Azioni Apple battono le Tesla: ora sono loro le più shortate a Wall Street

Fino a poco tempo la risposta alla domanda su quale fosse il titolo più shortato a Wall Street era quasi scontata. Per lungo tempo, infatti, questo primato è stato detenuto dalle azioni Tesla. Sui mercati azionari, e soprattutto a Wall Street, nulla è mai stabile e allora ecco la novità che in questi giorni ha catturato l’attenzione di tutti i traders che sono soliti investire in azioni di Wall Street: il titolo più shortato (ossia con il maggior numero di posizioni corte attive) è diventato Apple.

A rendere nota la novità è stata S3 Partners la quale ha anche evidenziato quale è l’ammontare concreto delle short position attive. Sulle azioni Apple lo short totale ammonta a 18,44 miliardi di dollari mentre sulle azioni Tesla l’ammontare complessivo delle posizioni corte è un pò più basso essendo pari a 17,44 miliardi di dollari.

Quindi il valore degli short (espresso in dollari) sul capitale di Apple è più alto rispetto a quello della quotata di Musk; tuttavia, hanno anche aggiunto gli analisti, la percentuale degli short interest rispetto al flottante nel caso del gruppo di Cupertino ammonta solo allo 0,7 per cento mentre per Tesla è pari all’1,8 per cent, praticamente più del doppio.

Ihor Dusaniwsky, Ceo di Predictive Analytics presso S3 Partners, ha posto l’accento sulla durata del primato a lungo detenuto da Tesla. Il gruppo di Musk, infatti, è riuscito a tendere il primo posto nella classifica short per ben 864 giorni ossia quasi due anni e mezzo. Tesla, infatti, divenne il titolo con più posizioni corte attive nel lontano aprile 2020.

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Rischio rapporto rendimento delle azioni Apple non convincente

Il rapporto tra rischio e rendimento che è vantato dalle azioni Apple non sembra convincere tutti gli analisti. Secondo Toni Sacconaghi di Bernstein, le valutazioni della Apple restano decisamente più alte rispetto alla storia dello stesso colosso e a quelli che sono suoi peers del settore tecnologico. Da qui il forte scetticismo nutrito dall’esperto verso Apple che viene rispecchiato un debole rating market perform assegnato alle azioni di Cupertino (prezzo obiettivo a 170 dollari).

Nel suo commento Toni Sacconaghi ha poi fatto notare un aspetto molto interessante: storicamente Apple non è mai riuscita a sovraperformare il comparto di riferimento nei tre mesi successivi al lancio dell’iPhone. Ovviamente un approccio simile non può che ispirare alla cautela nella view e infatti l’analista di Bernstein prevede un fatturato pari 399 miliardi di dollari e un EPS che non dovrebbe essere superiore a 6,26 dollari. In entrambi i casi si tratta di parametri inferiori al consensus che invece vede il fatturato di Apple a 411 miliardi di dollari e l’EPS a 6,44 dollari.

E sui motivi alla base del suo scetticismo, l’esperto di Bernstein da un lato l’effetto positivo creato dalla pandemia sulle azioni Apple e dall’altro la possibilità che i tassi di aggiornamento dell’iPhone possano rallentare dopo che per due anni il prodotto di punta di Cupertino ha realizzato vendite molto forti.

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