Recovery Plan: la bozza approvata in Cdm inviata a Bruxelles prevede investimenti per 222 miliardi

La bozza del Recovery Plan approvata dal Consiglio dei Ministri è già stata spedita a Bruxelles per l’approvazione da parte dell’esecutivo comunitario, ma cosa prevede il piano per il rilancio dell’economia italiana, e quali sono le risorse che verranno messe sul tavolo, e comunque a che punto siamo nell’iter di approvazione?

Iniziamo proprio da quest’ultimo punto. La bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stata approvata dal Cdm, ed ora dovrà passare il vaglio delle parti sociali prima di essere presentato al Parlamento per la votazione dell’Aula.

Nel frattempo la bozza è stata inviata a Bruxelles in modo informale, ed in ogni caso il piano sulla base del quale verranno erogati i finanziamenti che arriveranno dall’Ue inizierà ad essere messo in atto solo a partire dalla seconda metà di febbraio, non prima.

In queste ore poi l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte si trova in difficoltà per via della crisi di governo provocata da Matteo Renzi, in parte proprio per una distanza di vedute sulla questione del PNRR, ed un eventuale esito negativo delle negoziazioni tuttora in corso potrebbe far ritardare l’iter di approvazione del piano con tutto ciò che ne conseguirebbe.

Si tratta di un momento sicuramente delicato per il Paese, dal quale si dovrebbe poter uscire anche grazie al Recovery Plan, su cui almeno in teoria, il governo sta scommettendo molto.

Nella nota del Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio il PNRR viene descritto come il “programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation Eu, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19″.

Nel PNRR troviamo infatti le linee guida dettagliate, le voci di spesa ed i programmi di riforme, con cui l’Italia proverà ad uscire dalla crisi economica in cui il Paese è precipitato a causa delle misure restrittive imposte nell’ambito della pandemia.

In ballo ci sono i 209 miliardi di euro del Recovery Fund, più altre risorse che portano il totale a 222 miliardi. Ma come verranno investite queste ingenti risorse? L’Ue ha già fornito delle linee guida generali, ma sarà il Pnrr a stabilire in che misura si investirà in ciascuno degli obiettivi indicati come pilastri del piano, ma ancora una volta poi sarà l’Ue a doversi pronunciare.

Recovery Plan: quali sono le quattro sfide contenute nel piano

Sarà sulla base del Recovery Plan che ogni Paese membro presenterà all’Ue che le risorse previste verranno erogate, ed è per questo motivo che mettere a punto un buon piano è fondamentale.

Il programma Next Generation Eu, approvato dall’Ue come integrazione del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 troverà attuazione concreta nelle misure contenute nel cosiddetto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per l’Italia.

Ci sono però delle scadenze da rispettare, oltre che come accennato, delle linee guida cui attenersi nello sviluppo del piano. La scandeza entro la quale il piano deve essere presentato per l’approvazione di Bruxelles è quella dell’aprile 2021, ma il premier Conte confida di poter presentare il piano già entro la fine di febbraio.

Per quanto riguarda il Recovery Plan italiano, o Pnrr appunto, possiamo dire anzitutto che si fonda su tre pilastri fondamentali: digitalizzazione e innovazione, transazione ecologica, inclusione sociale. In questo ambito vengono quindi definite 4 importanti sfide, vale a dire le seguenti:

  • Migliorare la resilienza e la capacità di ripresa del Paese
  • Ridurre l’impatto sociale ed economico della pandemia
  • Sostenere la transizione verde e digitale
  • Innalzare il potenziale di crescita dell’economia e la creazione di occupazione

Abbiamo quindi individuato tre pilastri sui quali intervenire per raggiungere i quattro obiettivi che abbiamo appena esposto. L’esecutivo ha quindi ha raggruppato le misure inserite nel Pnrr in 6 missioni, a ciascuna delle quali è stata assegnata una quota delle risorse. Di seguito le elenchiamo a cominciare dalla missione che prevede lo stanziamento più consistente fino a quella cui saranno destinate meno risorse.

  • Rivoluzione verde e transizione ecologica ed energetica (68,9 miliardi)
  • Digitalizzazione, innovazione, competitività (46,18 miliardi)
  • Infrastrutture per una mobilità sostenibile (31,98 miliardi)
  • Istruzione e ricerca (28,49 miliardi)
  • Inclusione e coesione (27,62 miliardi)
  • Salute (19,72 miliardi)

Nella bozza del Recovery Plan italiano, che si compone di 179 pagine, leggiamo che questo “si articola in 6 missioni, che a loro volta raggruppano 16 Componenti funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del governo. Le componenti si articolano in 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. I singoli progetti di investimento sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggior impatto sull’economia e sul lavoro”.

Come verranno spese le risorse previste dal Recovery Plan?

Prima di tutto ricordiamo che i progetti di cui si parla nella bozza del Recovery Plan si dividono tra progetti “in essere” e progetti nuovi. Ed è sempre nella bozza che troviamo le indicazioni riguardanti il modo in cui le risorse messe a disposizione dall’Ue verranno investite.

Se con il Recovery Fund all’Italia spettano in tutto 209 miliardi di euro, nel Recovery Plan si parla di 222 miliardi in quanto altri 13,5 miliardi arrivano dal piano React-EU e altri 1,2 miliardi dal Just Transition Fund.

Secondo le stime del Pnrr, verranno utilizzati almeno 196 miliardi di euro provenienti dal Next Generation EU, ai quali poi si vanno ad aggiungere gli altri fondi europei.

