Cresce negli ultimi giorni la consapevolezza secondo cui Mastercard si starebbe avvicinando alla propria apertura al settore delle criptovalute. Ma cosa c’è, in realtà, dietro?
Come noto, le banche sono piuttosto ferme nella loro opposizione alle criptovalute, un asset che con il proprio mercato peer-to-peer è in grado di rappresentare una minaccia diretta all’attuale monopolio finanziario detenuto dagli istituti di credito e da altre istituzioni finanziarie.
Proprio sulla base di questa valutazione di partenza, sembra essere (quasi) sorprendente la dichiarazione di un dirigente di Mastercard, che ha precisato come la propria società (uno degli emittenti leader nel comparto delle carte di credito) si sta aprendo all’uso “generale” della criptovaluta. Un passo in avanti che, però, cela un grosso problema.
È infatti risaputo che Mastercard ha investito molto tempo e energia nella tecnologia blockchain, ed è altrettanto noto che non si tratta – esattamente – di una “fan” delle valute virtuali come Bitcoin. Tuttavia, qualcosa sembra evolversi in questo tipo di relazione, con la società che ha infatti dichiarato che:
Nelle ultime settimane, abbiamo chiarito agli acquirenti – o alla banca dell’utente – la transazione corretta o il codice di categoria da utilizzare per questo tipo di transazioni (acquisti di criptovaluta), al fine di fornire una visione coerente di tali acquisti per tutti gli operatori coinvolti.
In precedenza, infatti, Mastercard classificava le operazioni in criptovalute come “anticipi di contante”. Il risultato è stato che l’utilizzo di carte di credito per acquistare Bitcoin e altre criptovalute è diventato più costoso. Gli exchange sono dunque andati incontro a un costo più elevato e le stesse ricadute si sono verificate anche nei confronti degli utenti.
Dunque, secondo i più critici, in realtà Mastercard non avrebbe cambiato sostanza, ma solamente tono. Tant’è vero che, parlando al Financial Times, l’executive di Mastercard Ari Sarker ha precisato che la propria società è “molto felice” di considerare l’uso delle criptovalute, ma solamente quando le valute virtuali saranno emesse dalle banche centrali.
Se i governi dovessero creare una moneta digitale nazionale, saremmo molto felici di interpretarla in un modo più favorevole [rispetto alle criptovalute esistenti].
ha dichiarato Sarker, per poi aggiungere che una simile moneta sarebbe supportata da un regolatore e da un “valore”, non sarebbe anonima e dunque soddisferebbe tutti i requisiti normativi, divenendo di di maggiore interesse da “esplorare”.
Ricordiamo infine che in questo momento Mastercard sta conducendo un programma pilota in Giappone e a Singapore, attraverso il quale i propri clienti possono incassare Bitcoin e altre criptovalute con le proprie carte. Tuttavia, Sarker afferma che il programma non è un’apertura nei confronti delle criptovalute, e che sono in vigore controlli severi su tali transazioni.
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