Lo spread: cos’è esattamente e perché fa così paura

Si parla moltissimo di spread in questi giorni, ed in generale quello dello spread sembra essere l’argomento preferito di giornali e TV. Quando si sente parlare di spread, una cosa è chiara anche a chi di economia non si interessa affatto, che se sale è brutto segno, mentre se cala è una cosa positiva.

In estrema sintesi quanto detto non è sbagliato, ma naturalmente non è neppure così semplice. Come funziona in realtà lo spread? O meglio, vediamo anzitutto cos’è, e di conseguenza cosa succede quando ha delle oscillazioni.

Cos’è lo spread e a cosa serve

La definizione di spread non lascia molto spazio ai dubbi, ma potrebbe non essere facilmente comprensibile a chi non è avvezzo al linguaggio economico. Lo spread è il differenziale tra gli interessi pagati dal Bund tedesco e gli interessi pagati da un analogo titolo di debito pubblico, che per l’Italia è il Btp a 10 anni.

Proviamo a dirlo con altre parole. Prima di tutto il differenziale è in sostanza la differenza, ma in gergo tecnico si usa quel termine perché serve ad indicare una differenza soggetta a cambiamenti ed è il termine più adatto. In matematica tale concetto è rappresentato dal “delta”.

Cos’è invece il Bund? E’ un titolo di debito tedesco, ossia un prestito erogato da un investitore verso un ente finanziato. L’investitore è ad esempio una banca, mentre l’ente finanziato è lo Stato che si indebita nei confronti dell’investitore di una somma pari al valore del Bund, più gli interessi. Il Btp è la stessa identica cosa ma viene emesso dallo Stato Italiano.

In sostanza lo spread, misurando la differenza tra quanto paga in interessi lo Stato italiano e quanto paga in interessi lo Stato tedesco, fornisce un dato importante che riguarda il divario tra le due economie. Naturalmente non è l’unico fattore da prendere in considerazione, ma fornisce un utile aiuto per orientarsi, per capire quanto è solida l’economia di un Paese in un determinato periodo, e in questi giorni ad esempio ci dà una percezione dell’atmosfera di incertezza che si respira nei mercati per via della manovra di Bilancio.

Perché per misurare lo spread si usa il Bund

Ora che abbiamo visto cos’è lo spread, cerchiamo di capire per quale ragione il termine di paragone per il Btp a dieci anni italiano è il Bund tedesco e non il titolo di debito di un altro Stato d’Europa.

La risposta è tutto sommato semplice. Il motivo principale è che è stabile, ma non solo. La Germania viene infatti considerata un benchmark, cioè una realtà da prendere come punto di riferimento, finanche una vera e propria unità di misura. E questo per diverse ragioni.

La Germania ha la migliore economia di tutta l’eurozona, ed è inutile dire che se dovesse andar male l’economia tedesca, quelle degli altri Paesi andrebbe sicuramente peggio. Inoltre la Germania ha una politica di prezzi bassi grazie ad una inflazione stabile o a livelli persino bassi, e per finire i suoi titoli di debito rendono zero. Non ci sono interessi da corrispondere al creditore, quindi per finanziarsi la Germania non paga assolutamente nulla, che è un vantaggio non indifferente.

Come, quando e perché si è iniziato a parlare di spread

Lo spread come concetto noto in ambito economico si usa da sempre, o quantomeno da quando si fa analisi finanziaria sui debiti sovrani. Ma fino a pochi anni fa ancora non se ne faceva un uso così diffuso, i media non lo menzionavano con tanta frequenza, ed erano solo gli “addetti ai lavori” a conoscere il termine: spread.

Le cose sono cambiate nel 2010 con la crisi economica della Grecia. Fino ad allora, per valutare la solidità dell’economia di un Paese, si teneva conto prevalentemente degli interessi sul debito, e quelli della Grecia non erano particolarmente alti, quindi non si presagiva ciò che stava per accadere.

Gli analisti hanno in seguito compreso che era necessario un altro parametro di valutazione, che avesse come termine di paragone qualcosa di oggettivo e stabile, come una unità di misura appunto. Ed ecco che lo spread coi Bund tedeschi ha iniziato ad essere tenuto in attenta considerazione.

Cosa succede quando aumenta lo spread

Come ormai tutti sappiamo bene, l’aumento dello spread è un segnale negativo. Ma come mai esattamente? Prima di tutto perché quando lo spread sale significa che gli interessi sul debito stanno crescendo, e come diretta conseguenza di ciò, lo Stato deve sostenere costi più elevati per finanziarsi.

Accade quindi che per poter finanziare gli investimenti che servono per far crescere l’economia del Paese e quindi il PIL, lo Stato si trova costretto a ridurre la spesa pubblica come ad esempio i servizi per i cittadini, e va da sé che ciò riduce la qualità della vita.

Ma non finisce qui, perché ci sono altre conseguenze, ad esempio nel comparto delle banche, le quali detengono titoli di debito, e se volessero rivenderli dovrebbero farlo a prezzi minori. Inoltre quando salgono gli interessi sul debito, salgono anche i tassi di interesse del passaggio di denaro dallo stato alle banche, dalle banche ad altre banche e dalle banche ai cittadini.

E qui entrano in ballo i mutui, quelli a tasso variabile in particolare, con effetti che si vanno poi a ripercuotere sul mercato immobiliare soprattutto, e quindi sui cittadini.

Ma l’effetto peggiore causato dall’aumento dello spread è il circolo vizioso che innesca. Uno Stato con lo spread alto va incontro a tutto quanto sopra descritto, per cui avrà più difficoltà a far crescere la propria economia.

Questo non può che comportare una caduta di fiducia da parte degli investitori internazionali, e col calo di credibilità salgono gli interessi, se salgono gli interessi si rischia la bocciatura da parte delle agenzie di rating, il che riduce il numero di investitori e così via.

Non sempre lo spread alto rappresenta un problema

E’ comunque importante precisare che l’aumento dello spread è sì da ritenersi un fattore negativo, ma le conseguenze non si hanno, o si hanno in misura molto contenuta, nel breve periodo. Un innalzamento degli interessi sul debito non va considerato sull’intero debito pubblico, ma solo sulla porzione per la quale lo Stato chiede il prestito in quel lasso di tempo.

Pertanto finché lo spread alto non perdura nel medio/lungo termine non rappresenta un problema di grossa portata, e di certo non indica l’arrivo di una crisi economica.

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