Via il Reddito di Cittadinanza e arriva Mia. Ecco chi spetta e come funziona

Iniziano ad arrivare un po’ di informazioni sulla misura che il governo di Giorgia Meloni conta di introdurre al posto del Reddito di Cittadinanza. Si chiamerà Mia, acronimo che sta per Misura di Inclusione Collettiva, e sarà ben meno generoso del sussidio a suo tempo introdotto dal governo a trazione M5S – Lega guidato da Giuseppe Conte.

Il nuovo sussidio sarà indirizzato sia a coloro che non hanno la possibilità di lavorare che ai cosiddetti occupabili, cioè coloro che, almeno in teoria, possono lavorare. Ma vediamo esattamente come dovrebbe funzionare a chi dovrebbe spettare Mia, il nuovo reddito di cittadinanza.

Mia per occupabili e Mia per famiglie povere

La nuova misura per il contrasto alla povertà si chiamerà Mia, ma se già il RdC la povertà la contrastava fino a un certo punto, Mia svolgerà quel compito in modo ancor meno incisivo in quanto si riducono gli importi, si riduce il periodo di fruizione del beneficio e si riduce la platea dei potenziali beneficiari in quanto i requisiti diventano ancor più stringenti.

Il governo di Giorgia Meloni conta quindi di contrastare la povertà con questa Misura di Inclusione Attiva che per come è stata strutturata fino a questo momento prevede un sussidio di soli 375 euro per chi un lavoro teoricamente potrebbe anche trovarlo.

In un Paese coi più alti tassi di disoccupazione, in cui è estremamente diffuso il fenomeno del lavoro nero, e dove gli stipendi sono tra i più bassi d’Europa nonostante il costo della vita sia particolarmente elevato specie ora, la misura migliore che si potesse mettere sul tavolo per aiutare i cittadini che si trovano senza un impiego, a quanto pare, è Mia.

Mia fa prima di tutto una distinzione tra cittadini occupabili e famiglie povere in cui non vi sono persone che hanno la possibilità di lavorare. Nel primo caso, cioè nel caso di cittadini occupabili, il nuovo reddito di cittadinanza arriverà al massimo a 375 euro al mese, mentre nel secondo caso si arriverà addirittura a 500 euro.

Non si tratta di cifre defnitive, infatti dobbiamo aspettare che la misura venga ufficialmente presentata in Consiglio dei Ministri, cosa che dovrebbe accadere nei prossimi giorni, ma già da ora appare chiaro quanto per l’attuale esecutivo sia importante contrastare la povertà, ora più che mai, dilagante in Italia.

Come funziona Mia e a chi spetta

Al nuovo sussidio ha dedicato oggi ampio spazio Il Corriere della Sera, dal quale apprendiamo che i potenziali beneficiari di Mia verranno divisi in due platee: gli occupabili e le famiglie povere in cui non vi sono persone in grado di lavorare. Ai primi come abbiamo visto spettano 350 euro al mese, mentre alle famiglie povere 500 euro al mese.

Nel caso delle famiglie povere quindi l’importo resta sostanzialmente quello previsto dal Reddito di Cittadinanza di grillina memoria, ma quali sono esattamente i requisiti per rientrare in questa seconda categoria di beneficiari della Mia? Ci deve essere almeno un minorenne o un anziano over 60, oppure un disabile.

Il che significa che tutti gli altri vengono automaticamente inseriti nella prima categoria, cioè quella degli occupabili. In questo gruppo dovrebbero rientrare circa 300 mila nuclei monofamiliari più 100 mila nuclei composti da più di una persona, e sono coloro che ora possono ricevere il Reddito di Cittadinanza così come previsto dalle ultime modifiche del governo Meloni.

Potranno infatti ricevere il RdC per un periodo massimo di 7 mesi nel corso del 2023, e comunque non potranno più beneficiarne dopo il 31 dicembre di quest’anno. A quel punto potranno infatti presentare domanda per la Mia e riceveranno importi nettamente inferiori, ma non è tutto.

Non solo infatti gli importi risulteranno più bassi, ma i requisiti per accedere alla Mia saranno più stringenti di quelli per accedere al RdC, e non solo perché la nuova misura dovrebbe puntare maggiormente sull’incentivo a lavorare, ma anche perché parte dal presupposto che chi non ha un lavoro e ha un Isee superiore ai 7.200 euro non ha bisogno di questo sussidio.

