Green Pass obbligatorio: tra le ipotesi quella di procedere per gradi anche in base al colore della Regione

Il governo “dei migliori” guidato da Mario Draghi sta valutando le possibili soluzioni per tenere gli italiani al sicuro dal Covid-19 anche dopo la fine della stagione estiva che, esattamente come accaduto l’anno scorso anche senza vaccini, non ha prodotto alcuna preoccupante ondata di ricoveri indipendentemente da quanto venissero usate le mascherine o dal rispetto del distanziamento sociale. 

È con un misto di stupore e cieca accettazione che tuttavia si continua a prendere atto del mancato picco dei contagi che i tanto demonizzati maxi-assembramenti avrebbero dovuto produrre, e con sensazioni simili si continua ad assistere alla sempre minor presa che i concetti logici sembrano avere sull’opinione pubblica.

Così tra un invito rivolto ai ‘rider’ a sputare sulle consegne destinate a chi non si vuole vaccinare, e altre forme di isteria collettiva cui ormai molti rischiano loro malgrado di abituarsi, il governo guidato dall’ex presidente della Bce e prima ancora governatore di Bankitalia Spa, sta valutando in che modo spingere i non vaccinati sulla “retta via”.

Una sola dose di vaccino per i ristoranti, due per le discoteche

È questa una delle ricette che il governo Draghi sta valutando di mettere in campo per risolvere il problema del drastico calo delle somministrazioni delle prime dosi di vaccino. Le somministrazioni ormai riguardano quasi esclusivamente richiami, e questo lascerebbe pensare che circa metà degli italiani o poco meno non può, e più probabilmente non vuole, sottoporsi alla sperimentazione di questo nuovo farmaco.

D’altra parte per l’assunzione di qualsiasi farmaco, anche il più blando, ciascuno ha sempre deciso per sé in base ad un calcolo rischi/benefici su cui lo Stato non ha mai avuto voce in capitolo. Non è ben chiaro per quale motivo il vaccino anti-Covid, peraltro sperimentale e di efficacia ancora tutt’altro che chiara, dovrebbe fare eccezione.

L’imperativo tuttavia è chiaro: vaccinare tutti, il resto passa in secondo piano. Il Green Pass dovrebbe fornire il giusto stimolo nella forma del ricatto in base al quale se non accetti l’inoculazione non potrai aver accesso a tutta una serie di servizi, una forma di apartheid sanitario spinto da fior fiore di fieri sostenitori del mondo della scienza e non.

Quanto al funzionamento del pass verde, secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, andrà bene anche quello rilasciato dopo la somministrazione della sola prima dose di vaccino per andare al ristorante, ma non per andare in locali in cui tendono a formarsi pericolosi assembramenti, come le discoteche ad esempio, per entrare nelle quali serviranno entrambe le dosi di vaccino (finché non diventeranno tre).

L’obbligo del Green Pass cambierà in base al colore delle Regioni

L’obbligo del Green Pass per accedere a tutta una serie di attività commerciali, luoghi e mezzi pubblici, sarà imposto in maniera graduale sotto diversi punti di vista. Graduale la sua applicazione come abbiamo visto a seconda del tipo di locale pubblico al quale si intende accedere, dal punto di vista del numero di dosi di vaccino che ne hanno permesso il rilascio in questo caso.

Graduale sarà l’obbligo anche in un altro senso però, infatti stando a quanto riportato nella giornata di ieri da vari media nazionali, si sta valutando di prevedere un certo tipo di utilizzo del Green Pass in una Regione che si trova in zona bianca, e un tipo di utilizzo diverso, molto più esteso, in una zona arancione o rossa ad esempio.

Di certezze ancora non ce ne sono, ma non si dovrà attendere molto visto che è per il 26 luglio prossimo che è attesa l’entrata in vigore del nuovo decreto Covid che tra le altre cose dovrebbe prolungare lo stato di emergenza addirittura fino al 31 ottobre o persino fino al 31 dicembre, toccando così il limite massimo di durata dello stato di emergenza fissato dalla legge a 12 mesi più 12 mesi.

Nel frattempo sono arrivate le dichiarazioni del sottosegratario alla Salute, Andrea Costa, che all’Ansa ha raccontato che il governo starebbe valutando appunto “una modulazione e gradualità a seconda del quadro della Regione: si possono cioè prevedere intensificazioni dell’utilizzo del Green Pass a seconda della situazione”.

In parole povere, spiega ancora Costa “se c’è una situazione che peggiora, automaticamente ci può essere un’applicazione più ampia del Green Pass. È un ragionamento di buon senso: se una Regione rimane bianca ci può essere un tipo di utilizzo di Green pass, ma se una Regione ha criticità maggiori, anziché chiudere, si applica il Green Pass più restrittivo”.

Verso l’obbligo vaccinale per gli insegnanti

E con la fine del periodo estivo si va non solo verso la fine preannunciata della zona bianca che verrà rapidamente rimpiazzata dalla zona gialla, almeno in un primo momento, ma anche verso la riapertura delle scuole.

Si tratta di un tema particolarmente caldo visto che si pensa di imporre il Green Pass persino per andare al bar o al ristorante, e non avrebbe molto senso poi lasciare libero accesso alle scuole a chi il pass verde non ce l’ha.

E così si sta pensando di rendere il pass verde obbligatorio anche per gli insegnanti, una questione che, come riferito da Fanpage, si fa sempre più pressante se si tiene conto che circa il 15% dei docenti, sicuramente in età vaccinabile da settimane, non si è comunque attivato per ricevere la sua dose.

Un nodo che però, stando a quanto lo stesso sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha spiegato, il governo non sembra pronto a risolvere adesso. “Non credo che il tema dell’obbligo di vaccinazione anti-Covid per gli insegnanti sia all’ordine del prossimo Consiglio dei ministri. Vedo ancora troppe disomogeneità all’interno della maggioranza su questo punto” ha spiegato il sottosegretario.

“Almeno fino ad oggi siamo in una situazione in cui gli Italiani si stanno vaccinando” ha detto ancora Costa “è chiaro che l’obiettivo della scuola in presenza non può che passare dagli insegnanti vaccinati, ma credo che siamo ancora in una fase in cui abbiamo il tempo per poter fare un’opera di sensibilizzazione e far comprendere quanto sia importante che questa categoria si vaccini”.

Il sottosegretario ha poi aggiunto che “va sottolineato che, analizzando il dato degli oltre 200 mila insegnanti che non si sono vaccinati, emerge che c’è un’altissima concentrazione solo in sei Regioni del Paese e quindi non c’è un dato diffuso. Questo può significare che in quelle Regioni in una fase iniziale della campagna vaccinale ci sia stata qualche difficoltà organizzativa rispetto alle diverse categorie. Sono, credo, difficoltà che si possono recuperare”.

I tempi però stringono, visto che tra meno di due mesi le scuole dovrebbero riaprire i cancelli, ed in questo lasso di tempo in sottosegretario conta di mettere in piedi “un’opera di sensibilizzazione” che naturalmente sarà seguita dall’obbligo qualora, come è facile prevedere, non dovesse bastare a portare tutti gli insegnanti a farsi somministrare le dosi previste.

“Abbiamo due mesi di tempo” ha infatti ricordato Costa “e c’è dunque la possibilità di fare un’opera di sensibilizzazione. È chiaro che nel momento in cui ci trovassimo a 15 giorni – 1 mese dall’inizio della scuola con il problema inalterato, allora a quel punto la politica deve fare anche altri tipi di valutazioni, non escluso l’obbligo vaccinale”.

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