
Il mercato valutario si muove in modo cauto, con il dollaro USA che si mantiene vicino ai minimi di più settimane, in attesa di nuovi dati macroeconomici chiave che potrebbero confermare un imminente taglio dei tassi da parte della Federal Reserve già nella riunione di settembre.
Nella mattinata europea, l’indice del dollaro ha segnato un lieve rialzo dello 0,1% a quota 97,709, restando però appena sopra il livello più basso registrato nelle ultime due settimane.
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Dollaro ancora sotto pressione
La valuta statunitense ha vissuto un agosto debole, penalizzata prima dai dati deludenti sul mercato del lavoro e poi da un’inflazione al consumo per luglio cresciuta meno del previsto. Il rallentamento dei prezzi suggerisce che i dazi imposti dall’amministrazione Trump non stanno generando un aumento significativo dell’inflazione, lasciando alla Fed maggiore margine per intervenire con politiche monetarie espansive.
Secondo lo strumento Fed Rate Monitor di Investing.com, i mercati prezzano ora una probabilità del 99% di un taglio di 25 punti base, mentre un intervento più aggressivo da 50 punti base resta sullo sfondo, possibile solo in caso di nuovi dati deludenti, in particolare sul fronte occupazionale.
Gli operatori guardano con attenzione al simposio di Jackson Hole, dove il presidente Jerome Powell interverrà la prossima settimana. Storicamente, proprio in questo evento la Fed ha lanciato segnali chiave sulla direzione dei tassi. Nel frattempo, l’attenzione è rivolta ai dati dell’indice dei prezzi alla produzione (PPI) e alle nuove richieste di sussidi di disoccupazione, utili per valutare lo stato di salute dell’economia americana.
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Euro in lieve calo in attesa del PIL dell’Eurozona
Sul fronte europeo, l’EUR/USD perde lo 0,2% attestandosi a 1,1680, dopo aver toccato ieri il massimo dal 28 luglio a quota 1,1730. I mercati attendono i dati sul PIL dell’Eurozona del secondo trimestre, previsti in crescita dello 0,1%, in netto rallentamento rispetto allo 0,6% del primo trimestre.
Gli analisti segnalano che la volatilità implicita sull’euro resta ai minimi recenti, segno che gli operatori non si aspettano particolari scossoni nel breve termine, almeno fino ai prossimi sviluppi geopolitici e macroeconomici.
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Sterlina in rialzo grazie ai dati sul PIL UK
Il GBP/USD avanza moderatamente a 1,3572, sostenuto dai dati che mostrano una crescita del PIL britannico dello 0,3% nel secondo trimestre 2025, superiore alle attese dello 0,1%, ma comunque in rallentamento rispetto allo 0,7% del trimestre precedente.
La notizia è accolta positivamente dai mercati obbligazionari, ma non modifica sostanzialmente le prospettive della Bank of England, che continuerà a concentrarsi su inflazione e mercato del lavoro per le prossime mosse di politica monetaria.
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Yen in rafforzamento, occhi puntati sulla Bank of Japan
Sul fronte asiatico, l’USD/JPY scende dello 0,7% a 146,43, con lo yen spinto dalle crescenti speculazioni su un imminente rialzo dei tassi da parte della Bank of Japan. Dichiarazioni recenti del Segretario al Tesoro USA Scott Bessent hanno evidenziato come la BoJ sia in ritardo nel contrastare l’inflazione, in contrasto con la posizione più prudente del governatore Kazuo Ueda.
Lo yuan cinese (USD/CNY) arretra leggermente a 7,1721, proseguendo il calo avviato dopo l’annuncio di un’estensione di 90 giorni della tregua commerciale tra Stati Uniti e Cina. Il mercato attende ora i dati macro cinesi di venerdì, tra cui produzione industriale e vendite al dettaglio.
Infine, il dollaro australiano (AUD/USD) perde lo 0,2% a 0,6536, penalizzato da dati occupazionali inferiori alle attese, che alimentano le ipotesi di ulteriori tagli dei tassi da parte della Reserve Bank of Australia.
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