L’euro ha vissuto ieri una giornata di evidente difficoltà, appesantito dai propri dati macro deboli (si pensi all’indice congiunturale Ifo), cui hanno fatto fronte dati piuttosto forti negli Stati Uniti (come gli ordinativi di beni durevoli). Ne è derivato che il dollaro è riuscito a consolidare sui massimi.

Sempre in riferimento al cambio EUR/USD, evidenziamo come negli USA le richieste di sussidio siano passate da 193 mila unità della settimana precedente alle attuali 230 mila unità. A supportare la positività dei dati macro ci hanno pensato gli ordinativi di beni durevoli, incrementati del 2,7% su base mensile, più che controbilanciando la flessione del mese di febbraio (- 1,1% su mese). Il rimbalzo è molto sostenuto, anche ipotizzando l’esclusione del settore dei trasporti.

Di contro, nel vecchio Continente l’indice Ifo è sceso da 99,7 punti a 99,2 punti, senza miglioramento nemmeno delle aspettative, che calano da 95,6 punti a 95,2 punti. Insomma, l’indagine suggerisce che non vi è speranza di breve termine di poter assistere alla riaccelerazione dell’economia europea. Il cambio euro dollaro è così sceso in area 1,11.

Per quanto attiene le altre valute sul Forex, yen relativamente volatile contro la valuta verde. Nella giornata di ieri si è prima indebolito a 112,35, per poi recuperare a 11,43 e assestarsi a 111,6. Le festività nipponiche dovrebbero ora favorire l’alleggerimento delle posizioni, prevedendo così reazioni negative significative di fronte a dati USA forti.

Sul fronte europeo rileviamo infine come la corona svedese abbia reagito oltre previsioni all’annuncio di policy monetaria della Riksbank, con la banca centrale svedese che ha confermato il tasso repo a – 0,25% e annunciato reinvestimenti di scadenze sui titoli di Stato per 45 miliardi di corone fino a dicembre 2020 (da luglio 2019), posticipando infine il primo rialzo dei tassi a dicembre 2019 o all’inizio del prossimo anno.

Oggi attenzione al giudizio S&P sul rating italiano. Un declassamento potrebbe danneggiare l’euro.

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