Unicredit

Unicredit rompe il silenzio e alza i toni dopo la sentenza del Tar del Lazio sull’operazione pubblica di scambio (Ops) lanciata su Banco Bpm. Il tribunale amministrativo ha parzialmente accolto il ricorso della banca guidata da Andrea Orcel, sollevando dubbi sull’applicazione del Golden Power da parte del governo. E mentre il mercato osserva con attenzione, a Piazza Affari i titoli reagiscono con andamenti divergenti: Bpm sale, sostenuta dalle mosse di Crédit Agricole, mentre Unicredit arretra. Ma il vero scontro si gioca ora sul terreno normativo e regolamentare.

Il verdetto del Tar riaccende lo scontro: “Vincoli sproporzionati e poco motivati”

Il Tar del Lazio ha stabilito che alcune delle condizioni imposte dal governo all’Ops di Unicredit non sono sufficientemente giustificate e risultano sproporzionate. In particolare, è finita sotto accusa la clausola che impone a Banco Bpm e Unicredit di non ridurre il rapporto tra impieghi e depositi per almeno cinque anni. Secondo i giudici, un vincolo temporale così rigido non appare coerente né con il principio di proporzionalità né con una reale minaccia alla sicurezza nazionale.

Inoltre, la decisione dell’esecutivo di obbligare UniCredit a mantenere indefinitamente il livello del proprio portafoglio di project finance viene letta come un’interferenza diretta nella strategia aziendale di un soggetto privato. Una misura che, secondo il Tar, sconfina nel controllo statale dell’attività economica e merita una rivalutazione completa.

Non sono state invece messe in discussione le prescrizioni su Anima Holding (che deve mantenere gli investimenti in titoli italiani) e sulla cessazione delle attività in Russia, considerate coerenti con l’interesse nazionale.

Le reazioni: tra toni istituzionali e accuse pesanti

La risposta di Palazzo Chigi non si è fatta attendere: “La sentenza conferma la legittimità dell’intervento del governo, necessario a tutela di un comparto strategico come quello bancario”, spiegano fonti governative, evidenziando che la sostanza del decreto non è stata invalidata, sebbene alcune specifiche debbano essere riviste.

Diversa l’interpretazione da parte di Unicredit, che accusa apertamente l’esecutivo di aver abusato del Golden Power per ostacolare l’operazione. In un comunicato ufficiale, il gruppo sostiene che il decreto del 18 aprile, ora annullato, ha esposto gli azionisti di Bpm a comunicazioni aggressive e fuorvianti, probabilmente orchestrate per delegittimare l’offerta.

Unicredit valuta il ricorso e punta alla Consob

La banca non esclude azioni legali e si prepara a valutare nuovi margini di manovra. Tra le opzioni sul tavolo, c’è un possibile ricorso basato su una violazione del Testo Unico della Finanza (TUF) o un appello alla Consob, che potrebbe sospendere ancora l’Ops in attesa di un nuovo decreto.

Secondo fonti interne, il quartier generale di Piazza Gae Aulenti starebbe anche monitorando il prossimo giudizio della Commissione Europea sul dossier golden power: un parere atteso nei prossimi giorni che potrebbe cambiare radicalmente le carte in tavola, soprattutto se Bruxelles dovesse giudicare eccessivo l’intervento statale.

Il nodo Crédit Agricole complica il quadro

A rendere ancora più complessa la situazione è l’attivismo di Crédit Agricole, primo azionista di Bpm con oltre il 10% del capitale. Il gruppo francese avrebbe chiesto l’autorizzazione a salire oltre la soglia del 20%, rafforzando la propria posizione e rendendo più difficile per Unicredit raggiungere il controllo senza il consenso dei transalpini.

In Borsa, la notizia ha avuto effetti opposti: Banco Bpm ha guadagnato lo 0,5%, proprio grazie all’effetto Crédit Agricole, mentre Unicredit ha perso l’1,3%, segnale che il mercato percepisce un ostacolo crescente all’operazione di fusione.


Approfondimento: che cos’è il Golden Power e perché è così importante?

Il Golden Power è un potere speciale che consente al governo italiano di bloccare o condizionare acquisizioni o fusioni in settori considerati strategici per la sicurezza nazionale, come energia, telecomunicazioni, difesa e finanza. Nato con la legge n. 56 del 2012, questo strumento si è rafforzato negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia e in seguito alla guerra in Ucraina, per proteggere asset sensibili da operazioni ostili o da capitali esteri.

Nel caso di Unicredit-Bpm, il governo ha fatto valere il Golden Power per imporre limiti operativi e condizioni temporali all’eventuale aggregazione, temendo possibili ripercussioni su credito, liquidità e occupazione. Ma il confine tra tutela e ingerenza, come dimostra la sentenza del Tar, resta sottile e controverso.

Cosa succede ora?

L’Ops di Unicredit su Banco Bpm scade il 23 luglio, ma gli scenari restano aperti. Se la Consob o Bruxelles dovessero intervenire, l’operazione potrebbe subire nuove sospensioni o addirittura essere rimodulata. Intanto, la partita si gioca anche sul piano politico, con il governo deciso a difendere il proprio operato e Unicredit pronta a rilanciare con ogni mezzo legale a disposizione.

Il finale è ancora tutto da scrivere. E in un’estate che sembrava tranquilla per il settore bancario italiano, la sfida tra Roma e Milano rischia di incendiare il clima finanziario fino a settembre.

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