E adesso come è il caso di investire sul mercato azionario? E’ questa la domanda che in questi minuti tanti investitori si pongono dopo avere appreso quella che è stata già definita come la notizia del giorno ossia le dimissioni del consigliere economico di Trump Gary Cohn. Il passo indietro di Cohn fa notizia perchè l’uomo era ritenuto una sorta di argine naturale alla deriva protezionistica molto radicata nell’amministrazione Trump. Ad aggravare il quadro poi ci si mettono anche le tempistiche. Le dimissioni di Cohn in una fase in cui gli Stati Uniti rischiano di innescare una guerra commerciale con mezzo mondo non è certamente positivo. I primi analisti che si sono espressi sulle dimissioni di Cohn convengono nel ritenere che il terremoto che si è verificato nell’amministrazione Trump sia destinato a provocare effetti soprattutto nel lungo termine. Tali conseguenze riguarderanno tanto il mercato azionario quanto il mercato obbligazionario. Per quello che riguarda un approccio di più breve periodo, per intendersi quello che potrebbe avvenire su Borsa Italiana oggi, si deve tener presente che la notizia delle dimissioni di Cohn è arrivata dopo la chiusura della borsa di Wall Street. Per farla breve, quindi, saranno le borse europee le prime a dover fare i conti con questo terremoto che apre prospettive e sentieri inesplorati.

Le prime indicazioni in arrivo dai mercati azionari asiatici non sono affatto positive. L’indice Shanghai ha chiuso con un rosso dello 0,55%, mentre il Kospi ha mandato in archivio la seduta con un calo dello 0,40%. Segno negativo anche per Hang Seng che ha scambiato con ribassi di oltre l’1% mentre, sulla borsa di Tokyo, il Nikkei ha chiuso le contrattazioni con un calo dello 0,73%. E le borse europee (e in particolare Borsa Italiana) come reagiranno? Mentre scriviamo il dibattito tra gli analisti sulle possibili conseguenze sui mercati delle dimissioni di Cohn è serratissimo. Peter Kenny, chief global market strategist di Global Markets Advisory Group, ha affermato che il “mercato ha considerato Gary Cohn come il contrappeso a quella pura ondata di nazionalismo sul fronte delle tariffe e del commercio“. L’addio del consigliere, quindi, potrebbe lasciare campo libero alle politiche più marcatamente protezionistiche degli Stati Uniti. 

Da parte sua il diretto interessanto, con l’eleganza che lo ha sempre contraddistinto, si è limitato ad affermare che “è stato un onore servire il mio Paese e attuare politiche economiche in favore della crescita e del popolo americano“. Con Cohn esce di scena non solo un consigliere esperto (visti anche i suoi trascorsi in Goldman Sachs) ma anche l’artefice della riforma fiscale di Trump. Le voci di corridoio affermano che lo strappo tra Cohn e Trupm sia maturato a seguito della decisione dell’amministrazione americana di introdurre dazi su alluminio e acciaio. Cohn, fin da subito, si è detto dubbioso circa l’efficacia di un simile provvedimento che potrebbe avere come unico effetto quello di portare ad una guerra commerciale soprattutto con la Cina. Secondo un report di Fitch “le tariffe pianificate aumentano il rischio di fare scattare un processo di ritorsioni sotto forma di misure protezionistiche che potrebbero condizionare una porzione grande del commercio globale“. 

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