Non è un mistero che il prezzo del petrolio sia legato a doppio filo alle notizie in arrivo dagli Usa. Ultimamente il ruolo degli Stati Uniti sull’andamento della quotazione petrolio sembra essersi ulteriormente rafforzato se è vero che bastano le parole di Trump per dare direzione alle quotazioni del greggio. Oggi, prima di Ottava, il prezzo del petrolio è in ribaso consentendo al mercato di prendere fiato dopo il rally della scorsa settimana. Mentre è in corso la scrittura del post la quotazione petrolio in versione WTI è in calo dello 0,6 per cento a 62,92 dollari al barile mentre il prezzo del greggio in versione Brent è in flessione dello 0,64 per cento a 71,69 dollari al barile. Entrambi gli indicatori confermano che sia in atto una inversione di tendenza dopo i recenti record causati dalla guerra civile in Libia e dallo stop definitivo all’export di petrolio dall’Iran. Tale inversione di tendenza, per quanto fisiologica, ha avuto il suo incipit in un fatto ben preciso. La quotazione del greggio, infatti, ha iniziato a calare non appena il presidente americano Trump è intervenuto sull’argomento “petrolio”. Le parole del presidente degli Usa sono state molto chiare. Trump, in considerazione del blocco totale alle esportazioni di petrolio da parte dell’Iran, ha affermato che l’OPEC deve intervenire per riportare in giù le quotazioni. In pratica da Trump è arrivato un chiaro via libera affinchè l’organizzazione tra i paesi produttori di petrolio attui una serie di politiche che consenti al prezzo del greggio di tornare a scendere allontanandosi da quelli che sono i livelli record delle ultime settimane.

Da ANZ bank hanno giustamente fatto notare che le quotazioni del greggio hanno praticamente invertito la rotta dopo che il presidente americano Trump ha reso noto di aver parlato con l’Arabia Saudita. Al centro del discorso tra Trump e i sauditi la possibile implementazione di misure per riuscire a ridurre l’impatto del minor export iraniano attraverso l’aumento dei flussi altrove. In pratica la posizione di Trump è così riassiumibile: se le esportazioni iraniane sono state cancellate, allora è necessario incrementare l’export da altre aree in modo tale da non far volare la quotazione del petrolio. 

A poter agire per prima nei prossimi mesi per contenere il prezzo del petrolio potrebbe essere la Russia. Mosca fino ad oggi pur non essendo paese OPEC è stata molto attiva per contendere la produzione ma adesso, secondo Edward Moya di Oanda, potrebbe rompere la sua alleanza con l’OPEC e procedere con maggiore autonomia. 

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