Con la prima probabile riduzione del tasso di interesse negli Stati Uniti da un decennio a questa parte, prevista per la fine di questo mese, gli analisti si stanno interrogando su quanto profondo dovrebbe essere il taglio e… se ci sarà o meno questa riduzione del costo del denaro.
Una cosa sembra comunque essere certa: tra gli osservatori che ritengono probabile il taglio dei tassi, le argomentazioni a sostegno di una flessione del costo del denaro di un quarto o di mezzo punto percentuale potrebbe dipendere essenzialmente dal fatto che l’obiettivo sia quello di difendersi dai rischi di sviluppo dell’economia mondiale, e di fornire una solida scossa destinata ad aumentare l’inflazione negli Stati Uniti.
Così, peraltro, sembrano pensarla gli stessi policy maker della Fed, con il presidente della Fed di Chicago Charles Evans che ha rammentato che se si pensa che ci vorranno tagli per 50 punti base prima della fine dell’anno per far salire l’inflazione, allora è bene che qualcosa venga fatto nell’immediato. Ricordiamo che Evans la scorsa settimana ha dichiarato di ritenere necessaria una riduzione di mezzo punto percentuale del tasso di interesse overnight della Fed per consentire alla banca centrale statunitense di raggiungere l’obiettivo del 2% di inflazione, che manca dal 2012.
La Fed ha fissato tale obiettivo come un livello ideale per garantire un modesto ritmo di aumenti nei prezzi e nei salari. Evans e altri policy maker sono evidentemente preoccupati del fatto che, se continueranno a parlare apertamente senza che vi siano degli effetti concreti, perderanno credibilità, e le loro dichiarazioni e le loro politiche diventeranno meno efficaci.
Al contrario, il presidente della Fed di Dallas Robert Kaplan, fino a poco tempo fa scettico sulla necessità di tagliare del tutto i tassi, ha dichiarato di ritenere che una riduzione “tattica” di un quarto di punto percentuale potrebbe permettere di affrontare i rischi. “Se fosse opportuno agire, l’argomento migliore per me del perché di farlo è la forma della curva”, ha detto Kaplan ai giornalisti a Washington, riferendosi all'”inversione” della curva dei rendimenti obbligazionari, un segnale di avvertimento tipico della recessione.
Ma né l’inversione della curva dei rendimenti, né la preoccupazione per l’inflazione smorzata o i venti contrari che possono rallentare la crescita economica sono stati per il momento sufficienti a convincere il presidente della Fed di San Francisco Bank Mary Daly della necessità di allentare la politica monetaria, caratterizzando pertanto una discreta eterogeneità di opinioni…
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