Gli investitori dovrebbero iniziare a prepararsi per uno scenario in cui il Regno Unito non raggiunge un accordo con l’Unione Europea sulla Brexit? Se lo sta chiedendo in queste ore la CNBC, che ricorda come sebbene la Gran Bretagna abbia votato a giugno 2016 per poter lasciare l’UE, in realtà il processo di uscita dal blocco comunitario si è dimostrato molto più lungo e ricco di dettagli tecnici di quanto ci si potesse attendere. Considerato inoltre che la data di partenza è stata programmata per il 29 marzo del prossimo anno, significa che i negoziatori hanno circa sei mesi di tempo per concludere i negoziati su aspetti cruciali quali la circolazione di persone e di merci oltre il confine con l’Irlanda del Nord.
Dettagli tecnici a parte, anche la politica della Brexit non sembra aiutare la causa della premier May. David Davis, il capo negoziatore della Brexit per il Regno Unito, e Boris Johnson, ministro degli esteri e forse il sostenitore della Brexit più noto, si sono entrambi dimessi lunedì scorso per le divergenze con il primo ministro. Una mancanza di sostegno all’interno del proprio partito politico potrebbe innescare una sfida alla leadership, o persino condurre a un’altra elezione.
A seguito di entrambe le dimissioni, Theresa May ha detto al Parlamento britannico che i preparativi per uno scenario “senza accordo” saranno intensificati. “I mercati sono stati straordinariamente ottimisti riguardo alla possibilità di uno scenario senza Brexit e penso che debbano iniziare a prenderlo un po’ più sul serio ora”, ha detto Richard Mylles, analista politico di Absolute Strategy, alla CNBC. .
“Siamo in una situazione in cui non esiste una maggioranza parlamentare evidente per qualsiasi forma di Brexit fattibile, e c’è pochissima flessibilità sul lato UE-27… le ultime 48 ore hanno dimostrato che il Regno Unito potrebbe raggiungere i limiti delle concessioni che è in grado di fare, eppure non siamo ancora lontani da una sorta di pacchetto credibile e realistico”, ha aggiunto.
Ma quale sarebbe l’impatto di un “non-accordo” Brexit? I prodotti che entrano nell’Unione doganale europea dall’estero sono sottoposti a controlli abbastanza rigorosi, ma una volta all’interno dell’unione doganale, non ci sono ulteriori verifiche. Se il Regno Unito dovesse lasciare l’unione doganale, gli stessi controlli verranno applicati alle merci originarie d’oltre Manica.
Attualmente però “il Regno Unito non è soggetto a nessuno di questi controlli. Tuttavia, se lasciamo l’UE senza un accordo, questo cambierà. Ciò comporterà un aumento significativo della burocrazia per la maggior parte delle merci e un rischio di notevoli ritardi alle frontiere”, ha dichiarato il British Retail Consortium (BRC) in un comunicato alla fine di giugno.
Il BRC ha aggiunto che i prodotti alimentari e le bevande potrebbero vedere il costo delle importazioni dall’UE salire del 29% e i beni non alimentari potrebbero affrontare aumenti fino al 7% nel caso di abbigliamento e tessuti. Le merci importate più costose potrebbero spremere la spesa dei consumatori, diventando un freno per l’economia, oltre che ridurre i margini per le imprese.
Ad ogni modo, non mancano di certo gli analisti convinti che Theresa May riuscirà a superare l’impasse e raggiungere un accordo con l’UE. Karen Ward, capo stratega di mercato per l’EMEA presso JP Morgan Asset Management, ha dichiarato lunedì scorso in una email che “la frammentazione dei servizi finanziari che verrebbe causata in assenza di un accordo aumenterebbe il costo del capitale per le imprese europee e potrebbe interrompere il tanto necessario recupero nella zona euro”.
Di conseguenza, l’analista è fiuciosa che ci sarà un accordo con l’UE entro la fine di quest’anno – uno in cui il Regno Unito e l’UE avranno una relazione relativamente simile a quella che hanno attualmente.
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