
Almeno sulla carta le azioni Eni oggi avevano ben carte da giocare a loro favore sul mercato: la joint venture siglata con Petronas e l’accordo raggiunto con la compagnia statale turca Botas. Appunto sulla carta perchè, in realtà, nessuna delle due notizie sta pesando sull’andamento del titolo. A metà mattinata, infatti, le azioni Eni si muovono in ribasso dello 0,43 per cento a quota 14,88 euro. Il Ftse Mib non sta di certo brillando nella seduta di oggi ma Eni sta facendo peggio. Il “problema” non è però solo questo. Andando a guardare ai grafici di medio e lungo termine del titolo si nota subito un certo svigorimento dei prezzi. A dirlo sono i numeri: rispetto a una settimana fa il valore del Cane a Sei Zampe è praticamente invariato e lo stesso dicasi su base mensile. Per vedere qualche movimento bisogna guardare al frame annuale dove fa bella mostra un rialzo del 10 per cento.
C’è da dire che nell’ultimo periodo la dinamica delle quotazioni petrolifere non è stata di aiuto per i titoli del settore e da qui l’andamento molto incerto. Detto questo, però, se neppure le notizie di nuove commesse riescono a scaldare gli investitori, una qualche domanda è necessario farsela prima di posizionarsi.
JV con Petronas e accordo con Botas in primo piano (ma non troppo)
La joint venture con Petronas e l’intesa con Botas sono due eventi complementari tra loro. In pratica l’intesa con la compagnia statale turca riguarda la fornitura alla Turchia di 1,5 miliardi di metri cubi di Gnl nell’ambito di un più vasto piano che prevede il rifornimento di Gnp dell’area più orientale attraverso la joint venture realizzata con Petronas. Insomma due mosse decisive che potrebbero permettere ad Eni di rafforzare la propria strategia internazionale nel settore energetico
Più nel dettaglio, il progetto con Petronas, formalizzato dopo l’intesa quadro raggiunta lo scorso giugno, prevede la nascita di una realtà paritetica che inizierà le attività con una capacità produttiva di circa 300 mila barili di idrocarburi al giorno. Secondo le stime, la produzione dovrebbe crescere progressivamente fino a superare 500 mila barili quotidiani nell’arco di tre anni. A regime, si tratterebbe di un traguardo significativo che va a confermare la centralità dell’area del Sud-Est asiatico per la strategia di crescita del cane a sei zampe. La gestione congiunta degli asset in Malesia e Indonesia consentirebbe infatti di consolidare riserve e capacità estrattiva, valorizzando sinergie tecnologiche e operative. La collaborazione con Petronas, già partner in altri progetti, punta a unire competenze e know-how per garantire efficienza e sostenibilità nel medio periodo.
Parallelamente, Eni ha anche firmato un accordo triennale con Botas, la principale società energetica turca, per la fornitura annuale di 1,6 miliardi di metri cubi di GNL. In totale, nell’arco dei tre anni, saranno consegnati 4,8 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto.
Per Ankara, l’accordo con Eni rappresenta un tassello importante nel percorso di diversificazione delle fonti, volto a ridurre la dipendenza dai singoli fornitori e a garantire una maggiore stabilità. Per Eni questa commessa è la conferma della posizione di attore globale nel settore energetico.
Tutti e due gli accordi raggiunti, poi, dal punto di vista geopolitico, sono la testimonianza della la capacità del Cane a Sei Zampe di inserirsi in mercati complessi stringendo partnership strategiche: con un colosso come Petronas in Asia e con un player centrale come Botas in Turchia, ponte naturale tra Europa e Medio Oriente.
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Le azioni Eni restano con poco margine di upside
Su un piano generale la crescita della produzione prevista nella joint venture e la fornitura di GNL alla Turchia si inseriscono in una strategia di lungo termine che punta a combinare sicurezza energetica e sostenibilità. Per Eni tutto questo significherà occasione per consolidare la propria reputazione come partner affidabile, capace di garantire volumi consistenti di idrocarburi e gas liquefatto.
In un contesto globale sempre più segnato da tensioni geopolitiche e dalla volatilità dei mercati, le mosse di Eni rivelano un approccio pragmatico tutto basato sulla diversificazione di aree e partner.
Il punto è che agli investitori questo aspetto non sembra interessare tanto come mostra l’andamento odierno del titolo.
Dopo che ieri i prezzi di Eni erano riusciti solo a sfiorare i 15 euro mancando il superamento di questo scoglio che avrebbe significato possibile spazio per salita fino a 15,40 euro e oltre, oggi ecco tornare le vendite. Dal punto di vista dell’analisi fondamentale, però, la tenuta del 14,50 euro dove stazionano i minimi dell’ultimo mese, significa che, almeno per adesso, la pressione discendente sul titolo resta contenuta. Una fase di lateralizzazione, quindi, che neppure notizie potenzialmente price sensitive sembrano essere in grado di interrompere.
Del resto sulla base dei 22 giudizi presenti sul titolo, il target price medio delle azioni Eni è di appena 15,3 euro ossia poco più del 2 per cento rispetto ai prezzi correnti. Un potenziale di upside che definire risicato è poco.
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