Perché le iniziative dell’UE per l’energia pulita indicano un futuro prospero per le società green

L’Unione Europea si è prefissata un obiettivo molto chiaro e ambizioso: quello di divenire il primo continente al mondo con un impatto ambientale pari a zero entro il 2050.

Determinati risultati si ottengono però procedendo per gradi, anche in base a un’agenda stabilita di step intermedi.

Diversi sono i settori coinvolti quando si parla di energia pulita, e ancora di più sono le aziende interessate. L’effetto primo e immediato di tali dichiarazioni da parte dell’UE è senz’altro l’entrata di sempre più attori sul palcoscenico del rinnovabile, oltre al potenziamento delle strutture esistenti da parte delle società già operanti sul mercato.

Quando si parla di crescita, l’interesse degli investitori viene subito sollecitato. Al di là di una motivazione etica, che già di per sé giustificherebbe il coinvolgimento in titoli green, più d’una sono le ragioni che rendono questo comparto particolarmente ricco di opportunità di investimento, in base alle preferenze dei singoli utenti e alla loro propensione al rischio.

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Diversamente però da quanto accade in altri settori, nel caso dell’energia rinnovabile è l’UE a dettare il ritmo di marcia principale. Il Green Deal è l’accordo che fa da spina dorsale a tutta la politica europea in materia, e che ha visto l’adesione di tutti e 27 gli Stati membri. Oltre a stabilire le tappe da raggiungere (come dimezzare le emissioni del 50% rispetto ai valori del 1990), fissa anche l’ammontare dei finanziamenti che le imprese aderenti al programma riceveranno. Gli effetti sembrano essersi fatti subito sentire dal momento che, secondo le stime, le società energetiche investiranno in Europa una cifra che si aggira sul bilione di euro entro il 2030.

Facendo una veloce panoramica della situazione dei singoli Stati, sembra che Germania, Spagna e Italia siano i Paesi con le aziende più attive dal punto di vista della green energy:

  • In Italia, Enel ha già dichiarato investimenti diretti nel settore per circa 170 miliardi di euro entro il 2030;
  • in Spagna, la società leader nell’energia Iberdrola intende destinare ben 34 miliardi di euro per lo sviluppo del rinnovabile entro il 2025;
  • la Germania accelera sui tempi, ponendo la prima milestone per il 2022: le due più grandi società energetiche del Paese intendono destinare 5 miliardi nella costruzione di sistemi di energia solare ed eolica.

La Cop26 e gli effetti sui rendimenti delle politiche green

L’interesse per la salvaguardia del nostro pianeta non è un’esclusiva dell’Unione europea: al contrario, quasi tutto il mondo è concentrato sul futuro dell’ambiente. Nel Regno Unito si è tenuta in proposito la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che ha dato vita ai cd Accordi di Glasgow. Per i più ottimisti, ci sono stati alcuni punti deludenti sugli esiti della Conferenza, in particolare per quanto riguarda l’impegno di Paesi del Far East, come Cina e India. Al di là delle critiche che sono state mosse, la direzione verso cui si sta muovendo il continente occidentale è ben chiara: tra gli altri, è stato fissato un limite ai combustibili fossili e in tema di aumento delle temperature.

Stando alle dichiarazioni di Maxim Manturov, Head of Investment Research di Freedom Finance Europe: “Più di 100 paesi, che coprono oltre l’85% delle foreste mondiali, si sono impegnati a fermare la deforestazione entro il 2030. Hanno approvato le linee guida del mercato globale del carbonio, uno sviluppo che è stato ritardato dopo l’esito della COP21 di Parigi. Le nuove regole hanno portato un maggior livello di standardizzazione e di chiarezza. C’erano altri accordi che promettevano bene per il futuro. I Paesi dovrebbero rivedere regolarmente l’argomento per aggiornare i propri obiettivi e le strategie di riduzione delle emissioni. Ci sarà anche un miglioramento nella comparabilità degli obiettivi climatici e una maggiore attenzione su di essi”.

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