Da slowflation a stagflazione: come investire nei prossimi mesi secondo Carmignac

Carmignac ha pubblicato il suo outlook per il secondo semestre 2022, fornendo a tutti i suoi clienti elettori e lettori interessati alcuni spunti per investire con coerenza ed efficacia nei prossimi mesi.

Le banche centrali  

Per gli analisti dell’istituto, le banche centrali dei Paesi sviluppati dovranno necessariamente inasprire le politiche monetarie per contrastare il surriscaldamento dei mercati del lavoro e cercare di adeguare la domanda al ribasso dei prezzi delle materie prime, il cui aumento sarà duraturo.

Tra le banche centrali principali, la Fed sembra essere la banca centrale più indietro rispetto alla curva. La banca centrale federale americana dovrà far fronte a una spirale salari-prezzi che sta coinvolgendo i lavoratori senza titolo di studio universitario e che induce a un costo elevato in termini di occupazione e di de-rating di asset class quali azioni e real estate.

L’evoluzione della slowflation

In questo scenario evolutivo la slowflation (inteso come il rallentamento delle economie con inflazione duratura) si trasformerà in stagflazione all’inizio del 2023. In ambito globale sarà l’Europa la prima macroarea ad essere colpita in caso di aggravamento dell’embargo energetico russo o di un’ondata di disordini sociali.

La Cina

Per quanto concerne la Cina, Pechino dovrebbe evitare l’hard landing nella seconda metà del 2022 grazie all’accelerazione della spesa per il pacchetto di infrastrutture annunciato lo scorso dicembre. “Questo rimbalzo genererà però un limitato effetto moltiplicatore, poiché la fiducia delle famiglie e imprese nel settore privato è a livelli molto bassi” – si legge nella nota.

Cosa faranno le banche centrali

In tale ambito le banche centrali si trovano dinanzi a un dilemma: controllare l’inflazione, preservare l’occupazione o evitare gli shock finanziari?

Evidentemente, la concomitanza di questi tre target, che non vanno nella stessa direzione, sta complicando la vita ai banchieri centrali e, di conseguenza, determina grande volatilità sui mercati.

Di fatti, spingere rapidamente al rialzo i tassi di interesse in territori restrittivi determina un peso sulla crescita economica e, in ultima analisi, sull’inflazione, che dovrebbe limitare relativamente il rialzo dei tassi a lungo termine. I timori legati all’inasprimento monetario e a una possibile recessione hanno spinto i mercati del credito su livelli prossimi alla recessione.

La prima contrazione dei mercati azionari si è registrata sulla scia dell’aumento dei tassi di interesse che ha pesato sulle valutazioni. Salvo che non si verifichi un’inversione di tendenza sul fronte dell’inflazione – si legge ulteriormente nella nota – il calo delle performance potrebbe continuare. Tuttavia, al di là dell’evoluzione dei multipli, i timori per il futuro sono prevalentemente incentrati sull’evoluzione degli utili e dei profitti, sulla compressione dei margini e sul deterioramento della crescita economica.

Insomma, “siamo tra l’incudine e il martello – chiosano gli analisti – L’inflazione deve essere controllata per poter vedere una qualche forma di stabilità sui mercati azionari e obbligazionari. Tuttavia, il controllo dell’inflazione comporterà un inasprimento delle condizioni finanziarie, che a sua volta non è di buon auspicio per i mercati. La gestione attiva è un prerequisito in tempi così difficili e lo sarà ancora di più in futuro, dato che il ritorno dell’inflazione implica il ritorno dell’incertezza, un fenomeno a cui abbiamo assistito a malapena nell’ultimo decennio”.

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