Una moneta da 2 euro con svariate banconote in dollari sullo sfondo
Cambio euro-dollaro - BorsaInside.com

Il dollaro statunitense ha perso terreno giovedì, appesantito dalle crescenti aspettative di ulteriori tagli dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve entro la fine dell’anno. Allo stesso tempo, segnali di stabilità politica in Francia hanno offerto slancio all’euro, che ha toccato i massimi settimanali contro il biglietto verde.

Alle 10:45 italiane, il Dollar Index – che misura la forza del dollaro contro un paniere di sei principali valute – segnava un calo dello 0,2%, attestandosi a 98,34 punti e avviandosi verso una perdita settimanale dello 0,3%.

La Fed prepara nuovi tagli dei tassi

I mercati scommettono sempre più su una nuova riduzione dei tassi d’interesse da parte della banca centrale americana, dopo il taglio già avvenuto il mese scorso. I dati macroeconomici più recenti indicano un rallentamento dell’economia USA, con un mercato del lavoro che mostra segni di indebolimento.

Il presidente Jerome Powell ha sottolineato come “i rischi al ribasso per l’occupazione siano aumentati”, mentre il Beige Book della Fed – l’indagine periodica sullo stato dell’economia – ha evidenziato un rallentamento diffuso delle attività nelle ultime otto settimane.

Secondo gli analisti di ING, le informazioni contenute nel Beige Book potrebbero fornire alla Fed “le prove necessarie per procedere con un nuovo taglio dei tassi entro fine mese”, nonostante i ritardi nella pubblicazione dei dati ufficiali dovuti allo shutdown del governo federale.

Le proiezioni dei mercati, basate sui dati LSEG, indicano un taglio di 25 punti base nella riunione del 28-29 ottobre e un altro a dicembre, seguiti da ulteriori tre tagli nel 2026. Lo scorso mese, la Fed aveva già ridotto il tasso dei Federal Funds al 4%-4,25%, segnando la prima mossa espansiva da dicembre.

Sul fronte geopolitico, resta alta l’attenzione sulla disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina. I presidenti Trump e Xi dovrebbero incontrarsi al vertice APEC in Corea entro fine ottobre, prima della scadenza del 10 novembre, quando terminerà la tregua di 90 giorni sui dazi.

Secondo ING, la vera incognita è se le restrizioni cinesi sulle terre rare siano solo una mossa tattica o un rischio concreto per le catene globali di approvvigionamento, fondamentali per settori chiave come quello dei semiconduttori.

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L’euro tocca i massimi della settimana

L’euro ha registrato un modesto ma significativo rialzo: la coppia EUR/USD è avanzata dello 0,1% fino a 1,1659, sostenuta dall’atteso superamento dei voti di sfiducia contro il primo ministro francese Sébastien Lecornu, che ha accettato di posticipare la contestata riforma delle pensioni.

Secondo ING, questa scelta “rappresenta una buona notizia a breve termine per l’euro e per i titoli di Stato francesi”, ma potrebbe rendere “più complicato il percorso di consolidamento fiscale nel lungo periodo”. Gli analisti ritengono difficile un superamento della resistenza tecnica in area 1,1685-1,1730 nel breve termine, ma restano ottimisti: “Se l’euro manterrà questa fase di consolidamento, il periodo stagionalmente favorevole tra novembre e dicembre potrebbe spingerlo fino a 1,20 entro fine anno.”

Anche la sterlina britannica ha guadagnato terreno: GBP/USD è salito dello 0,3% a 1,3436, trainato dai nuovi dati che segnalano una ripresa della crescita economica nel Regno Unito. Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica, il PIL britannico è aumentato dello 0,1% ad agosto, dopo la stagnazione di luglio.

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Yen in rafforzamento e tensioni politiche in Giappone

Sul fronte asiatico, lo yen giapponese continua a rafforzarsi: la coppia USD/JPY è scesa leggermente a 151,06, mentre aumentano i dubbi sulla tenuta politica del nuovo primo ministro Sanae Takaichi, accusato di voler ampliare eccessivamente la spesa pubblica.

Il partito Komeito, storico alleato del Partito Liberal Democratico (LDP), si è ritirato dalla coalizione la scorsa settimana, complicando il percorso di Takaichi verso una leadership stabile.

Anche lo yuan cinese (USD/CNY) si è mosso in lieve calo a 7,1253, sostenuto dalle interventi mirati della People’s Bank of China per stabilizzare il tasso di cambio. Restano però irrisolte le tensioni commerciali tra Washington e Pechino, dopo che Donald Trump ha minacciato di imporre dazi del 100% su alcune importazioni cinesi.

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Pressioni ribassiste sul dollaro australiano

Infine, l’AUD/USD ha ceduto lo 0,1% a 0,6503, penalizzato da dati deludenti sul mercato del lavoro australiano. L’occupazione è cresciuta meno del previsto, mentre la disoccupazione è balzata ai livelli più alti degli ultimi quattro anni.

Le revisioni al ribasso dei dati di agosto hanno accentuato la percezione di un rallentamento più marcato del previsto, alimentando le scommesse su un taglio dei tassi da parte della Reserve Bank of Australia (RBA) già a novembre, nel tentativo di sostenere l’occupazione e limitare gli effetti della debolezza economica.

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