BTP a rischio default? Alert Italia ma non fasciarsi la testa

Rischio default Italia 2020. A distanza di quasi un decennio dalla crisi del debito sovrano si torna a parlare di fallimento e bancarotta dell’Italia. Questa volta la questione debito è solo una aggravante essendo il lockdown imposto dall’emergenza coronavirus, il reale responsabile del nuovo allarme.

Parlare di rischio default dell’Italia significa fare riferimento alla capacità del nostro paese di sostenere l’alto livello di debito pubblico in una situazione estrema e non attesa come quella creata dalla pandemia di coronavirus. Ovviamente interrogarsi sul rischio Italia significa guardare all’andamento dei nostri titoli di stato. I BTP rischiano davvero il default?

Comprare BTP: le tendenze di febbraio

Prima di capire se e come l’Italia rischi davvero un default, è bene fare un riferimento a quello che è il quadro di partenza. Il mese di febbraio è stato l’ultimo mese “normale” prima dello scoppio dell’emergenza coronavirus. Sembra passata una vita ma febbraio è stato appena due mesi fa. Ebbene secondo i dati messi a disposizione della Banca d’Italia, nel mese di febbraio gli investitori esteri hanno comprato qualcosa come 2 miliardi di BTP.

Una cifra consistente ma di molto inferiore agli acquisti che sono stati invece effettuati nel mese precedente. A gennaio gli investitori esteri, infatti, avevano comprato BTP per complessivi 23,4 miliardi di euro. Tra i due valori c’è una differenza sostanziale, enorme che potrebbe essere imputabile al fatto che già verso la fine di febbraio erano esplosi i primi casi di Covid-19 in Italia.

Sempre nel rapporto della Banca d’Italia si può leggere che nel mese di febbraio le passività nette sull’estero hanno segnato un aumento di 15,7 miliardi. Scorporando i dati, emerge che i residenti hanno effettuato investimenti diretti in Italia per 3,8 miliardi e acquistato titoli di portafoglio emessi in Italia per 3,9 miliardi. Un aumento è stato registrato anche dalle passività per altri investimenti che sono salite di 8 miliardi.

Questi, per sommi capi, i dati di febbraio. Gli ultimi dati prima che tutto cambiasse a causa dell’emergenza coronavirus.

BTP andranno in default?

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L’opinionista Wolfgang Munchau del Financial Times non fa sconti all’Italia e afferma che nel 2020 a causa della crisi economica provocata dal coronavirus, il rapporto debito/PIl registrerà un forte aumento. Le previsioni sono terribili: a causa di tutti gli effetti connessi al lockdown, il PIL Italia dovrebbe registrare un calo del 10 per cento mentre il debito, già di partenza molto ampio essendo Roma sempre stata incapace di ridurre il suo indebitamento, farà registrare un ulteriore balzo in avanti a causa delle enormi spese che lo Stato sta affrontando.

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Crollo del Prodotto Interno Lordo, aumento del debito, rally del debito/PIL, c’è da essere davvero preoccupati. Quello che è peggio è che tutti gli analisti sono sulla stessa lunghezza d’onda. Ad esempio UBS ritiene che il rapporto debito/PIL dell’Italia possa salire del 7 per cento.

Tutti questi dati inducono a riconoscere che le prospettive economiche dell’Italia sono disastrose. Questo, però, non basta per ipotizzare un rischio default per i BTP. Ci sono, infatti, altri fattori da considerare.

Chi detiene i BTP

Per comprendere quale sia il rischio di default dell’Italia è necessario considerare chi detiene i BTP. L’identità dei possessori dei titoli di stato italiani è in costante evoluzione. All’epoca della crisi del debito sovrano un problema di non poco conto era che i BTP erano in mano soprattutto ad investitori esteri e questo esponeva il nostro Paese al rischio di pressioni straniere. 

Da allora sono passati alcuni anni ed è tutto cambiato. I BTP sono detenuti soprattutto da banche e sitituti pubblici mentre la quota di debito in mano famiglie e estero si è ridotta tantissimo.

