Cosa ha deciso la Fed nel meeting di marzo (e perché non siamo sorpresi)

Ora che è trascorsa qualche ora dalla conclusione della riunione del FOMC di marzo, è ben possibile cercare di analizzare con maggiore ragionevolezza quanto accaduto, anche se – invero – le divergenze rispetto alla linea predittiva sono quasi nulle.

Il meeting si è infatti chiuso con un rialzo dei tassi a 1,5% – 1,75% (+25pb), del tutto prevedibile e votato all’unanimità. Il comunicato stampa di fine riunione ha inoltre solo marginali variazioni rispetto al precedente, con inserimento ai riferimenti di un moderato rallentamento dell’attività a inizio anno rispetto a fine 2017, e al recente rafforzamento dello scenario economico.

Le nuove stime macroeconomiche

Di interesse risulta uno sguardo alle nuove proiezioni macroeconomiche. Lo staff della Fed ha infatti aggiornato le proprie prospettive, stimando ora una crescita tendenziale verso l’alto rivista di 2 decimi per il 2018 (a 2,7%) e di 3 decimi per il 2019 (a 2,4%), mentre per il 2020 e per il più lungo termine non ci sono variazioni (2% e 1,8%, rispettivamente). Rivisto anche (ma verso il basso) il tasso di disoccupazione, a 3,8% a fine 2018, a 3,6% sia nel 2019 (da 3,9%) sia nel 2020 (da 4%). Anche il tasso di disoccupazione di più lungo termine è in calo, a 4,5% da 4,6%.

I prossimi rialzi

Per quanto attiene i prossimi rialzi, i ritocchi saranno evidentemente graduali, con un ritmo previsto di tre ritocchi all’anno nel 2018 e nel 2019, e due nel 2020. Tuttavia, riteniamo che il sentiero possa essere evidentemente accelerato: la probabilità di quattro rialzi invece che di tre rialzi è oggi più elevata, essendo stata proposta da 7 partecipanti (su 15), contro 4 partecipanti (su 16) a dicembre. Nel 2019 la dispersione delle intenzioni da parte dei membri del FOMC è ancora più ampia, così nel 2020, con un punto di arrivo dei tassi che dovrebbe essere ora pari al 2,9%, contro il 2,8% che era stato invece precedentemente previsto dagli analisti.

La conferenza stampa

L’attesa degli analisti era incentrata altresì sulla conferenza stampa del neo presidente Powell, che ha voluto calcare l’enfasi sul miglioramento del quadro macroeconomico. Powell ha indicato infatti che il mercato del lavoro rimane forte, l’economia continua a espandersi e l’inflazione sembra muoversi verso l’obiettivo.

In tale ottimistico quadro di ripresa ancora forte, il nuovo presidente ha tuttavia voluto anche sottolineare i rischi di una rimozione troppo lenta dello stimolo monetario, rammentando che “alzare i tassi troppo lentamente aumenterebbe il rischio che la politica monetaria debba stringere improvvisamente più avanti, cosa che potrebbe mettere a repentaglio l’espansione economica”.

Con uno sguardo all’inflazione, Powell ha poi affermato che attualmente non sembra esservi un punto di massimo dell’accelerazione dell’inflazione e che ci si aspetta ulteriori aumenti di inflazione di prezzi e salari. Ricordiamo che nelle proiezioni l’inflazione è vista stabilizzarsi al 2% nel 2019-20, con l’indice core al 2,1% nel prossimo biennio.

Cosa portarsi dietro da questo FOMC

A margine di tutto ciò, la riunione del FOMC di marzo è sintetizzabile nella sua decisione fondamentale, quell’incremento dei tassi di 25 pb che era stato largamente anticipato atteso. Le nuove proiezioni dello staff della Fed includono crescita più alta, disoccupazione più bassa e inflazione stabilmente al 2%. Nessuna grande modifica è stata effettuata sul sentiero dei tassi, il cui percorso si arricchisce però di un rialzo in più nel 2019 e un punto di arrivo nel più lungo termine fra 2,75% e 3%.

Una parte prevalente dei membri del FOMC ritiene che il target di inflazione al 2% possa ora essere raggiunto già entro la fine dell’anno, per poi essere consolidato stabilmente nel biennio successivo. A nostro giudizio, sarà proprio l’inflazione a decidere le mosse della Fed o, comunque, a influenzarle in maniera decisiva. Pertanto, proprio su questo dato si concentreranno le maggiori attenzioni degli analisti, e le maggiori pressioni sulle scelte del prossimo rialzo dei tassi da parte del Comitato di politica monetaria della Fed.

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