Buoni fruttiferi postali: risparmiatori felici?

In tanti sono gli interessati che in questo periodo sono alle prese con i Buoni fruttiferi Postali. Infatti, si tratta di ottimi rimborsi per tutti i possessori di buoni fruttiferi postali della serie Q. In seguito analizzeremo tutte le informazioni utili che si devono avere al fine di comprendere bene che cosa bisogna fare e verificare.

Tutto ebbe inizio lo scorso febbraio 2019 quando una sentenza della Corte di Cassazione ha letteralmente fatto infuriare tantissimi risparmiatori. La Corte legittimò l’abbassamento del tasso dei buoni fruttiferi postali anche retroattivamente.

Ma cosa è successo veramente? Vediamo di seguito

L’avvocata Marisa Costelli, delegata dell’Associazione “Konsumer Italia” per Milano, spiegato che:

Poste, dopo l’entrata in vigore del Decreto, avrebbe dovuto emettere dei buoni fruttiferi postali della serie Q. Ha, invece, continuato ad utilizzare dei vecchi moduli di serie “O” e “P” sui quali c’era un’indicazione di tassi più elevata che nei fatti non era però più applicabile. La legge consentiva infatti a Poste Italiane di utilizzare tali moduli fino ad esaurimento ma soltanto quelli della serie “P” e non quelli della serie “O”.

L’impiegato, però, doveva apporre due timbri: uno sul retro e l’altro sul fronte.

Su quello frontale doveva esserci scritto “Serie P-Q” mentre sul retro dovevano essere riportati i nuovi rendimenti a 30 anni. Il problema è che Poste in alcuni casi non ha timbrato tali buoni oppure l’ha fatto erroneamente indicando soltanto i nuovi interessi senza la rendita.

I risparmiatori, quindi, dopo trent’anni si sono ritrovati a riscuotere una cifra molto più bassa di quella che si aspettavano. L’avvocatessa, quindi, è riuscita con tali motivazioni ad ottenere delle vittorie sia all’Abf che giudiziali.

I buoni fruttiferi postali serie “P”

L’avvocatessa spiega ancora che:

per i buoni della serie “P” Poste per renderli regolari avrebbe dovuto realizzare tanti timbri per i vari tagli dei buoni e quindi da 50.000 lire a 5 milioni di lire. La rendita, però, si ricorda varia in base al capitale investito.

Poste Italiane, per risparmiare, ha però deciso di usarne soltanto 1 con gli interessi dei primi 20 anni lasciando inalterato il rendimento successivo ovvero quello dal 21 anno al 31 dicembre del trentesimo anno dell’emissione.

Proprio per questo ci sono stati tanti ricorsi a seguito dei quali sia la Corte Costituzionale che la Cassazione hanno stabilito che i moduli dei bfp sono dei veri e propri contratti.

Cosa bisogna verificare con attenzione?

A questo punto, ancora prima di ricorrere all’Arbitro Bancario finanziario o anche ad un avvocato devi controllare con attenzione il vecchio buono fruttifero postale soffermando su alcuni punti.

Il primo punto riguarda la data in cui il buono è stato emesso.

Se essa è anteriore al primo luglio del 1986, infatti, ci sono delle scarse possibilità di richiedere il rimborso. Devi dunque controllare se la data è posteriore a quella su indicata e verificare la serie.

Se si tratta del tipo “O” allora sarà probabile che, in caso di contenzioso, il risparmiatore potrà avere ragione.

Se invece trattasi di serie “P”, si dovrà verificare attentamente se sono stati apposti i due timbri “P-Q” sul fronte ed anche la tabella con i nuovi rendimenti della serie Q per tutti e 30 gli anni.

Infine, si ricorda a tutti gli interessati che il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario avrà un costo di 20 euro ma non sarà necessario l’ausilio di un avvocato.

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