Nella bozza del piano infatti leggiamo che “il dispositivo europeo di ripresa e resilienza (RRF), la principale fonte finanziaria del Piano di Ripresa e Resilizenza dell’Italia, assicura al nostro Paese nel periodo 2021-2026 circa 65,4 miliardi di euro di sovvenzioni e 127,6 miliardi di euro di prestiti, ovvero complessivi 193 miliardi”.

E ancora “con le revisioni delle previsioni macroeconomiche della Commissione e il cambiamento dell’anno base per il calcolo degli importi, le risorse disponibili per l’Italia sono salite a 196,5 miliardi”.

Per quanto riguarda queste risorse, alle quali si vanno ad aggiungere quelle del React EU, abbiamo già visto a ciascuna delle missioni quale fetta delle risorse viene destinata. Ma possiamo approfondire ancora questo aspetto.

Rivoluzione verde

  • efficienza energetica e riqualificazione edilizia (29,35 miliardi)
  • transizione energetica e mobilità (18,22 miliardi)
  • tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica (15,03 miliardi)
  • economia circolare (6,3 miliardi)

Digitalizzazione

  • digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA (11,45 miliardi)
  • digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo (26,73 miliardi)
  • cultura e turismo (8 miliardi)

Infrastrutture e mobilità

  • alta velocità e manutenzione stradale 4.0 (28,30 miliardi)
  • intermodalità e logistica integrata (3,68 miliardi)

Istruzione e ricerca

  • potenziamento didattica e diritto allo studio (16,72 miliardi)
  • ricerca (11,7 miliardi)

Parità di genere e coesione

  • politiche per il lavoro (12,62 miliardi)
  • infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore (10,83 miliardi)
  • interventi speciali di coesione territoriale (4,18 miliardi)

Salute

  • assistenza di prossimità e telemedicina (7,9 miliardi)
  • innovazione assistenza sanitaria (11,82 miliardi)

In che modo il Recovery Plan dovrebbe impattare sul PIL dell’Italia

Lo scopo del Recovery Plan sarebbe proprio quello di rilanciare l’economia italiana, il che significa che dovrebbe produrre un impatto significativo sul Prodotto Interno Lordo, ma di preciso cosa dicono le stime degli esperti del ministero dell’Economia?

Secondo quanto dice la bozza del Pnrr, attuando le varie riforme in esso contenute e divise nelle macroaree, si dovrebbe ottenere il risultato di una crescita del PIL del +3% entro il 2026.

Nel giro di sei anni quindi si dovrebbe ottenere una crescita del PIL di 3 punti percentuale così distribuita secondo le stime: +0,3% nel 2021, +0,5% nel 2022, +1,3% nel 2023, +1,7% nel 2024, +2% nel 2025.

Naturalmente se da un lato si pone l’esigenza di far ripartire il Paese puntando sulla crescita del PIL, dall’altra non si potrà che tenere d’occhio l’andamento del debito pubblico, che in Italia è passato nel giro di un anno dal 135% circa al 170%.

Tra l’altro i numerosi tentativi fatti da circa 20 anni a questa parte nell’intento di ridurre il debito attraverso politiche di austerity non hanno prodotto alcun risultato, con il rapporto debito Pil che ha continuato a crescere. Risulta difficile credere che ora la musica cambierà in modo così radicale da permettere una tale ripresa da riuscire a ridurre il debito in maniera consistente.

A proposito del debito pubblico sempre nella bozza del Recovery Plan leggiamo: “è evidente quanto sia cruciale per le prospettive di espansione dell’economia e per la sostenibilità del debito pubblico selezionare progetti di investimenti pubblici ad alto impatto sulla crescita e accrescere l’efficienza delle Amministrazioni pubbliche preposte ad attuare tali progetti”.

Chi avrà l’incarico di gestire le risorse messe in campo con il Recovery Plan?

Un tasto molto delicato, quello della governance, che come abbiamo visto ha contribuito a deteriorare i rapporti tra Italia Viva ed il resto della maggioranza. Infatti non ci si domanda solo in che modo verranno spese le risorse europee, ma anche chi sarà a gestirle per mettere in campo i vari progetti.

L’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha trovato non poche difficoltà a rispondere a questa domanda, e dopo i pareri contrastanti espressi in Cdm, una governance per i progetti non è stata ancora fornita all’Ue, e dovrà essere definita al più presto. Quel che appare chiaro è che la task force inizialmente prevista da Conte non diverrà operativa ma subirà alcune modifiche delle quali si sa ancora poco.

Fino a questo momento si era pensato di comporre la cosiddetta cabina di regia partendo da un Comitato esecutivo. Questo sarebbe stato composto dal presidente del Consiglio, dal ministro dell’Economia e dal ministro dello Sviluppo Economico. Ci sarebbero stati anche il ministro per gli Affari europei ed il ministro degli Esteri nella figura di “referente unico con la Commissione europea per tutte le attività legate all’attuazione del piano”.

Per ogni settore previsto nel Recovery Plan ci sarebbe stato poi un Responsabile di missione, che sarebbe stato coadiuvato da una squadra di tecnici che sarebbero stati selezionati tra “personale delle Pubbliche amministrazioni, personale di società pubbliche in house o partecipate, collaboratori nonché consulenti o esperti, anche estranei alla Pubblica amministrazione”.

Con il recente Cdm del 12 gennaio però non sono stati forniti ulteriori dettagli riguardanti la governance del Recovery Plan, per la quale si resta in attesa di una qualche ristrutturazione.

Nella bozza si legge a tal proposito che “il governo presenterà al Parlamento un modello di governance che identifichi la responsabilità della realizzazione del Piano, garantisca il coordinamento con i ministri competenti a livello nazionale e gli altri livelli di governo, monitori i progressi di avanzamento della spesa”.

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