Nel suo meeting di ottobre, la Banca Centrale Europea ha nuovamente aumentato i tassi di interesse di riferimento di 75 punti base, portando così il tasso di rifinanziamento principale al 2% e il tasso di deposito all’1,5%.

Si è trattato di un rincaro evidentemente piuttosto rilevante, che difficilmente sarà seguito nel breve termine da rialzi così intensi. A confermarlo è peraltro il tenore del comunicato che ha accompagnato tale mossa, che ha ben suggerito che i futuri rialzi potrebbero essere più contenuti.

Dunque, piuttosto che indicare il fatto che l’istituzione sia lontana dal raggiungimento di un livello di tassi d’interesse coerente con il ritorno dell’inflazione al target che tende al 2%, il Comitato ha preferito optare per un approccio basato sulle singole riunioni, reagendo in tal modo alle crescenti pressioni politiche, valutato che l’aumento dei tassi – come possiamo sperimentare anche in Italia – ha creato non pochi problemi a famiglie e imprese.

Peraltro, nella sua riunione oltre all’aumento dei tassi d’interesse principali la BCE ha anche annunciato l’aumento del costo dei prestiti per le banche che hanno utilizzato le operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine (TLTRO). Alle stesse banche è comunque offerta la possibilità di rimborsare anticipatamente tali prestiti, contribuendo a ridurre la liquidità sui mercati.

A margine di tutte queste decisioni e dei comunicati correlati, il mercato finanziario sembra aver compreso che l’Eurotower sta diventando meno “falco”, riducendo il picco previsto dei tassi di interesse da poco più del 3% prima della riunione, a circa il 2,75%.

Ciò detto, una recente analisi di Schroders rammenta come l’inflazione dell’Eurozona sia balzata al 10,7% su base annua nel mese di ottobre, superando di gran lunga le aspettative di consenso del 10,2%. L’inflazione energetica è ancora una volta la locomotiva principale, con un aumento del 41,9% su base annua, ma anche i prodotti alimentari, l’alcol e il tabacco sono saliti bruscamente al 13,1% e l’inflazione core (esclusi i prodotti alimentari, l’alcol, il tabacco e l’energia) ha accelerato al 5%.

L’inflazione sta diventando più diffusa e continua a sorprendere al rialzo. Con una crescita che continua a reggere e un tasso di disoccupazione ancora vicino ai minimi pluridecennali, è chiaro che senza un ulteriore inasprimento della politica monetaria potrebbe svilupparsi un problema di inflazione più serio, che potrebbe richiedere un decennio per essere risolto” – conclude l’analisi.

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