Stop al Superbonus, ma cosa rischia chi non ha terminato i lavori in tempo?

Abbiamo visto in questi anni che il Superbonus 110% è stato un enorme successo, se non altro per quel che riguarda il numero di soggetti che hanno approfittato di questa occasione per effettuare dei lavori di ristrutturazione edilizia che altrimenti sarebbero stati magari rimandati a data da destinarsi.

Il Superbonus 110% ha tenuto in piedi un comparto che altrimenti avrebbe subito in questi anni di ’emergenza sanitaria’ un danno enorme derivante dalla situazione di complessiva incertezza oggi perfino peggiorata notevolmente con la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia che stanno mettendo in ginocchio l’economia dei Paesi Ue.

Tuttavia il Superbonus non è solo rose e fiori, anzi, vi sono diversi aspetti che preoccupano non poco soprattutto chi a questa agevolazione ha creduto e ha deciso di cogliere la palla al balzo.

Superbonus 110% cosa rischia chi non ha finito i lavori

Ma cosa sta succedendo esattamente da quando il governo di Mario Draghi ha deciso di scrivere la parola “fine” sul Superbonus 110%? Il bonus era stato introdotto nel mese di maggio 2020, quindi sono passati oltre due anni ed era ancora il governo Conte bis, e fin dall’inizio sono emerse diverse criticità.

Secondo la Corte dei Conti si tratta di una di quelle che vengono definite “misure distorsive” vale a dire quelle che rischiano di includere nella propria platea di beneficiari anche soggetti che non hanno i requisiti per accedere al bonus, e diventano causa di importanti perdite di gettito per lo Stato.

Nel giugno 2022 la Corte dei Conti si è espressa in modo chiaro sul Superbonus 110%, evidenziando come nel periodo 2020-2021 siano stati concessi sconti e cessioni del credito per un totale di 38,4 miliardi di euro. Una misura, quella del Superbonus, che a dirla tutta al premier uscente Mario Draghi non è mai piaciuta, ma sopprimerla prima del tempo avrebbe causato comunque enormi disagi ai cittadini.

La normativa del Superbonus ha tuttavia subito alcune modifiche nel corso degli ultimi mesi, ad esempio con il decreto Aiuti bis è stata estesa la rete dei soggetti autorizzati ad acquistare i crediti fiscali, infatti sono stati inseriti anche i clienti aziendali delle banche stesse.

Nel mese di luglio 2022 sono stati censiti in tutto lavori edili conclusi per un totale di 28,2 miliardi di euro, con una spesa complessiva per lo Stato intorno ai 31 miliardi. Le opere ammesse però valgono in tutto 39,8 miliardi e la spesa per lo Stato diventa quindi di 43,7 miliardi di euro.

Il risultato rischia di essere un blocco dei cantieri per mancanza di fondi, senza contare che molti cantieri, proprio per mancanza di fondi, sono già bloccati. In altre parole la situazione nelle prossime settimane può solo peggiorare, e chi ha ricevuto parte del credito per lo stato di avanzamento dei lavori, vale a dire per quei cantieri con lavori conclusi al 30% o al 60%, si potrebbe trovare nella situazione di non riuscire a terminare i lavori, e quel che è peggio è che potrebbe dover restituire gli importi ricevuti con tanto di sanzioni.

Come si è inceppato il meccanismo del Superbonus e quali sono i costi

Per quel che riguarda il meccanismo che regola l’accesso al Superbonus 110%, sappiamo che il cittadino ha la possibilità di scegliere se cedere il credito d’imposta riconosciuto nell’ambito dell’agevolazione, ottenendo così uno sconto in fattura sul costo dei lavori.

In tal caso abbiamo un soggetto che riceve il credito d’imposta che è l’impresa che effettua i lavori la quale può a sua volta cedere il credito ad un soggetto autorizzato, come una banca ad esempio, oppure una società finanziaria o una compagnia di assicurazioni.

E ancora ciascuno di questi soggetti che ricevono il credito d’imposta può a sua volta cederlo ad altri soggetti autorizzati, e se si tratta di una banca questa ha la possibilità di cedere il credito alla rete formata dai propri clienti aziendali o partite Iva.

Questo insomma è l’attuale meccanismo del Superbonus, che risente anche delle misure contenute nel decreto Aiuti bis, che allarga la capienza della cessione del credito. Ma con la circolare 23/E del 23 giugno 2022 emessa dall’Agenzia delle Entrate, viene evidenziato che i soggetti coinvolti nella rete delle cessioni del credito possono essere ritenuti corresponsabili nel caso di illeciti.

La stessa circolare inoltre non specifica in modo dettagliato e inequivocabile quali sono i perimetri all’interno dei quali si applica il Superbonus, soprattutto in relazione al reddito del richiedente e al costo dei lavori edili.

Aspetti su cui sono le banche stesse a chiedere maggior chiarezza, come evidenziato ieri da Il Corriere della Sera, dove viene fatto notare che quando le cessioni riprenderanno avranno un costo maggiorato. In altre parole se facciamo 100 la spesa sostenuta per i lavori ammessi, e 110 il credito del Superbonus, al richiedente andranno 97,46 euro.

In altre parole il Superbonus 110% diventa improvvisamente Superbonus 97,46%. Un calcolo che, come sottolineato da Il Corriere, si basa sui dati resi disponibili da Unionecamere e dall’Ordine dei commercialisti, che parlano di un costo medio dell’11,4% per singola cessione del credito.

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