Secondo quanto afferma Jeff Rottinghaus, gestore del fondo T. Rowe Price US Equity e Quentin Fitzsimmons, di T. Rowe Price, i timori che sono connessi a tassi di interesse in aumento, alle guerre commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina (ma non solo), le valutazioni elevate e il rallentamento della crescita economica, avrebbero già spinto in sensibile contrazione i principali indici azionari globali.

Quel che tuttavia non è ancora ben chiaro e quanto sarà lungo o profondo tale ondata di sell-off, e se questa fase momentanea di ripresa sia effettivamente molto temporanea, o meno. Gli investitori si stanno infatti domandando che cosa vi sia alla base di questa volatilità, e se nei prossimi mesi la situazione sarà portata a migliorare oppure diventerà ancora più oggetto di preoccupazioni.

Di fatti, appare evidente – sempre in riferimento agli USA – come alcuni degli elementi che nel 2018 hanno portato acqua al mulino azionario statunitense, potrebbero presto trasformarsi in ostacoli. Il contesto dovrebbe rimanere di sostegno agli investimenti, ma potrebbe diventare più complesso: la crescita economica e quella dei profitti delle aziende negli Stati Uniti è stata molto solida nel 2018, ma alcune valutazioni sono evidentemente elevate, ed è molto probabile che si possa assistere a una crescita più debole via via che i tassi di interesse di riferimento Fed aumenteranno, e man mano che l’impatto dei recenti tagli fiscali verrà meno.

Secondo l’esperto, una delle principali determinanti di questo recente declino sarebbe connessa all’aumento delle aspettative per una continuazione dei rialzi dei tassi di breve termine da parte della Fed, che ha condotto a uno sviluppo dei rendimenti obbligazionari. Le aspettative sui tassi della Fed sono ulteriormente crescite negli ultimi mesi a causa delle solide performance dell’economia Usa, dell’aumento dell’occupazione e dei salari in rialzo, che stanno alimentando i timori legati all’inflazione, anche se i segnali al momento restano tenui.

Un cenno separato, da parte dell’esperto, è poi legato ai maggiori prezzi delle importazioni dovuti ai dazi Usa: un simile contesto potrebbe infatti favorire nuova pressione sui prezzi, aumentando così la probabilità che la Fed alzi i tassi di interesse a breve termine per evitare un surriscaldamento dell’economia. Se così fosse, è evidente che tali aumenti potrebbero tradursi in costi più elevati per i prestiti a famiglie e imprese, dissuadendo consumi e investimenti.

Un altro elemento che sarebbe opportuno ponderare riguarda le azioni Usa, e soprattutto le grandi e grandissime aziende. I mercati azionari a stelle e strisce sono cresciuti per quasi 10 anni e oggi le valutazioni sono estremamente elevate. I recenti cali dei titoli azionari dei cosiddetti FAANG (Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google), che hanno guidato le performance dei mercati azionari per un certo periodo di tempo, potrebbero aver contribuito al sell-off, e anche altri importanti performer, come Tesla, Alibaba e Tencent Holdings, hanno visto i propri titoli allontanarsi dai massimi.

Dunque, è importante ricordare che, anche se i cali creano sempre un certo timore, bisogna sempre aspettarsi occasionali periodi di turbolenza. Nonostante il sell-off e l’impennata della volatilità, conclude l’esperto, il contesto per l’azionario globale resta favorevole in generale.

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