonus 110%, arriva l’ennesima conferma da fonti dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, e sembra proprio che imprese e contribuenti pronti a sfruttare l’agevolazione se ne debbano proprio fare una ragione.
La misura che avrebbe dovuto rappresentare un forte incentivo per risollevare il settore dell’edilizia da una parte, e uno stimolo per la transazione green dall’altra attraverso l’efficientamento energetico degli edifici, era stata introdotta dal governo di Giuseppe Conte con il decreto Rilancio del 19 maggio 2020-
Le risorse complessivamente stanziate per la misura per il periodo 2022 – 2023 però sono finiti con largo anticipo sulle previsioni, e dal governo fanno sapere che il Superbonus 110% finisce qui.
Nessuna proroga per il Superbonus 110%, il motivo
In questi giorni il ministero dell’Economia e delle Finanze non ha mostrato alcuna apertura, nell’ambito del dibattito con le forze che sostengono la maggioranza, alla possibilità di una proroga del superbonus 110%. La risposta dell’esecutivo quindi sembra essere ancora una volta no alla proroga dell’agevolazione, e nessuna ulteriore modifica al bonus.
Nel corso del colloquio che si è svolto presso la sede del ministero, al quale hanno preso parte il presidente della Cna, Dario Costantini e il segretario generale Silvio Silvestrini hanno parlato direttamente con il titolare del dicastero, Daniele Franco, delle opzioni sul tavolo per quel che riguarda il Superbonus 110%.
Costantini e Silvestrini hanno sottolineato “le preoccupanti difficoltà per decine di migliaia di imprese della filiera delle costruzioni che non riescono a cedere i crediti d’imposta legati al bonus per riqualificazione degli immobili a causa del congelamento del mercato”.
L’ingranaggio su cui era strutturato il superbonus effettivamente non ha mai funzionato a dovere, ed ora sembra che di fronte all’ennesimo inceppo si sia deciso di non rimettere più in moto il meccanismo.
Meccanismo che, peraltro, si è rivelato estremamente costoso senza produrre se non in minima parte i risultati sperati. Doveva essere uno strumento chiave per rilanciare il settore dell’edilizia, ma alla fine è diventato un costosissimo sistema capace solo di ‘drogare’ il mercato senza garantire risultati apprezzabili.
Le risorse che erano state stanziate per il periodo 2022 – 2023, pari a 33,8 miliardi di euro, sono state interamente esaurite ampiamente prima del tempo, e questo ha causato lo stop al superbonus che ha messo in crisi centinaia di imprese italiane.
Ma come è stato possibile? Diciamo prima di tutto che il governo aveva tentato di correre ai ripari, prevedendo nell’ultimo periodo fino a 4 livelli di verifica che avrebbero dovuto fare da filtro di fronte all’enorme quantità di richieste di accesso all’agevolazione. I risultati però sono stati ben al di sotto delle aspettative.
Stop superbonus 110% cosa non ha funzionato
L’Osservatorio 110% ha fornito i dati che riguardano le richieste di accesso al Superbonus, ed è emerso che la maggior parte di esse sono arrivate dalle Regioni del Nord, in particolar modo dai centri urbani, con le periferie che sono rimaste per buona parte tagliate fuori dall’egevolazione.
E erano soprattutto le periferie delle Regioni del Centro e del Sud quelle che avrebbero avuto maggiormente bisogno di sfruttare il superbonus. Quel che è successo invece è che l’agevolazione ha creato il terreno fertile per la nascita di imprese edili spesso improvvisate e inaffidabili, per non parlare di quelle solo fittizie create col solo intento di mettere le mani sulle risorse stanziate per il Superbonus 110%.
Siamo arrivati così a gennaio 2022 alla modifica del plafond di cessione del credito e quindi all’interruzione dei lavori. Pochi mesi dopo è arrivato l’annuncio che il superbonus non sarà rinnovato e si decreta in questo modo l’insuccesso definitivo di una misura che ha contribuito ad una anomala impennata dei prezzi nel campo dell’edilizia.
Il settore, che era già in crisi prima dell’introduzione del bonus, di fatto non ha tratto grandi benefici da questa misura, e questo per via della situazione di costante incertezza e di caos che ha coinvolto alla fine anche i soggetti privati che si sono trovati ad affidarsi per gli interventi di ristrutturazione ammessi all’agevolazione, a quei “soggetti improvvisati” di cui sopra.
Col Superbonus 110% “costi ristrutturazione più che triplicati”
Il Superbonus 110% è stato inizialmente introdotto dal governo di Giuseppe Conte sostenuto da Movimento 5 Stelle e forze di centrosinistra, ma all’ex presidente della Bce non era mai piaciuto granché.
A maggio, dopo che mesi prima erano emerse truffe ai danni dello stato per milioni di euro proprio nell’ambito dell’accesso al Superbonus 110%, il presidente del Consiglio ha fatto il punto della situazione. “Il nostro governo è nato come governo ecologico, che fa del clima e della transizione digitale i suoi pilastri più importanti” ha infatti dichiarato in quell’occasione Mario Draghi “il ministro dell’Ambiente è stato straordinario, ha fatto provvedimenti straordinari. Ma possiamo non essere d’accordo su tutto. Non siamo d’accordo sulla validità del Superbonus 110%“.
“Cito un esempio” ha quindi continuato il premier “il costo di efficientamento è più che triplicato grazie ai provvedimenti del 110%, i prezzi degli investimenti necessari per le ristrutturazioni sono più che triplicati perché il 110% di per sé toglie l’incentivo alla trattativa sul prezzo. Poi, le cose vanno avanti in Parlamento, il governo ha fatto quel che poteva e il nostro ministro è molto bravo” ha quindi concluso Draghi, e per il Superbonus sembra proprio che si sia arrivati al capolinea.
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