
Negli ultimi mesi, il dibattito economico negli Stati Uniti si è acceso attorno ai nuovi dazi commerciali voluti da Donald Trump. Ogni volta che la parola “tariffa” compare nei titoli di giornale, i mercati reagiscono con una combinazione di nervosismo e incertezza. Ma mentre azioni e materie prime risentono visibilmente di queste politiche, la domanda che molti si pongono è: i dazi stanno davvero colpendo il mercato delle criptovalute, oppure si tratta solo di un’illusione mediatica?
Volatilità sì, ma nessun crollo strutturale
Il primo impatto si è visto lo scorso 2 aprile, quando la Casa Bianca ha annunciato un pacchetto di dazi su 70 partner commerciali degli Stati Uniti. Quel giorno, il Bitcoin ha perso circa il 3,1% e l’indice S&P 500 è sceso dell’1,8%. Una flessione evidente sui grafici, ma già il 4 aprile la criptovaluta aveva recuperato buona parte del terreno perso.
Nel medio periodo, il quadro è rimasto positivo: negli ultimi sei mesi il BTC è salito di oltre il 20%, segno che chi ha mantenuto la propria posizione o ha approfittato per comprare durante il calo ha ottenuto vantaggi rispetto a chi è rimasto fermo in attesa di “tempi migliori”.
Questo comportamento dimostra come l’effetto diretto dei dazi sul prezzo delle criptovalute sia limitato. Tuttavia, il continuo alternarsi di annunci e smentite, tra minacce di nuovi dazi e ipotesi di accordi commerciali, ha contribuito a creare un contesto di volatilità elevata, complicando le strategie di lungo termine sia per gli investitori sia per le aziende del settore.
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Il nodo del mining: costi più alti, ma possibile spinta ai prezzi
Uno dei settori che potrebbe essere più esposto alle tariffe doganali è il mining di Bitcoin negli Stati Uniti. Gran parte dell’hardware necessario – dalle ASIC ai componenti elettronici – proviene da paesi come Cina, Thailandia, Malesia e Indonesia. Se i dazi su questi beni dovessero arrivare fino al 36%, il costo iniziale per avviare o ampliare un’operazione di mining aumenterebbe sensibilmente.
Questo rallenterebbe il ritorno sull’investimento per i miner, spingendoli a ridurre la produzione o a rimandare nuovi acquisti. Paradossalmente, una minore immissione di nuove monete sul mercato potrebbe persino accelerare la crescita del prezzo del Bitcoin, rendendo l’impatto dei dazi potenzialmente positivo per chi detiene BTC.
Al contrario, gli exchange di criptovalute non subiscono alcuna pressione diretta da queste politiche, e l’economia dei protocolli blockchain non viene modificata. I rischi sono quindi più legati alla percezione e alla fiducia degli investitori che a reali cambiamenti nei fondamentali.
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La vera insidia: l’effetto psicologico sui mercati
L’aspetto più critico è il sentiment degli investitori. L’incertezza politica e commerciale tende a rallentare la propensione al rischio, e quando la liquidità si contrae, anche le criptovalute ne risentono.
Negli ultimi due giorni successivi all’annuncio dell’ultimo pacchetto di dazi – che porterà l’aliquota media statunitense sulle importazioni al 18,3%, il livello più alto dagli anni ’30 – gli ETF legati al Bitcoin hanno registrato deflussi per quasi 1 miliardo di dollari, il peggior dato su due giorni dalla loro introduzione.
Tuttavia, la storia recente dimostra che queste uscite di capitale tendono a essere seguite da afflussi ancora maggiori una volta dissipato lo shock iniziale. Infatti, le criptovalute non rientrano nei beni direttamente colpiti dai dazi e possono essere trasferite liberamente tra paesi, restando al di fuori delle restrizioni commerciali.
Fondamentali immutati: halving e sviluppo tecnologico
A livello strutturale, nulla nei dazi modifica la “matematica” di Bitcoin ed Ethereum. Il prossimo halving di Bitcoin è previsto per aprile 2028 e dimezzerà ancora una volta l’emissione di nuove monete. Ethereum continuerà a migliorare le proprie funzionalità per i contratti intelligenti e a mantenere la sua posizione centrale nella finanza decentralizzata (DeFi).
Acciaio, vino francese o altri beni soggetti a tariffe non hanno alcuna correlazione diretta con questi sviluppi tecnologici e di protocollo.
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Strategia per gli investitori: freddezza e visione di lungo termine
Per chi investe nel settore, la strategia ottimale è trattare le correzioni legate a notizie macroeconomiche come occasioni di acquisto per il lungo periodo. Se i dazi resteranno elevati, il capitale potrebbe muoversi in maniera più prudente, con prezzi laterali o leggermente ribassisti.
Il rischio di un calo più ampio esiste sempre, ma la storia premia chi mantiene disciplina e non si lascia trascinare dal panico. In altre parole, il contesto attuale non è un segnale di inversione strutturale, bensì un ulteriore test di resilienza per un mercato abituato da sempre alle turbolenze.
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