Il dollaro statunitense ha subito una decisa correzione dopo il FOMC, andando a toccare i minimi che aveva lasciato circa quattro mesi fa.
La Federal Reserve, come ampiamente atteso, ha lasciato i tassi invariati, ed ha contemporaneamente assunto una posizione leggermente più cauta sul sentiero futuro degli stessi, prevedendo a larga maggioranza tassi fermi per tutto il 2020, mentre a settembre – ricordiamo – la stessa banca non aveva escluso la possibilità di un primo rialzo già l’anno prossimo. Rimane invece ferma la previsione di un rialzo dei tassi nel 2021 e di un altro nel 2022.
Per quanto concerne gli altri spunti, oltre alla conferma della pausa sul fronte tassi, è stato anche rimosso il riferimento all’incertezza che gravava sullo scenario globale. Viene dunque ribadito che in caso di deterioramento significativo dello scenario, la Federal Reserve rimarrà pronta a fornire un nuovo stimolo monetario.
Evidentemente, sulla scia del FOMC l’euro si è rafforzato significativamente. Oggi però sarà la volta proprio dell’eurozona, considerato che è in programma la riunione BCE, importante non tanto per eventuali cambiamenti nella policy (non ci saranno, perché tassi e altri parametri resteranno invariati), quanto per la pubblicazione delle nuove proiezioni di crescita e di inflazione, rilevanti per cercare di inferire le linee decisionali del prossimo anno.
I dati economici più recenti sono stati dati in miglioramento, ma probabilmente il tutto non è sufficiente per indurre la banca centrale a rivedere verso l’alto le proiezioni di crescita, che potrebbero di contro essere limate per il 2020. Ricordiamo che attualmente le previsioni attuali sono per una crescita a 1,1% (2019), 1,2% (2020) e 1,4% (2021), con inflazione a 1,2% – 1,0% – 1,5% sullo stesso orizzonte previsivo.
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