I BTP italiani chiedono cautela e sullo scontro Italia Europa ci sarà un compromesso

Il debito pubblico italiano è troppo alto mentre la crescita del Paese resta profondamente debole. Sono questi i due capisaldi dell’analisi che Richard Lawrence, Senior Vice President di Brandywine Global (gruppo Legg Mason), ha condotto sul braccio di ferro tra Italia ed Europa. L’analista ha analizzato i rapporti di forza tra le parti soffermandosi, in particolare, sulla questione dei rendiimenti dei titoli di stato italiani, i BTP.

Secondo Lawrence è evidente a tutti che l’Italia sia un paese che si trova in una situazione piuttosto complicata: con un debito pubblico elevato e una crescita debole, deve ora affrontare un difficile faccia a faccia con l’Europa riguardo i suoi piani di bilancio. Cosa devono aspettarsi dunque gli investitori si chiede l’esperto?

Il punto di partenza di quella che non è più solo una questione macroeconomica, è la questione del deficit/PIL italiano. Secondo Legg Manson è bene ricordare che l’Italia ha oggettivamente un problema di debito: il rapporto tra debito pubblico e PIL è oltre il 131%, vicino dunque ai massimi da 90 anni a questa parte. I rendimenti dei titoli di stato italiani a 10 anni, tuttavia, non sono schizzati alle stelle, pur essendo aumentati di circa 160 punti base da aprile e avendo portato lo spread col Bund ad un livello che non si vedeva da 5 anni.

Per quale motivo i rendimenti dei BTP non sono cresciuti ulteriormente durante il recente stallo tra governo italiano e Commissione Europea? Secondo Legg Mason ci sono due ragioni che hanno contribuito a contenere i rendimenti: il quantitative easing (QE) della Banca Centrale Europea, che ha mitigato i rialzi dei rendimenti in tutta l’Eurozona e il fatto che oltre il 50% del debito sovrano italiano sia posseduto da banche italiane: ciò ha fatto sì che i rendimenti non si siano alzati ulteriormente nel tentativo di attirare capitali dall’estero.

Tuttavia, prosegue l’analista, il fatto che una percentuale così alta del debito pesi sulle banche italiane è un motivo di debolezza, essendo il sistema bancario italiano ancora in uno stato di salute incerto. La percentuale di NPL (crediti deteriorati) è migliorata negli ultimi 3 anni, ma rimane comunque a livelli preoccupanti, soprattutto tenendo in considerazione le difficoltà strutturali e l’incertezza politica che grava sull’economia italiana.

I potenziali problemi creati dagli NPL si riflettono nell’allargarsi dei differenziali sui credit default swap (CDS) delle banche. Mentre i differenziali dei CDS restano ben al di sotto dei massimi raggiunti durante la crisi del debito sovrano europeo del 2011-2013, i mercati appaiono sempre più preoccupati per l’aumento del rischio di solvibilità delle banche italiane.

Moody’s, recentemente, ha mantenuto il profilo macro delle banche italiane su “Moderate+”, nonostante il 19 ottobre abbia declassato il debito sovrano italiano da Baa3 a Baa2. Tuttavia, ulteriori declassamenti dei BTP potrebbero spingere verso l’alto i rendimenti e innescare un ciclo di feedback negativo per le banche detentrici di BTP.

Certo, tutte queste preoccupazioni svanirebbero se le prospettive di crescita suggerissero l’arrivo di tempi migliori per l’economia italiana. Ma l’Italia ha appena registrato per il terzo trimestre 2018 una crescita zero. Ciò ha ridotto a 0.8% l’attuale tasso di crescita reale annualizzato. È un fatto significativo, che potrebbe indurre l’Unione Europea ad essere ancora più dura nel confronto sulla manovra finanziaria, potenzialmente facendo alzare ulteriormente i rendimenti dei Btp e aumentando la pressione sulle banche italiane.

Al momento, per quanto riguarda lo scontro sulla legge di bilancio, non c’è una strada evidente per una risoluzione. L’insolita coalizione destra-sinistra è guidata spiritualmente da Matteo Salvini, che non sembra orientato a fare passi indietro. Ma è altrettanto difficile immaginare un passo indietro da parte dell’Unione Europea: come abbiamo visto nei difficili negoziati per la Brexit, non è il caso di sottovalutare la volontà politica di mantenere l’Unione Europea integra. Al momento, inoltre, l’euro non sembra prezzare la possibilità di un’uscita dell’Italia.

Pochi giorni fa Bruxelles si è mostrata intransigente con Roma, costringendo il governo italiano a rivedere i suoi piani di bilancio. Mai prima d’ora la Commissione Europea aveva respinto la legge di bilancio di un paese membro. Legg Mason ritiene che le due parti possano trovare un modo di venirne fuori, di fatto rinviando – secondo un modus operandi consueto in Europa – una presa di posizione concreta sulle questioni più difficili. A nostro parere entrambe le parti accetteranno un compromesso, che servirà più che altro a guadagnare tempo. Le questioni più complicate dovrebbero dunque essere rinviate a data da destinarsi, ma nel frattempo un accordo potrebbe comunque rappresentare un’opportunità per acquistare titoli di stato italiani – anche se è ancora presto per dirlo.

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