Infatti se per accedere al Reddito di Cittadinanza bisognava avere un Isee che non superasse i 9.360 euro, per accedere alla Mia il tetto Isee sarà fissato, secondo quanto riferisce Il Corriere della Sera, a 7.200 euro. In questo modo la platea dei beneficiari del nuovo sussidio risulterà nettamente inferiore a quella dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza, con una riduzione complessiva di circa un terzo.

Viene invece conservato il meccanismo che si basa sulla cosiddetta scala di equivalenza, seppur con alcune modifiche che dovrebbero determinare un aumento dell’importo per le famiglie numerose e una sua riduzione per quelle composte da poche persone, il che dovrebbe produrre nel complesso una riduzione dei costi per la misura.

Per quanto tempo si potrà beneficiare della Mia

Tra le cose che cambieranno nel passaggio dal Reddito di Cittadinanza alla Mia anche la durata del sussidio. Infatti se con il RdC era previsto un periodo di tempo di 18 mesi rinnovabili, con la Mia per gli occupabili il periodo si riduce a un anno soltanto. Dopo 12 mesi sarà comunque possibile fare richiesta per accedere ancora alla Mia, ma anche se questa dovesse essere accettata, il sussidio verrà erogato per un periodo totale di 6 mesi.

Allo scadere del secondo periodo di erogazione del sussidio si dovrà fare poi una pausa di un anno e mezzo prima di poter richiedere la Mia per una terza volta.

Per le famiglie povere (con Isee fino a 7.200 euro) e nessun componente in grado di lavorare, si potranno ricevere i 500 euro al mese previsti dalla Mia per un periodo di 18 mesi (come per il Reddito di Cittadinanza), ma allo scadere il periodo di fruizione del beneficio si ridurrà a 12 mesi. In questo caso comunque sarà possibile aspettare ‘solo’ un mese per poter accedere ancora al sussidio per ulteriori 12 mesi.

Come funzionerà l’inserimento nel mondo del lavoro con la Mia

La domanda per accedere alla Mia dovrà essere fatta necessariamente per via telematica, e la prestazione sarà riconosciuta ai beneficiari solo una volta che sarà stata verificata l’effettiva presenza di tutti i requisiti previsti.

Uno dei requisiti naturalmente è il tetto Isee, per calcolare il quale si tiene conto del reddito, del patrimonio immobiliare, della giacenza media su eventuali conti correnti, degli autoveicoli e via dicendo.

Verranno quindi avviati i controlli incrociati per la verifica dei requisiti, e nel frattempo i nuclei familiare senza persone occupabili saranno indirizzati ai Comuni per l’avvio dei percorsi di inclusione sociale, mentre gli occupabili saranno inviati ai centri per l’impiego dove dovranno sottoscrivere un patto personalizzato.

Nel caso degli occupabili entreranno in gioco, oltre ai centri per l’impiego, anche le agenzie private del lavoro, alle quali sarà destinato un incentivo per ogni persona occupabile per la quale riusciranno a far concludere un contratto di lavoro, anche se si tratta di un contratto a termine oppure part time.

Per aumentare le probabilità che domanda e offerta alla fine si incrocino sarà realizzata una piattaforma nazionale gestita dal ministero del Lavoro, e su di essa gli occupabili saranno tenuti a iscriversi in modo da poter ricevere le offerte di lavoro congrue.

Non sarà possibile rifiutare un’offerta congrua (a quanto pare il termine congrua ci sarà), infatti in questo caso si perde automaticamente il diritto al sussidio. Ma quali offerte saranno ritenute congrue? La sede del lavoro deve essere nell’ambito della provincia di residenza del beneficiario del reddito oppure delle province confinanti. Questo perché in alcuni casi un Comune che appartiene a una provincia diversa da quella in cui risiede il cittadino potrebbe risultare più vicino di uno nella sua stessa provincia.

Per poter essere ritenuta congrua un’offerta di lavoro potrà anche essere per un contratto breve, a patto che superi i 30 giorni.

Infine dovrebbero esserci maggiori controlli per accertarsi che a ricevere la Mia siano solo coloro che sono realmente in possesso dei requisiti previsti dalla normativa, ma non solo, si cercherà di accertare che i benficiari rispettino gli impegni previsti dai patti di inserimento al lavoro e di inclusione sociale, e saranno rafforzate le norme riguardo i casi di chi dichiara il falso o lavora in nero pur incassando il sussidio.

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