Renminbi cinese

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Il renminbi è dal 1969 la denominazione ufficiale della valuta della Repubblica Popolare cinese. La sigla internazionale ISO 4217 è CNY, anche se quella più comunemente usata è RMB. La parola renminbi tradotta vuol dire “moneta del popolo”. Indica sia l’unità monetaria di base, yuan, sia i suoi sottomultipli, jiao e fen. Uno yuan è diviso in 10 jiao, mentre un jiao è diviso in 10 fen. In cinese yuan vuol dire “moneta tonda” e quindi questo termine viene usato nel senso generico di moneta ma spesso anche al posto di renminbi. Il taglio più grande del renminbi è la banconota da 100 yuan mentre quello più piccolo è la moneta o la banconota da 1 fen (un centesimo di yuan). Il renminbi, emesso dalla Banca Popolare Cinese, non è convertibile sui mercati internazionali, cioè vuol dire che non esiste un mercato di libero scambio della valuta cinese come avviene per le altre divise. Secondo alcune importanti banche d’affari il renminbi sarà negoziabile sui mercati al massimo entro cinque anni, anche se Pechino continua a porre dei freni alla rivalutazione della moneta. Intanto la Cina sembra aver intrapreso la strada della convertibilità nascosta, tramite una serie di accordi bilaterali. In pratica, il renminbi diventa convertibile un Paese alla volta. Nel 2010 la Cina ha aperto la convertibilità dello yuan a Hong Kong, città in cui è possibile acquistare renminbi ed in cui il renminbi è quotato e scambiato contro dollaro nel mercato off-shore.

Il renminbi fu creato nel 1949, poco prima della vittoria delle forze comuniste, per fronteggiare le forti pressioni inflazionistiche che avevano contraddistinto le fasi conclusive del governo del Partito Nazionale Cinese (Kuomintang). Durante il periodo dell’economia pianificata furono stabiliti valori di scambio con le monete straniere e furono introdotte rigide regole di scambio. Per la maggior parte della sua storia la moneta cinese è rimasta ancorata al tasso di 2,56 renminbi per dollaro statunitense, salvo poi essere rivalutato fino a 1,50 renminbi per dollaro negli anni 70, dopo il crollo del sistema di Bretton Woods. Negli anni 80 il governo decise di svalutare la propria divisa nazionale per favorire la competitività e così il renminbi arrivò al minimo storico di 8,62 renminbi per dollaro nel 1994. Dal 1997 al 2005 il renminbi è stato ancorato al dollaro statunitense a un tasso fisso di 8,28 RMB per USD. La Banca Popolare cinese ha poi deciso di sganciarlo dal dollaro e di ancorarlo a un paniere di valute internazionali, istituendo un regime di cambio di tipo a fluttuazione controllata. Il tasso di cambio può ora fluttuare entro un margine di 0,3% del valore di riferimento. Oggi il valore di un renminbi corrisponde a circa quindici centesimi di dollaro statunitense.

La rigidità del tasso di cambio cinese continua ad essere una grossa fonte di discussioni in tutti i principali meeting finanziari mondiali, in quanto un renminbi sottovalutato favorisce le esportazioni cinesi, limitando al contempo le esportazioni degli altri paesi verso la Cina. In tal modo la bilancia dei pagamenti cinese registra forti surplus, facendo accumulare a Pechino ingenti riserve valutarie. A tutt’oggi, nonostante le forti pressioni del governo statunitense all’amministrazione di Pechino per rivalutare la propria divisa, pochi passi avanti sono stati fatti anche perché questa situazione in un certo qual senso fa “comodo” a diverse imprese dei paesi industrializzati che hanno spostato la produzione in Cina.
In molti credono che la moneta cinese tra non troppo tempo assumerà un ruolo di grande importanza, in quanto diverrà non solo una valuta di scambio ma anche una valuta di riserva e un asset di investimento e diversificazione. A conferma di questa affermazione possiamo citare il volume di investimenti stranieri in Cina denominati in yuan, che nel 2012 sono quasi triplicati, mentre quelli cinesi effettuati oltrefrontiera utilizzando il renminbi sono aumentati del 50%. “Di questo passo, entro il 2015, un terzo delle transazioni commerciali di Pechino sarà effettuato in yuan: ciò significa che per allora la moneta cinese diventerà la terza valuta di regolamento internazionale per volume” spiega Qu Hongbin, capo economista per l’Asia di HSBC.

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