Reverse Charge IVA 2019, ecco cos’è e come funziona l’inversione contabile

Il Reverse Charge è un meccanismo attraverso il quale lo Stato mira a contrastare l’evasione dell’IVA, una delle imposte statisticamente più evase in Italia. Un meccanismo contabile e fiscale introdotto dalla normativa comunitaria, proprio con la finalità di combattere l’evasione ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto, e dal punto di vista tecnico consiste nell’applicare l’IVA traslando l’onere impostivo dall’acquirente al venditore.

A delineare nel dettaglio il reverse charge in Italia l’articolo 17, commi 5 e 6 del dpr 633/1972, il cosiddetto decreto Iva. Di recente poi questo decreto è stato oggetto di una riforma che ne ha però lasciato immutata la parte normativa Iva relativa al reverse charge, cioè l’introduzione dello spesometro trimestrale attraverso il DL 193/2016.

Vediamo comunque cos’è esattamente il reverse charge, in che modo dovrebbe contrastare l’evasione fiscale relativa al pagamento dell’IVA, ma soprattutto quando e in che modo il meccanismo può essere applicato.

IVA, come funziona il Reverse Charge

Il Reverse Charge, il meccanismo attraverso il quale avviene l’inversione contabile, all’atto pratico produce due effetti:

  1. Il venditore, all’atto della vendita, emette fattura ma non addebita l’Iva
  2. L’acquirente, all’atto della rendicontazione integra la fattura ricevuta con l’aliquota di riferimento che varia a seconda del tipo di operazione effettuata, e contestualmente esegue una duplice annotazione nel registro acquisti e nel registro vendite.

Per comprendere meglio in che modo si applica il meccanismo del Reverse Charge, proviamo a fare un esempio pratico.

Prendiamo quindi come esempio una compravendita che avviene tra un fornitore e un commerciante, nella quale l’acquirente è soggetto passivo dell’imposta, vale a dire che soddisfa i tre presupposti necessari ai fini Iva: soggettivo, oggettivo e territoriale.

Ipotizziamo quindi l’emissione di una fattura per un importo complessivo di 1.000 euro con codice di esenzione IVA articolo 17.

Applicando il meccanismo dell’inversione contabile il venditore nel contesto di questa transazione emetterà una fattura senza addebito IVA, e procederà in sede contabile alla registrazione del seguente articolo in partita doppia: credito verso Ditta X a Ricavi per cessione beni/prestazione servizi.

Invece l’acquirente registrerà due operazioni in questo caso: quella di acquisto e l’autofatturazione. Vediamo come. Per l’operazione di acquisto procederà con la scrittura in partita doppia redigendo come segue: merci conto acquisti e IVA su acquisti a Fornitore esente Reverse Charge IVA.

Mentre per quel che riguarda l’autofatturazione riporterà: cliente per autofattura a Vendite fittizie di merci e IVA su vendite. In questo modo, grazie al meccanismo del reverse charge, è solo l’acquirente a corrispondere l’Iva, ma al tempo stesso l’imposta viene conteggiata anche in avere, il che neutralizza di fatto l’operazione.

In sintesi possiamo quindi affermare che il cosiddetto reverse charge, o inversione contabile, si concretizza nel momento in cui viene emessa l’autofattura, visto che in questo modo è il destinatario del bene o del servizio acquistato a corrispondere l’Iva invece del fornitore.

Proviamo ora a rivedere la stessa operazione di compravendita senza applicare l’inversione contabile. Il fornitore cede il bene o il servizio che il commerciante acquista ed emette regolare fattura comprensiva di IVA che il commerciante/acquirente corrisponde.

Il fornitore/venditore quindi dovrebbe (a meno che non evada o eluda l’imposta) versare l’IVA all’Erario, mentre l’acquirente la porta in detrazione. All’atto della vendita al fruitore del prodotto finito poi, il commerciante recupera l’IVA, che in questo modo risulta, come previsto dalla legge, a carico del consumatore finale, il quale è il soggetto passivo effettivo dell’imposta.

