Prezzo petrolio fa litigare Usa e OPEC: parte la guerra delle scorte

Che il petrolio sia un prodotto determinante per l’economia, la politica, la produttività e la quotidianità dei cittadini in tutto il mondo, è cosa nota ormai da decenni. Ma oggi, in questo momento storico difficile e rivoluzionario allo stesso tempo, l’oro nero potrebbe avere un peso ancora maggiore.

Tutto nasce dalla notizia che arriva dagli Stati Uniti, dopo mesi di trattative diplomatiche: gli Usa rilasceranno le riserve strategiche di greggio. In questa offensiva gli Usa di Biden non saranno soli visto che India, Cina, Giappone e altri paesi (ne parleremo dopo) hanno già annunciato che faranno altrettanto. 

La mossa deli States non è sola una novità storia ma rappresenta anche un vero e proprio guanto di sfida lanciato all’Opec+, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. Questo ente raggruppa 13 nazioni (a cui si aggiunge la Russa), che, facendo cartello tra di loro, impongono i prezzi alle varie compagnie  petrolifere. L’imposizione avviene attraverso la definizione del volume massimo di produzione mensile. 

La decisione degli Stati Uniti, in sostanza, potrebbe cambiare gli equilibri globali del greggio anche perchè, come detto, non si tratta di una mossa isolata avendo gli Usa l’appoggio di altri paesi consumatori. 

Lato operativo la mossa degli Usa si configura quindi come un catalizzatore da sfruttare per investire sul petrolio. A tal proposito ricordiamo che il broker eToro (leggi qui la nostra recensione) mette a disposizione dei clienti una demo gratuita per imparare a fare pratica senza correre il rischio di perdere soldi reali. Con la demo gratuita eToro è possibile usare fino a 100 mila euro virtuali per esercitarsi. 

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Le riserve di petrolio

L’annuncio della mossa americana è stato dato direttamente dal Presidente Joe Biden: il governo attingerà a quella che si chiama Strategic Petroleum Reserve, per immettere materia prima sul mercato nel tentativo di calmierare i prezzi in pazza corsa verso l’alto.

Una azione, come detto, non isolata; si infatti di uno sforzo congiunto di tutte le nazioni consumatrici di energia. Il rilascio è quindi coordinato dagli Usa ma coinvolge, oltre ai paesi citati in precedenza, anche Corea e Regno Unito. E’ la prima volta che avviane una simile mossa strategica.

La quantità di petrolio rilasciato

Ma cosa avverrà concretamente? In pratica gli Stati Uniti rilasceranno 50 milioni di barili, di cui 32 milioni nei prossimi mesi in forma di prestito. Per gli 18 milioni di barili, la vendita sarà a breve approvata dal Congresso.

C’è poi l’India, che libererà 5 milioni di barili. La Corea del Sud non ha fornito indicazioni di quantità, ma conferma la sua presenza all’operazione così come il Giappone. La Gran Bretagna al momento non dà indicazioni ufficiali.

Insomma la novità non sta solo nella mossa in sè ma anche nel fatto che tutta l’azione sarà coordinata tra i paesi coinvolti. Anche questo è un segnale molto importante. 

Cosa accade ai prezzi

I mercati hanno reagito alle notizie, anche se in modo altalenante. La sessione del 23 novembre ha visto i futures sul petrolio scambiati a New York a 77,77 dollari, con un aumento dell’1,31 per cento. In precedenza, però, avevano subito un calo dell’1,9 per cento.

L’oscillazione si deve al fatto che gli investitori sono comunque consapevoli che, almeno in parte, le scorte di greggio rilasciate dovranno essere restituite.

Mentre è in corso la scrittura del post, la quotazione petrolio registra un ribasso dello 0,41 per cento a quota 81,98 dollari al barile per quello che riguarda il Brent e un calo dello 0,5 per cento a quota 78,11 dollari per quanto concerne il WTI. 

Le conseguenze

Come è evidente, questa decisione intacca un delicato equilibrio economico e politico. Rilasciare le scorte è la risposta al diniego, da parte dell’Opec, di aumentare in modo significativo la produzione. Quindi, è una prima vittoria da parte degli Usa.

Ma qualche conseguenza ci sarà di sicuro. L’ente ha fatto sapere che potrebbe reagire annullando il piano di aumento di produzione, e magari arrivando a negare l’aggiunta di nuove scorte sul mercato. 

Insomma ci sono tutti gli ingredienti per un braccio di ferro tra produttori e consumatori di petrolio a tutto vantaggio della volatilità. 

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