Ad esempio: nel 2011 (anno della crisi del debito sovrano), il 15 per cento dell’ammontare totale dei BTP era in mano alle banche mentre nel 2019 questa percentuale è salita al 19 per cento. +4 per cento per le banche quindi e -13 per cento per gli investitori esteri che sono passati dal detenere il 46 per cento dei BTP al 33 per cento. 

Insomma per quello che riguarda chi detiene i BTP italiani si può dire che da tempo sia in atto una tendenza ben precisa. 

Quali rischi per i BTP?

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Alla luce delle trasformazioni avvenute negli ultimi, quali sono i rischi che i BTP corrono in questo momento? E’ innegabile che il rischio default per i titoli di stato sia direttamente collegato alla questione dell’alto debito pubblico italiano.

Per uscire dal vicolo cieco creato dalla tenaglia tra le pessime condizioni di partenza (l’alto indebitamento e l’assenza di riforme strutturali sono un problema che certamente non è nato ora in Italia) e il disastro macroeconomico creato dal Covid-19, l’Italia ha tre possibilità:

  • Attivazione del MES e quindi intervento diretto della BCE. La Banca Centrale Europea comprerebbe titoli di stato italiani (fantastico) ma a prezzo caro visto che l’Italia sarebbe commissariata. 

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  • Rinegoziazione del debito: questa ipotesi implicherebbe una riduzione del valore dei BTP in circolazione attraverso un meccanismo detto haircut. A pagarne le conseguenze maggiori sarebbero gli investitori che vedrebbero il valore dei titoli in loro possesso subire un taglio. A differenza della prima opzione, quella relativa al MES, nel caso della rinegoziazione a dover pagare le conseguenze del provvedimento non sarebbero tutti gli italiani ma solo chi possiede i BTP. Il fatto che, secondo gli ultimi aggiornamenti sul possesso dei BTP, sono le banche a fare la parte del leone, potrebbe avere conseguenze negative proprio sul settore bancario. 
  • Rinviare il problema a tempi migliori: non è un mistero che, in una situazione come quella attuale, lo scenario migliore sarebbe se tutto fosse rinviato a tempi meno turbolenti. Affinchè ciò sia possibile è però necessario che lo Stato sia in grado di rastrellare parte della ricchezza delle famiglie italiane, in in fuga dai BTP, e avere così le risorse finanziarie necessarie per rinviare la risoluzione del nodo debito.

Nessuna di queste strade è priva di controindicazioni ma le prime due sarebbero decisamente pesanti per cittadini e investitori. 

Purtroppo i nodi sono al pettine e i BTP ora corrono dei rischi. Attenzione però perchè l’Italia ha tutto il tempo per riuscire a gestire la situazione. Quindi inutile fasciarsi la testa. 

Buone notizie dall’ultimo collocamento di BTP

A dimostrazione di come non sia il caso di fasciarsi la testa pensando ad un default BTP che ad oggi è solo un’ipotesi remota, ci sono poi i risultati dell’asta di titoli di stato poliennali del 21 aprile scorso. 

In quella circostanza oltre il 75 per cento dei BTP in asta è stata collocata all’estero. Nello specifico il collocamento ha riguardato un nuovo benchmark a 5 anni a cui è stata affincata la riapertura del BTP benchmark a 30 anni, per complessivi 16 miliardi.

Il MEF ha precisato che la quota allocata ad investitori esteri è stata pari a circa il 76% per quello che riguarda il BTP a 5 anni e all’81% per quanto riguarda il titolo a 30 anni. Tra gli investitori esteri che hanno sottoscritto i BTP nell’ultima asta, a fare la parte del leone sono stati i britannici. Circa il 33% sul titolo a 5 anni e il 42% su quello a 30 anni è stato sottoscritto da investitori della Gran Bretagna. 

Il resto del collocamento è stato effettuato soprattutto in Europa. Investitori europei hanno sottoscritto il 36,3% del titolo a 5 anni e il 33% del BTP a 30 anni. Ancora più dettagliatamente il MEF ha precisato che le quote più rilevanti assegnate a investitori tedeschi (9% per il quinqunnale e 12% per il 30ennale), spagnoli (rispettivamente l’11% e il 6%) per finire francesi (rispettivamente il 5% e il 6%). 

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