Iva e reverse charge 2020: i riferimenti normativi dell’inversione contabile

I riferimenti normativi che riguardano il meccanismo fiscale e contabile del reverse charge sono contenuti nell’art. 17, d.p.r. n. 633/1972, che definisce i seguenti ambiti di applicazione:

  1. cessioni imponibili di oro da investimento
  2. cessioni di materiale d’oro e cessioni di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi
  3. prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore
  4. nel settore edile è obbligatorio ricorrere all’inversione contabile per servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relativi ad edifici
  5. vendite di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell’articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione
  6. alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza che, ai sensi delle lettere b), c) ed e) del comma 1 dell’articolo 34 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si è reso aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico al quale il predetto consorzio è tenuto ad emettere fattura ai sensi del comma 1 dell’articolo 17-ter del presente decreto. L’efficacia della disposizione di cui al periodo precedente è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, dell’autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e successive modificazioni
  7. cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all’articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come sostituita, da ultimo dal decreto del Ministro delle Finanze 28 dicembre 1995, nonché dei loro componenti ed accessori
  8. microprocessori per computer e server
  9. rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi ecc…
  10. trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra
  11. trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica
  12. cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo rivenditore
  13. cessioni di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.

Possiamo quindi in sintesi affermare che i settori interessati dal meccanismo del reverse chargo sono

  • il settore del’edilizia
  • il settore dei prodotti di elettronica che vengono ceduti nella fase distributiva che precede la vendita al dettaglio
  • il settore dell’oro
  • il settore dei rottami
  • il settore del gas e dell’energia con l’esclusione però del gpl
  • il settore dei consorzi che però sono subordinati ad autorizzazione dall’Ue

In che modo il reverse charge contrasta l’evasione fiscale?

In che modo quindi il meccanismo del reverse charge contrasta l’evasione nell’ambito del versamento dell’Iva? In teoria il primo elemento da tenere in considerazione è che addebitando l’intera operazione ad un solo soggetto (l’acquirente) che evidenzia l’IVA sia in dare che in avere, invece che a due (acquirente e venditore), si riduce il numero dei passaggi e di conseguenza si riduce il numero di probabilità che uno o più soggetti evadano l’imposta.

All’atto pratico il meccanismo del reverse charge, che viene applicato nell’ambito delle operazioni nazionali, viene utilizzato per contrastare le frodi fiscali in quanto l’Iva relativa alla cessione di beni o alla prestazione di servizi non viene di fatto versata dall’acquirente, con la conseguenza che dal punto di vista contabile l’operazione diventa neutra.

In ogni caso, il meccanismo dell’inversione contabile, che comporta indubbiamente degli oneri più gravosi dal punto di vista amministrativo, viene adottato solo in alcuni settori nei quali si rileva una maggiore incidenza di fenomeni evasivi.

Concretamente, attraverso il reverse charge, lo Stato mira a combattere le frodi fiscali impedendo che chi effettua la vendita di un bene o di un servizio, e chi lo acquista, non proceda col versamento dell’imposta dovuta, oppure ne chieda il rimborso all’Erario.

Fatturazione elettronica e reverse charge

Nell’ambito della fatturazione elettronica, il reverse charge si applica secondo regole che sono state stabilite dell’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 14/E del 2019 e con la FAQ n. 36 del 27 novembre 2018, aggiornata poi il 19 luglio 2019.

Bisogna anzitutto precisare che nell’ambito della fatturazione elettronica le regole del reverse charge devono essere analizzate facendo una distinzione tra due fattispecie:

  1. Reverse charge esterno: riguarda tutte le operazioni di acuisto di beni o servizi da operatori residenti in Paesi che si trovano nell’UE, oppure di servizi ricevuti da soggetti che non sono residenti in Paesi del’UE
  2. Reverse charge interno: riguarda le operazioni di acquisto effettuate da soggetti passivi IVA che sono residenti in Italia per i quali è prevista l’applicazione della disciplina di deroga in materia di imposta prevista dagli articoli 17 e 74 del decreto IVA.

In sostanza, per gli acquisti intercomunitari e per gli acquisti di servizi da Paesi che non appartengono all’Ue, l’obbligo di fatturazione elettronica non è previsto. È invece previsto l’obbligo di trasmissione del cosiddetto esterometro mensile.

Invece per quel che riguarda gli acquisti interni la fatturazione elettronica e le operazioni in reverse charge sono facoltativi, inoltre non sussiste l’obbligo di invio dell’autofattura al Sistema di Interscambio, il cosiddetto Sdi.

Nel caso di acquisti interni infatti, come specificato dall’Agenzia delle Entrate, l’operatore IVA italiano riceve una fattura elettronica che riporta la dicitura “N6” dal momento che l’operazione si svolge in regime di inversione contabile. Ciò rende necessaria una “integrazione” della fattura ricevuta con l’aliquota e l’imposta dovuta e la conseguente registrazione della stessa ai sensi degli articoli 23 e 25 del d.p.r. n. 633/72.

Inoltre, in regime di reverse charge interno, i contribuenti che ricevono le fatture senza addebito dell’IVA non sono tenuti a produrre un altro documento in formato digitale che abbia la funzione di integrare detta fattura.

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