Mercati emergenti, JP Morgan ci consiglia di investire

Il peggioramento delle tensioni commerciali e dell’instabilità politica internazionale potrebbe creare interessanti opportunità di investimento in tutto il mondo. A sostenerlo è stratega di JP Morgan, che ritiene che le attività dei mercati emergenti (EM) possano garantire significativi (ma rischiosi!) ritorni.

“Per i più coraggiosi e per chi guarda più lontano, sarebbe opportuno guardare ai mercati emergenti” – ha in particolar modo riferito a CNBC Friday Nick Gartside, Chief Investment Officer per i titoli a reddito fisso di JP Morgan Asset Management.

I mercati emergenti sono stati penalizzati quest’anno da un’economia americana in ripresa. Il dollaro USA ha spinto la Fed ad accelerare i piani dei propri rialzi dei tassi, e gli investitori nordamericani hanno ceduto alla tentazione di ricondurre i propri investimenti in ambito domestico, nella speranza di rendimenti più elevati. L’indice MSCI dei mercati emergenti è dunque calato del 12% da fine gennaio ad oggi, proprio in coincidenza di una nuova accelerazione del il biglietto.

Tuttavia, quando gli è stato chiesto dove convenga acquistare, dato l’aumento delle tensioni commerciali, Gartside non ha avuto dubbi, rammentando come in seguito a un brutto mese di maggio il ritorno degli investitori sugli asset dei mercati emergenti potrebbe essere congruo.

Diversi analisti hanno parlato del sell-off in atto sui mercati emergenti, suggerendo che potrebbe essere andato “troppo oltre”. Kiran Kowshik, uno stratega dei cambi dei mercati emergenti di UniCredit, ha dichiarato giovedì alla stessa CNBC che alcuni dei principali fattori che influenzano queste economie sono stati recentemente alleviati dallo sviluppo più recente.

La combinazione di una situazione determinata da prezzi del petrolio più alti e da rendimenti a 10 anni più elevati negli Stati Uniti ha insomma spinto verso il basso i mercati emergenti, ma tale morsa si è ora un po’ detto. “Questi Paesi vengono tipicamente influenzati in modo negativo quando sono in vigore prezzi del petrolio più alti e rendimenti degli asset statunitensi più elevati. Entrambi i driver si sono verificati” – ha poi aggiunto.

I prezzi del petrolio hanno raggiunto massimi pluriennali agli inizi di maggio, dopo che gli Stati Uniti hanno dichiarato che avrebbero imposto nuove sanzioni all’Iran. Ma più di recente, i maggiori produttori russi e arabi hanno segnalato che la produzione potrebbe aumentare, andando così a controbilanciare eventuali cali della produzione dei Paesi colpiti dalle sanzioni (oltre all’Iran, il Venezuela). Nel frattempo, i rendimenti dei Treasury statunitensi a 10 anni sono saliti oltre il 3% all’inizio di maggio, ma da allora sono scesi al di sotto di questo livello.

“Questa nuova dinamica dovrebbe aiutare un certo numero di valute dei mercati emergenti a performare meglio sia contro euro sia contro dollaro USA”, ha concluso Kowshik.

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